Famiglia ricca e potente, tuffi dalla barca coi delfini, giacche e cravatte sin da piccolo e poi felpe e t-shirt, anche giubbotti da montagna, neve in posti fichi, bei giri internazionali. Fisicamente è un sorriso, guanciotte da pingue, adolescenziali, pre-fase palestra. Ma Carlo Acutis alla fase post adolescenza non arriva. “Sono destinato a morire” dice in un filmato di casa e sorride con quella faccia Baby George vi disprezza.
“L’influencer di Dio”. Ma che caspita significa?
Misteriosamente lo sa. Nell’ottobre 2006 arrivano i sintomi di una brutta influenza, ma è una leucemia (promielocitica acuta ipergranulare M3). Una decina di giorni di agonia. Ci sono sbocchi di sangue. Pare sorridesse. Riportano che minimizzasse: “C’è gente che soffre più di me”. Alla madre: “Darò molti segni della mia presenza”. Muore il 12 ottobre, alle 6, 45, all’ospedale San Gerardo di Monza, a 15 anni. Era nato il tre maggio del 1991, a Londra.
Carlo Acutis diventerà santo, era stato proclamato beato nel 2020, e la sua canonizzazione era nell’aria da tempo. Il 23 maggio 2024 Papa Francesco ha parlato col prefetto del Dicastero delle cause dei Santi, cardinale Marcello Semeraro. L’annuncio ha seguito la solita modalità cattolicesimo pop, nella quale la presunta aria giovanile si stempera in un dolciastro da retroguardia dell’avanguardia. “L’influencer di Dio” (ma che caspita significa?), “Il santo di internet”. “Ha guarito un ragazzo” (cercando la malattia sull’internet?).
Stando ai documenti un bambino brasiliano di sei anni di nome Mateus Helber, affetto da pancreas anulare, una rara malattia congenita, è guarito definitivamente dopo una benedizione fatta con un pezzo del pigiama di Acutis macchiato di sangue. Qui non c’entra internet ma une delle modalità più antiche del cattolicesimo, che a suo tempo aveva fatto imbestialire gli scrittori pagani (così un furente Giuliano L’Apostata contro i cristiani: “avete riempito il mondo intero di tombe e sepolcri”), il culto delle reliquie.
Il corpo di Carlo Acutis si trova ad Assisi, nel Santuario dell Spogliazione, imbalsamato in tuta e sneakers in omaggio al mood giovanile da retroguardia dell’avanguardia. Ma, precisa il Vescovo, “i suoi organi interni sono intatti”, come accade per santi antichissimi.
La verità di un eventuale santo non sta nell’aria da bravo ragazzo un po’ pingue, non sta nell’internet anche se si dilettava di fare il webmaster, non sta nei copy di un cattolicesimo che cerca di accalappiare, appunto, follower lisciando il pelo allo spirito del tempo. La verità di un santo sta in cose terribili.
Tipo il corpo, il sangue, la morte.
La morte. Carlo Acutis stava benissimo fino a dieci giorni prima di mancare, ma ci sono indizi sul fatto che sapesse di una sua morte in tempi brevi, da sempre. I genitori non erano praticanti, ma in casa c’era una devozione per la Madonna di Pompei. La madre, Antonia Salzano, era in contatto con alcune figlie spirituali di Padre Pio ed era stata benedetta alla nascita dal santo di Pietrelcina. Per il resto, e a parte Francesco D’Assisi, Carlo Acutis venerava solo santi morti giovanissimi: dai veggenti di Fatima Francesco e Giacinta Marto (morti a undici e dieci anni) a Domenico Savio (a quindici anni) a PIergiorgio Frassati (a 25 anni) a San Luigi Gonzaga (a 23 anni). Addirittura l’antichissimo San Tarcisio, martirizzato a dodici anni nel 275.
Il corpo e il sangue. Si è detto e si è scritto che Acutis era un “mago di internet”, ma la sua iniziativa che rimane è la mostra dedicata ai miracoli eucaristici, diffusa in 250 Paesi. Un miracolo eucaristico è principalmente la trasformazione del pane e vino in carne e sangue nel corso della celebrazione della messa. Nei secoli sono stati, anche, riferiti casi di ostie da cui fuoriuscivano gocce di sangue, di rivelazioni e guarigioni avvenute durante l’Eucaristia, di mistici che si nutrivano per tempi lunghi, inverosimili, solo dell’ostia (Teresa Neumann, tedesca, morta nel 1962 pare si fosse nutrita solo di Eucaristia per 36 anni). Si sono dati casi, tanti, di malori dei celebranti dovuti allo spavento per il miracolo. La mostra è stata ideata da Acutis quando aveva 10 anni, nel 2001, e l’organizzazione gli prese due anni e mezzo. Acutis aveva una particolare venerazione per il sacrificio eucaristico, era uno dei punti fermi della sua brevissima vita.
ll corpo, il sangue, la morte
La verità di un santo non sta nemmeno in tutto il contorno: nella sua estrazione sociale e in tutti gli stadi di canonizzazione e nei loro inevitabili aspetti pubblici, burocratici, amministrativìstici. Carlo Acutis viene da una famiglia ricca e potente. Il padre è Andrea Acutis, esponente dell’alta borghesia di Torino, figlio del fondatore di Vittoria Assicurazioni e attualmente Amministratore Delegato dell’azienda di famiglia (1.679,4 milioni di fatturato nel 2022).
Carlo è cresciuto tra viaggi, agi, tati. I fatti biografici bruti sono anche troppo noti. La nascita a Londra mentre il padre lavorava come direttore finanziario nella city, la frequentazione della Parrocchia di Santa Maria Segreta a Milano, l’attività sociale, la passione per internet. I dati pop sono, l’abbiamo detto, anche troppo strombazzati. I dati di fatto sono tutti dalla parte di una totale inverosimiglianza di vita, di opere, di detti e di fatti. Di una contiguità con la morte che spaventa. Di un sorriso pure un po’ beffardo di fronte al dato feroce dell’ineluttabile, della finitezza, del niente.
E il niente ad oggi è rappresentato da una parte dai cattolici istituzionali che lo vogliono incartato come una caramella, dall’altra da un non-pensiero laico che lo guarda come un poveretto. E invece si sarebbe da coltivare, di fronte a quel sorriso, una metro quadro di terrore. Perché i santi non sono caramelle consolatorie e non sono vittime della vita. Sono testimoni (una volta si chiamavano martiri, appunto, in greco, testimoni) dell'emergere di qualcosa di trascendente, quindi anche di spaventoso. Se il cattolicesimo ha dimenticato questo ha dimenticato tutto. E precisamente questo ci ricorda il sorriso di San Carlo Acutis.