Oltre un miliardo di euro. È la quotazione di mercato del Napoli. Una specie di avviso ai naviganti, che sono collocati in questo momento dall’altro lato dell’Atlantico. I fondi di investimento americani sono interessati alla creatura creata ex novo da Aurelio De Laurentiis 18 anni fa, capolista in solitario nella prima parte di campionato, ora in pausa per i Mondiali in Qatar. La stima, come vedremo, non è affatto eccessiva. Anche se il Napoli non conta su un curriculum ricco di storia, di trofei. Ha conosciuto la grandezza assoluta nell’era di Diego Armando Maradona. Spesso ha risentito dell’assenza di una classe imprenditoriale in grado di non disperdere un capitale della Campania, del Meridione.
La legge da osservare è l’equilibrio finanziario. Sempre, comunque. La società è snella, leggera, dalle dimensioni di una PMI che per ora in campionato si è messa alle spalle colossi finanziari. Un uomo solo al comando, un paio di dirigenti capaci con potere d’azione, un’amministrazione efficace. Da Fca al Gruppo Suning, a RedBird, la nuova proprietà americana del Milan, sono tutti alle spalle del Napoli, che è ai vertici del calcio italiano da oltre un decennio. Per un soffio è sfuggito lo scudetto e in generale i conti sono sempre in ordine. Hanno giocato per il Napoli diversi fuoriclasse, Hamsik, Lavezzi, Cavani, Higuain, Mertens. Ora, Osimhen, Kvaratskhelia. Diversi gli attivi di bilancio, per il nuovo ciclo partito a luglio è diminuito pure il costo del lavoro del 30%. Insomma, vince, convince e costa meno di almeno quattro o cinque società di Serie A.
Certo, qualche ombra c’è stata. Per esempio, un rapporto di fiducia mai instaurato tra De Laurentiis e la tifoseria. Poi, la volontà, accentuata, della proprietà a mettere un muro tra il Napoli del passato e il Napoli che è ripartito da zero nel 2004, dopo il fallimento del club azzurro. Il Napoli, paradossalmente, senza un gigante industriale alle spalle, presenta margini di crescita. Il fatturato si aggira sui 245 milioni di euro. L’ultimo bilancio depositato, al 30 giugno 2021, è stato chiuso con un passivo di quasi 59 milioni di euro, un dato triplicato rispetto all’esercizio precedente (30 giugno 2020) che aveva registrato un rosso da 18,9 milioni di euro. La famiglia De Laurentiis è proprietaria anche del Bari, che si trova in Serie B - che rappresenta il 92% sul totale della produzione della FilmAuro, la società di produzione cinematografica che fa capo al presidente del club campano.
Anche a Napoli si è avvertita la crisi post Covid-19. Una situazione di sofferenza dei conti parzialmente tamponata da un’operazione una tantum, la rivalutazione del marchio, resa possibile dal Decreto Agosto (104/2020, convertito nella legge 126/2020). Grazie a questo strumento la S.S.C. Napoli ha iscritto in bilancio, alla voce “immobilizzazioni immateriali”, un valore da 75 milioni di euro. Una strada percorsa anche da altri club di Serie A.
Secondo il Brand Finance Football 50, il Napoli è il 27esimo club mondiale per valore del marchio, con una crescita nell’ultimo anno del 32% e il valore del marchio - inteso come il vantaggio economico netto che il proprietario otterrebbe concedendolo in licenza nel mercato aperto - arriva a 182 milioni di euro, in una classifica dominata dal Real Madrid e in cui la società partenopea è al quarto posto tra le italiane, dietro a Juventus, Milan e Inter.
Il prossimo obiettivo del Napoli che vince con i conti in ordine è fidelizzare la fanbase. Valorizzando i circa sei milioni di tifosi sparsi in giro per il mondo, specie in Nordamerica. Spiega Giovanni Palazzi, Ceo della società di consulenza sportiva StageUp: “Il fattore però che interessa di più a un fondo d’investimenti è il potenziale dei tifosi, la fanbase, non lo stadio di proprietà. Sul tifoso si può costruire un sistema di servizi a pagamento che poi fruttano negli anni. Il Napoli vanta un buon potenziale in Italia (dati StageUp, 2,7 milioni) ma soprattutto all’estero perché può contare sulle corpose comunità italiane”. Sempre secondo StageUp, il Napoli è collegato strettamente all’immagine di Napoli città: riconoscibilità, l’italianità, il cibo. “Napoli nel mondo è espressione diretta del Made in Italy”, conclude il Ceo di StageUp.