Ma come gli viene in mente, alla Rai, di mandare una inviata in diretta a raccogliere le testimonianze della gente, fra la gente, con la gente? Il problema, ovviamente, non è quello di individuare le persone che hanno qualcosa da dire, ci mancherebbe, ma farlo in diretta è tutta un’altra storia. Soprattutto se si tratta dei funerali del Papa. Soprattutto se si tratta dei funerali di Papa Francesco, il Papa degli ultimi. Il Papa che, come è noto, preferiva parlare con i parroci dei paesi piuttosto che con le alte sfere cardinalizie, per cui l’umano comune, l’umano della strada (dico “umano” perché oramai “uomo” non è politicamente corretto) si sente in diritto di spiegare il Papato. Se poi gli metti davanti al muso umano un microfono del Tg1 in diretta cosa dovevano aspettarsi?
Roberto D’Agostino, in un suo Dagoreport, lo ha spiegato bene: “Il fatto comunque più imbarazzante è consistito nella assoluta incapacità della conduttrice, Laura Chimenti, di capire che chi stava davanti al televisore in quel momento voleva seguire la Messa, evento a lei del tutto sconosciuto visto che impediva, e cafonescamente quasi sempre interrompeva, il commento liturgico sui canti e i momenti liturgici più importanti per soprapporvi chiacchiere sui personaggi politici presenti sul sagrato e le insulse interviste abborracciate all’istante, ripetitive e senza costrutto, che gli ‘inviati’ ramazzavano tra la folla”. E come li ramazzavano? Con un sorriso e un’allegria decisamente fuori luogo. Sembravano le interviste durante un concerto di Jovanotti. Tra un “guardate, ci sono i maxi schermo” e un “ci sono molti giovani”. Ma va? L’inviata fra la gente, con la gente, della gente, ha dato a tutto il funerale un’aria così festosa che a un certo punto, persino la conduttrice, si è spinta a suggerire all’inviata: “Ma ci sarà anche qualcuno raccolto in preghiera, vero?”. Perché, mentre gli altri inviati raccontavano cose del tipo, non saprei, i tetti di Roma, e sotto i tetti di Roma la folla, inquadra la folla, “il colpo d’occhio non riesce a restituire la quantità di gente” (ah c’era gente, chi l’avrebbe mai detto), la gente rifilava riflessioni di tre minuti su cosa Papa Francesco aveva significato per loro, non per loro in quanto umani, no, per loro in quanto loro stessi sé medesimi. Come la tizia, venuta in gita con due amiche, che ha spiegato all’inviata, che non osava toglierle il microfono, anzi contenta (l’inviata era molto contenta, l’ho già detto) di averne trovata una dalla lingua sciolta, dicevo la tizia che ha spiegato all’inviata come Papa Francesco l’ha invitata a molte riflessioni, riflessioni che non si fermeranno, no, e mica le fermi le riflessioni, ma che continueranno ad accompagnarle per il resto della vita.

Oppure quell’altra che ha detto all’inviata, riferendosi a Papa Francesco: “Adesso lo aspettiamo a casa”, che non si capiva bene cosa volesse dire; l’intervistata era una morta scesa dal cielo per presenziare che aspettava la tumulazione per accogliere Bergoglio nella casa del Padre? Oppure proprio si aspettava che Papa Francesco bussasse da dentro la tomba per farsi aprire ed andare a trovare la signora? L’inviata ci ha spiegato che il Papa ce lo porteremo tutti a casa: non so a me è sembrata una roba zombesca o troppo “umana” per spiegare il miracolo, o quello che è, della Resurrezione. Regia di Giorgio Romero. Oppure quell’altra, che davanti al Tg1 ha detto quello che il Tg1 le aveva detto in questi giorni, spiegandoci così (ancoraaa?) che “Papa Francesco è stata il Papa che è venuto dalla fine del mondo”. Poi dice che uno diventa apocalittico. In ogni caso il capolavoro resta la famiglia alla quale l’inviata ha chiesto, più o meno, cosa ha rappresentato Papa Francesco per voi? Risposta: “Guardi, non siamo credenti, forse è meglio che la domanda la faccia a qualcun altro” e l’inviata, scappando, che precisa: “Però sono venuti a testimoniare”. Ma a testimonare che?
