Il Conclave inizierà il 7 maggio, la decisione è stata presa dalla Congregazione generale dei cardinali che si è riunita lunedì 28 aprile. Alcuni aspetti fondamentali sono già stati discussi (anche da noi). Ma cerchiamo di fare il punto per capire davvero come leggere la prossima riunione per l’elezione del successore di Papa Francesco. Tra chi punta a evidenziare gli intrighi di potere e chi vuol far credere che il Conclave sia un evento puramente religioso, è fondamentale capire la logica che c’è dietro, tutti i punti rilevanti, così che quando arriverà la fumata bianca sapremo già dire qualcosa in proposito.

Come funziona il Conclave
Il papa viene eletto dal Conclave dai cardinali elettori (cioè i cardinali sotto gli ottant’anni; attualmente 135) con una maggioranza di due terzi (un tempo era due terzi più uno) e questa riunione a porta chiuse è stata per la prima volta regolamentata nel 1274 nella costituzione apostolica Ubi periculum promulgata durante il Concilio di Lione sotto Papa Gregorio X e in cui si stabiliva: “Durante il tempo dell'elezione i cardinali nulla percepiscano dalla camera apostolica, né di quanto possa venire alla stessa chiesa da qualsiasi fonte durante la vacanza; tutti i proventi, invece, durante questo tempo rimangano in custodia di colui alla cui fedeltà e diligenza la camera stessa è stata affidata, a disposizione del futuro pontefice. Chi poi avesse ricevuto qualche cosa, sarà tenuto da quel momento ad astenersi dal percepire qualsiasi reddito a lui spettante, fino alla completa restituzione delle somme ricevute”, con uno specifico obiettivo: “L'esame del tempo passato insegna quanti disastri produca e di quali e quanti pericoli sia costellata una troppo lunga vacanza della sede romana; una ponderata considerazione dei danni di quel periodo mostra la stessa cosa. Perciò evidenti ragioni ci consigliano, mentre attendiamo con zelo alla riforma di cose anche meno importanti, di non lasciare senza riforma opportuna ciò che è esposto a un maggior pericolo”. La figura del papa deve essere ristabilita, con “il potere di intercessione della preghiera umile e devota”, attraverso un lavoro serrato mai interrotto da stimoli esterni.
Per diventare papa, ufficialmente, basta essere maschi, battezzati e non sposati, quindi anche un non cardinale, cosa rarissima, può diventare papa. Le regole per l’elezione del papa sono cambiate negli anni, l’ultima volta nel 2013 con il motu proprio (cioè, per semplificare, un documento preso “di propria iniziativa” dal papa) di Benedetto XVI Normas Nonnullas in cui si stabilisce definitivamente che la scelta del papa passi solo per scrutinium, e cioè attraverso una maggioranza di due terzi tra i cardinali elettori (un tempo si poteva diventare papi anche per acclamationem seu inspirationem e per compromissum, rispettivamente per accordo unanime ispirato dallo Spirito Santo o attraverso la formazione di un collegio ristretto di cardinali, quindi di un gruppo di lavoro più piccolo accettato però dal Conclave). Anche i cardinali non elettori, quindi ultraottantenni, possono essere eletti come pontefice, ma durante l’elezione si tende a tenere conto anche dell’età del candidato, cercando di preferire possibili futuri pontificati sufficientemente longevi.

La “trovata” di Francesco
Se si guarda la lista dei papabili si nota che i cardinali progressisti e creati da Papa Francesco nel corso di questi anni hanno tutti meno di 70 anni. Papa Francesco venne eletto nel 2013 a 76 anni. Benedetto XVI ne aveva 78. I cardinali più giovani sono Pierbattista Pizzabella e José Tolentino de Mendoça. Mentre del primo si sa poco, il secondo ha dimostrato apertura e di muoversi in linea con le indicazioni di Bergoglio. Tra i più “fedeli alla linea” del Papa c’è anche l’italiano Matteo Maria Zuppi, 69 anni, forse il più progressista tra i papabili, ora a capo dell’Arcidiocesi di Bologna, una delle più ricche d’Italia insieme a Milano. Zuppi è vicinissimo al Papa e ha anche partecipato a degli incontri all’estero, per esempio nel caso della guerra in Russia. Sulla stessa linea anche Pietro Parolin, considerato un altro possibile candidato. Da notare anche questo: l’unico cardinale creato da Benedetto XVI sotto i 70 anni è Luis Antonio Gokim Tagle, considerato il “Francesco asiatico” e indicato da molti come il naturale successore di Bergolio.
Come abbiamo spiegato qui, i papabili conservatori, invece, sono mediamente più anziani. Questo può portare a due conseguenze: la prima, che il futuro papa conservatore possa optare per una linea drastica per restaurare la linea tradizionalista della Chiesa. La seconda, che il progetto conservatore, anche con un pontefice conservatore, sia ormai destinato a fallire. Non avremo più, cioè, una Chiesa “conservatrice”, come auspicato – soprattutto – da alcuni politici. Il problema? La Chiesa africana, quella più in crescita, è prettamente conservatrice e, dunque, potrebbe sempre di più radicalizzarsi contro la Santa Sede. Già durante il pontificato di Francesco, alcuni cardinali africani (tra tutti Robert Sarah, uno dei papabili) hanno apertamente criticato le posizioni ambigue o di apertura di Bergoglio su vari temi (dalle benedizioni alle coppie omosessuali al progetto del diaconato femminile).

Il problema di Becciu
Se la Chiesa ha dimostrato di aver bisogno di qualcosa, più di tutto, in questi anni, è una certa cautela nell’esporsi a livello mediatico. Tre casi per capirlo: Emanuela Orlandi, la crisi dello Ior e, infine, il caso Becciu, una sorta di “errore giudiziario” della Santa Sede. Su quest’ultimo si stanno concentrando in molti, perché Becciu, nonostante abbia perso, almeno stando alla comunicazione ufficiale della Sala Stampa vaticana i suoi diritti cardinalizi (pur rimanendo un cardinale), pretende di poter partecipare come cardinale elettore, vista l’età, al prossimo Conclave. Chiaramente il suo voto non cambierà nulla, nonostante a destra si stia costruendo un presunto complotto del progressista Parolin ai danni del cardinale sardo, come se la sua esclusione fosse l’unico modo di garantire una vittoria progressista al Segretario di Stato. In realtà, come abbiamo spiegato, fino a prova contraria, essendo iscritto nell’elenco dei cardinali non elettori, Becciu, salvo indicazione differenza, semplicemente non potrà votare al Conclave. Insomma, tanto rumore per nulla? Ni. Di fatto non dovrebbe cambiare nulla, sia nel caso in cui votasse sia nel caso in cui le cose rimanessero come sono. Il problema, tuttavia, riguarda il discorso più ampio, come sottolineato da Matteo Matzuzzi in una nostra intervista, della gestione della giustizia durante il papato di Bergoglio. Evidentemente il caso Becciu è stato un bug nel sistema di Francesco, sia nei modi in cui è stato fatto fuori, sia per le conseguenze della sua estromissione: il caos e, appunto, una nuova attenzione mediatica in cerca dello scandalo da libro di Dan Brown.

