È successo davvero, l’ultimo magistrato che ha archiviato il caso di Emanuela Orlandi, cittadina vaticana scomparsa a soli quindici anni il 22 giugno 1983, è indagato con l’accusa di avere aiutato Cosa Nostra e il gruppo Ferruzzi, di Raul Gardini, a insabbiare l'indagine dei carabinieri del Ros su “Mafia Appalti”. Un’inchiesta che andava a scoperchiare i rapporti dei clan corleonesi con la grande azienda del nord. L’inchiesta che portò all’uccisione del giudice Paolo Borsellino, vittima di un attentato il 19 luglio 1992. E il collegamento dove sta? A voler chiudere l’indagine fu il procuratore di Palermo, Pietro Giammanco, di cui al tempo Giuseppe Pignatone era il collaboratore più fidato. Ricordiamo che, al momento, Pignatone è a capo del tribunale Vaticano. Incarico a cui è approdato dopo la fine del suo incarico come Procuratore di Roma. Incarico che lo lega al caso di Emanuela Orlandi: “Possiamo stare tranquilli, è arrivato il Procuratore nostro, ci penserà lui a far tacere Pietro Orlandi che sta facendo un casino, ha già cacciato Capaldo (pm che indagava sul caso di Emanuela) e messo i suoi. Poi ha assicurato ai miei avvocati che archivia tutto”. A pronunciare queste parole la moglie di Enrico De Pedis, boss della Banda della Magliana, in un’intercettazione telefonica con Mons. Vergari, rettore della Basilica di Sant’Apollinare. Un’intercettazione a seguito della scoperta della sepoltura di De Pedis, noto criminale romano, proprio in quella Basilica. Pignatone aprì la tomba di De Pedis, archiviò l’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi e alla fine del suo mandato ricevette una “promozione”.
A commentare l’accaduto Pietro Orlandi, che da anni racconta del legame tra Giuseppe Pignatone ed Enrico De Pedis: “Ricordo ancora quando in una trasmissione televisiva fui attaccato, deriso, fatto passare per persona scorretta perché criticavo Pignatone e il suo operato”. Non solo, anche l’ex pubblico ministero Antonio Ingroia ha commentato quanto accaduto: “Giovanni Brusca mi disse che il dottor Pignatone era in rapporti con uomini di Mafia di peso, che era disponibile verso Cosa Nostra. Disse che lo aveva saputo da Totò Riina. Trasmettemmo i verbali alla procura di Caltanissetta dove vennero archiviati”. Antonio Ingroia ha lavorato con Paolo Borsellino, ed è anche lui un simbolo della lotta alla Mafia: “Pignatone, che come magistrato era l'antitesi di Giovanni Falcone, che lo osteggiò in ogni modo, paradossalmente è stato raccontato per decenni dai giornaloni come l'erede di Falcone. L'indagine riguardava imprenditori mafiosi che avevano avuto a che fare direttamente con suo padre. Il padre di Pignatone era un ras della politica siciliana, un uomo vicino a Salvo Lima e quindi alla corrente andreottiana. Nelle carte che mandammo senza risultato a Caltanissetta c'era anche la storia degli appartamenti che i costruttori mafiosi oggetto dell'inchiesta Mafia-Appalti avevano venduto a prezzi ridottissimi, sostanzialmente regalati, alla famiglia Pignatone. Tra questi c'era quello di cui godeva il dottor Pignatone e dove credo abiti tuttora”. Ed è assurdo, per Ingroia, che Pignatone continui a ricoprire il suo incarico in Vaticano: “Si sono dimessi ministri per molto meno”.