Una busta anonima con minacce di morte e simboli anarchici è stata recapitata alla redazione del Tempo. La missiva riporta i nomi dell’editore Giampaolo Angelucci, del direttore Tommaso Cerno, del direttore editoriale di Libero Daniele Capezzone e di alcuni altri giornalisti. L’episodio è stato denunciato alle autorità e le indagini sono in corso. Tommaso Cerno lo inquadra così: “Ricevere una lettera di minacce di stampo anarchico contro Il Tempo e il nostro editore nel giorno in cui dopo 31 anni è stato finalmente sgomberato il Leoncavallo, centro sociale di Milano simbolo dell'illegalità perpetua a spese dei cittadini, non solo non ci fa paura ma è un segno che battersi per la libertà e la democrazia ti farà anche fare dei nemici ma sono la prova che sei sulla strada giusta”. Non è certo la prima volta che la stampa diventa bersaglio di intimidazioni. Ciò che colpisce non è tanto la singola azione – che potrà anche rivelarsi un gesto isolato – quanto il tempismo con cui è accaduto. Esattamente a ridosso dello sgombero dello storico centro sociale Leoncavallo a Milano. Certamente, può essere una coincidenza. Ma andiamo con ordine. Abbiamo contattato la storica ed esperta di terrorismo internazionale Valentine Lomellini, professoressa di storia delle relazioni internazionali all’Università di Pavia e direttore del Centre for Security Studies.

Lomellini invita a guardare oltre i confini nazionali: “C’è un’allerta significativa a livello europeo per possibili sviluppi di antisemitismo e ostilità verso Israele. Dal 7 ottobre l’attenzione sulla sicurezza delle comunità ebraiche è cresciuta molto. Basti pensare che l'ultima linea di finanziamento promossa dall'Agenzia per la Ricerca dell'Unione Europea punta praticamente il 90% delle risorse nella prevenzione di problematiche di gestione antisemita, antisionista, per il riconoscimento dell'Olocausto”. Difficile stabilire con certezza quale parte della galassia pro-pal italiana sia coinvolta nel caso delle minacce indirizzate alla redazione de Il Tempo. Quantomeno interessante, però, il tempismo del fattaccio, proprio a ridosso dello sgombero del Leoncavallo a Milano, avvenuto a sorpresa anche del sindaco Sala.

Secondo la professoressa Lomellini è difficile credere che la minaccia possa giungere da quella galassia di attivisti politici, perché sarebbe un errore strategico: rafforzerebbe ulteriormente la narrazione di chi descrive certe realtà come “occupazioni illegali” da reprimere, trasformando un gesto di protesta in un boomerang politico. Quindi, infine, “se ci fosse una connessione, agire così non sarebbe particolarmente intelligente, anzi”. Se non ci sono indizi diretti, come spiega la Lomellini, cosa dimostrerebbe i collegamenti di cui parla Il Tempo? Dal Leoncavallo alle inchieste su Hamas, il quotidiano di Cerno sembra saperne persino di più rispetto a ciò che la lettera, effettivamente, dice. Secondo Lomellini, molto più probabilmente si tratta di un’azione politica che “riflette le tensioni internazionali e l’offensiva israeliana su Gaza”.
Anche lo storico ed esperto di terrorismo negli anni di piombo, Guido Panvini, Professore associato presso la Sapienza di Roma, spiega che “il problema non è tanto la forza di piccoli nuclei estremisti, quanto la polarizzazione della società. Negli anni Settanta la democrazia aveva anticorpi più solidi, oggi è più fragile. Sono venuti meno quei corpi intermedi – partiti, associazioni, spazi sociali – che filtravano il conflitto e impedivano la radicalizzazione”. Secondo Panvini, l’erosione di questi argini facilita il passaggio dal dissenso alla violenza, creando terreno fertile per gesti intimidatori, anche se isolati. “Viene spesso invocato lo spettro degli anni di piombo. Chiaramente è anche un riflesso incondizionato, spiegabile per la catena di lutti che insanguinò il Paese in quegli anni. Se non altro perché la democrazia di quel tempo ha dimostrato di avere molti più strumenti per contenere le minacce provenienti sia dalla destra che dall’estrema sinistra. Oggi invece le nostre democrazie sono molto più deboli”.
