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Il turismo alternativo? LE VACANZE A ROMA di Fulvio Abbate: deserta e allucinata, tra miraggi di Pasolini, Mastroianni e Sophia Loren, trasforma agosto in un'esperienza erotica e surreale...

  • di Fulvio Abbate Fulvio Abbate

20 agosto 2025

Il turismo alternativo? LE VACANZE A ROMA di Fulvio Abbate: deserta e allucinata, tra miraggi di Pasolini, Mastroianni e Sophia Loren, trasforma agosto in un'esperienza erotica e surreale...
Roma ad agosto è un incubo? Forse sì. Oppure un viaggio onirico tra bar chiusi, vecchi ricordi e terrazze condominiali e che può persino diventare l’estate più strana e indecente della tua vita. Come ci racconta lo scrittore Fulvio Abbate...

di Fulvio Abbate Fulvio Abbate

La vacanza perfetta, inaspettata, l’estate che incorona, diventa sé stessa, così all’improvviso, grazie alla scelta, voluta o obbligata, d’essere rimasti in città, ostaggi, esclusi, poco importa se per pura voglia di sosta, necessità o miseria comprovata… A Roma, è il nostro caso, nel quartiere di Monteverde Vecchio, luogo che i semplici assimilano d’istinto agli orrendi “radical chic”. Piccola borghesia, semmai, a quel mondo appartiene a dire il vero la sua popolazione residente, esatto, ceto medio, la casa ottenuta aderendo a una cooperativa nei primi anni Sessanta. Le parole di chi patisce l’estate intanto custodiscono, lamentano, desolazione, il vuoto, l’assenza del mondo abituale stesso, i vicini trasferiti altrove a sollazzarsi, maracas in pugno, Ponza o Fregene o le Puglie. Consola, certo, la possibilità dei molti parcheggi finalmente disponibili, liberi, modesto premio, si dirà, se l’intero municipio vive al momento inginocchiato davanti a un caldo torrido assassino, lo stesso che il poeta definiva “beduino”… Ecco però che d’improvviso un pensiero assoluto e inspiegabile raggiunge il residente rimasto, appunto, solo ad ardere nella pira estiva dell’Urbe, coatto stagionale, la scoperta avviene proprio davanti al civico 45 di via Giacinto Carini, dove abitava Pier Paolo Pasolini, subito s’accende il ricordo di una foto proprio di lui in terrazza nei giorni dell’uscita in libreria di “Una vita violenta”: bianco e nero di una Roma che ormai sopravvive, da alcuni rimpianta, nelle pagine Facebook dedicate al tempo cittadino “che fu”, del “come eravamo belli una volta, e invece adesso guarda invece in che merda ci troviamo, guarda cosa, che merda, siamo diventati anche noi”.

La Roma di Pier Paolo Pasolini
La Roma di Pier Paolo Pasolini

Vai allora con il ricordo del sor Augusto, già residente di Donna Olimpia, e ancora, insistendo nel disincanto, "com’era bello il tempo in cui le donne non avevano tatuaggi e neppure silicone" alle pareti delle labbra, i seni allora naturalmente sodi… Nel frattempo nella pagina dell’Alberone, laggiù a San Giovanni, si piange per il decesso dello storico bidello della scuola di via delle Cave, non è diverso però ciò che accade nella pagina dedicata invece ai Parioli, dove si lacrima al pensiero dell’amico Billy, altrettanto deceduto, rimembrandone la Jaguar che sempre teneva parcheggiava in via Bacone… Saltella, sì, che saltella e ancora saltella sul pavimento lucente del ricordo la pallina azzurra della nostalgia… oh, le estati di un tempo, quando erano vivi zia Nuccia e zio Saverio, quando l’edicola mostrava i fumetti di Lucky Luke, quando la sabbia di Maccarese era pettinata, lì a mostrare i granelli d’oro del primo mattino, quando le auto avevano l’obbligo di un rodaggio e una decalcomania posta sul lunotto indicava l’andatura da rispettare secondo le prime settimane dall’acquisto in concessionaria. La tavola calda, la rosticceria che nelle basse popolose stagioni, proprie degli uffici aperti, così come l’oculista di via Regnoli, quella che offre meravigliosi supplì, è ora tragicamente chiusa, altrettanto il ristorante “Le volpi del Molise”, il baretto dei centrifugati dove si recano i più fighetti del quartiere idem, lo sguardo si solleva allora in alto verso la finestra di Barbara, ragazza di minuto incanto e gentilezza, le sue ciglia lunghe: chissà dove sarà adesso lei, c’è da immaginarla altrettanto incoronata dall’agosto felice, Barbara alle prese con lo sci nautico, lei nello stesso splendore di una Ursula Andress, un mandala di perle sorridenti a fare da cornice al suo viso che riporta i versi di Attilio Bertolucci, padre di Bernardo, Barbara “che l’anemia fa più bella”, anche Simone, il fioraio, ha chiuso il suo tucul, dove saranno adesso le begonie, sia maledetto il fioraio che avrebbe dovuto garantirci un bonsai che mai ci fece avere, anche quegli altri fiorai nei pressi del forno “Beti”, dove si acquista invece una pizza rossa da sturbo, dicono che sia tra le migliori, è serrato… Nulla all’orizzonte.

Roma deserta in agosto, rimane solo chi pulisce le strade
Roma deserta in agosto, rimane solo chi pulisce le strade

Se fosse un duello, il nostro pistolero scaricherebbe adesso la sua colt sul volto del nulla, intanto anche quell’altro amico dal quale si va a discutere di malattie e dispiaceri chissà dove è fuggito via: forse sta a un festival del cinema, frequentato da onanisti presuntamente culturali, gli stessi che si ritrovano a discutere degli ultimi titoli apparsi, delle serie, Netflix dei loro cuori, storie di liane afro-abruzzesi parlanti e di orifizi anali che cantano brani dei Deep Purple; pure il negozio di articoli sportivi, la vetrina che di solito osserviamo con sguardo interrogativo, mostra a sua volta il cartello giallo di un tragico “Chiuso per ferie dall’11 agosto al 24 agosto", chissà semmai la vita farà ritorno a noi, chissà se la tabaccheria tornerà coi battenti aperti, in compenso c’è il distributore automatico: notte tempo davanti al suo visore, in viale dei Quattro Venti, si forma una fila come neppure un tempo al mausoleo di Lenin, e intanto, proprio questa mattina, la televisione ha fatto dono all’uomo disteso sul divano dell’estate un film del 1970: “I girasoli”, con Sophia Loren e Marcello Mastroianni, la storia di lei che si reca in Russia per ritrovare il marito soldatino che giunse ad assiderarsi nella neve con l’Amir, e mai tornò, salvato infine da una soldatessa sovietica, si trasferì nell’isba, ma adesso ecco che Sofia, capelli cotonati, raggiunge Mosca per riportarselo a casa, lo ritroverà, però che amarezza saperlo sposato con una ragazza che ha un viso di frumento della periferia moscovita; memorabile la scena girata a Milano, sotto le volte della Stazione centrale, dove Mastroianni si imbatte in una povera puttana che ha trovato conforto in una bambola di Pannolenci…

Il cinema Astoria a Roma
Il cinema Astoria a Roma

Chi è rimasto in città, ritrova il tempo melanconico di quando con la zia andò appunto al cinema Astoria a vedere proprio quel film e a sua volta si trasfigura in pagina della nostalgia, come quelli già menzionati dell’Alberone e dei Parioli: la bicicletta “Bianchi” o “Legnano” contro la Jaguar, la “Graziella” ancora da venire… Ma ecco che come nei casi, i casi fortuiti della vita, d’improvviso, non il pistolero appare in fondo alla strada, ma una ragazza sconosciuta, lei è in verità seduta a un tavolino del bar “Anita”, anche lei è rimasta in città, la magica possibilità delle prime parole da scambiare con l’Ignota: “… che ci fa qui, signorina”, chiede lui, col garbo di un Guido Gozzano giunto da Torino a Monteverde Vecchio, “… niente, prendo qualcosa da bere”, “allora anch’io”, oh, la strana condizione di rimanere in città ad agosto, ma lei ora dice: “… a me non dispiace affatto”, e lui: “… ora che ci pensa neanche a me”, e qui le uniche parole possibili che dovrebbero pronunciare immediatamente d’istinto, sì, dovrebbero essere le seguenti: “… che ne direbbe se ci andassimo a fare una scopata? Abito qui a due passi. Non dico subito, visto che fa molto caldo, ma nel primo pomeriggio o magari in tarda serata?”.

La timidezza trattiene sincerità, eppure se è vero che prima o poi verrà alla fine del mondo queste parole liberatorie e immediate dovrebbero essere pronunciate all’istante, e chissà se anche lei in cuor suo non stia pensando la medesima cosa, un silenzioso, interiore, quasi quasi me la farei una chiavata con questo signore. Invece seguono brevi conversazioni di circostanza assolutamente gozzaniane (per chi abbia letto quel nostro poeta straordinario il riferimento è ai versi di “Le due strade”), e allora lui: “… che ne direbbe se andassimo a pranzo insieme?” “Sa che non sarebbe una cattiva idea?,” così lei, cedevole, con un sorriso da illustrazione di copertina da libro di lettura dell’estate, della prima estate dopo Hiroshima, così, dopo poco, consumato il cordiale, insieme si allontanano nella città, anzi, nel quartiere desertificato… Si è già detto che è chiuso il ristorante celebre per una meravigliosa amatriciana, meno la carbonara, altrettanto il bar dove vanno i radical chic, ci sarebbe altrettanto da fare una sosta al “Mercatino franchising”, dove qualcuno deve avere svenduto una collezione di macchinine, allora l’uomo si sofferma davanti a un modellini della Chaparral di Jim Hall, cose che gli ricordano il tempo in cui andava al doposcuola nei giorni delle medie, come sembrano lontani i giorni quando nelle tasche dei signori brillavano gli accendini “Dupont”, intanto al supermercato “Tigre” la cassiera cubana ci offre un momento di riflessione politica internazionale dice che laggiù a Santa Clara c’è il dengue che sta uccidendo molte creature ed è arrivato anche il fentanyl… Lui intanto nuovamente rivolto alla sconosciuta, passato adesso al tu: “…non ti sembri una proposta ardita, ma se andassimo a casa mia, e se stasera decidessimo di restare a cena sulla terrazza condominiale? Sai, la cinematografia, cominciando da “I soliti ignoti” è colma di quei terrazzi che diventano quasi un cosmodromo, “…che ne diresti?” E lei: “… sai che non è una cattiva idea? Mi farebbe piacere una pasta con pomodorini Pachino e mozzarella…”. E qui lui pensa che il basilico è ancora fresco, non si è dimenticato di annaffiarlo l’altra sera, sì, così si dicono e di spalle si avviano un istante dopo nel gelo desertico cittadino di Monteverde Vecchio, ed ecco che appare, in pantaloncini corti, il regista Nanni Moretti che si avvia verso la gelateria “Otaleg” di via dei Quattro Venti nell’illusione di trovarla aperta: la Repubblica delle Terrazze Condominiali conquistate per l’Estate è così dichiarata mentre subito fuori crepitano i denti degli assassini israeliani e russi nella lontano Ucraina. Che ne sarà di noi? Che ne sarà dell’estate? Chissà se forse era il caso di acquistare anche i profilattici?

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