La criminologa Roberta Bruzzone, nella sua rubrica sul magazine Giallo, analizza anche questa settimana tre casi di omicidi compiuti da giovani, con un inquietante filo conduttore: la complicità delle madri. Una dinamica che mette in luce un fenomeno pericoloso, quello della genitorialità tossica, che anziché proteggere, alimenta la violenza. Il primo caso riguarda Sara Campanella, uccisa da Stefano Argentino, un giovane infatuato di lei che non ricambiava i suoi sentimenti. Dopo l'omicidio, la madre di Stefano, Daniela Santoro, ha aiutato il figlio a fuggire, nonostante lui avesse confessato l'omicidio durante il viaggio in auto. Invece di denunciare il crimine, la madre lo ha condotto in un B&B, un comportamento che solleva gravi dubbi sul suo ruolo nell’occultamento della verità.

Un altro caso simile è quello di Ilaria Sula, uccisa da Mark Samson. La madre di Mark, Nors Manlapaz, è indagata per concorso in occultamento di cadavere dopo aver aiutato il figlio a ripulire la casa e depistare le indagini. Bruzzone sottolinea come queste madri, pur di proteggere i propri figli, diventino complici di crimini atroci, contribuendo a complicare il lavoro delle autorità.

Infine, il caso di Bojan Panic, che ha ucciso il padre per difendere la madre dalle violenze subite da anni, porta alla luce un altro aspetto della violenza giovanile: il desiderio di proteggere la figura materna a ogni costo. Nonostante non ci fossero denunce pregresse, il gesto di Bojan riflette un dramma familiare che avrebbe potuto essere evitato con un intervento tempestivo. Bruzzone conclude che questi casi rivelano una triste realtà: giovani che, a causa di famiglie disfunzionali, arrivano a compiere gesti estremi, spesso con il tacito consenso o la complicità delle madri. Un fenomeno che deve far riflettere sulla natura della genitorialità e sulla necessità di interventi precoci per evitare il dramma.
