È stato un deficit neurologico improvviso a colpire Papa Francesco alle prime ore del mattino, mentre si trovava nella sua residenza a Casa Santa Marta. Secondo quanto riportato nell’atto ufficiale di constatazione del decesso, la causa della morte è da attribuire a un “ictus cerebri, coma e collasso cardiocircolatorio irreversibile”. Nel documento vengono ricordate anche le fragilità pregresse del Pontefice: “Pregresso episodio di insufficienza respiratoria acuta in polmonite bilaterale multimicrobica; bronchiectasie multiple; ipertensione arteriosa; diabete mellito di tipo II”. Secondo le ricostruzioni, nella giornata di ieri Papa Francesco si era svegliato regolarmente alle 6. Un'ora più tardi, alle 7, sono emersi i primi segnali di malessere. I medici hanno subito sospettato un ictus cerebrale. “L’ictus è un danno cerebrale persistente dovuto a problemi vascolari”, spiega Francesca Romana Pezzella, neurologa della Stroke Unit dell’ospedale San Camillo di Roma, segretario dell’Associazione italiana ictus e presidente del piano europeo per l’ictus cerebrale. Può derivare dall’occlusione (ictus ischemico) o dalla rottura (ictus emorragico) di un’arteria del cervello.

“Nel caso del Papa tutto fa pensare a un ictus emorragico, cioè un’emorragia cerebrale, che comporta un altissimo rischio di morte nelle primissime fasi. Il tessuto cerebrale subisce danni rapidamente, e solo un intervento tempestivo può aumentare le probabilità di sopravvivenza o recupero”, osserva Pezzella. Noi abbiamo chiesto un parere al noto infettivologo Matteo Bassetti, che ci ricorda come “la polmonite dell’immunocompromesso è un quadro clinico ben preciso. E il Papa, da questo punto di vista, era a tutti gli effetti un immunocompromesso: faceva il cortisone in modo cronico, sia per la sua bronchite asmatica, sia, si dice, per dolori articolari importanti. Tutto questo lo aveva reso molto fragile dal punto di vista immunologico. Non aveva la capacità di difendersi dalle infezioni come una persona con un sistema immunitario integro. Credo però che sia stato curato nel modo migliore possibile e non penso sia stato dimesso troppo presto. Purtroppo, quando lo abbiamo visto, con l’ossigeno al naso, anche mentre parlava, sembrava una persona in grave insufficienza respiratoria. Cosa sia successo esattamente non lo so”.

Poi sulle cause del decesso: “Bisognerà capire quanto abbia influito un peggioramento della sua condizione respiratoria. Non credo procederanno a un'autopsia, ma il fatto che abbia avuto una brutta polmonite è evidente. Lo abbiamo visto tutti in condizioni molto provate dal punto di vista respiratorio prima di tornare a Santa Marta. Da medico, però, tendo sempre a pensare che ci sia un filo conduttore, una complicanza, piuttosto che una nuova patologia del tutto distinta. Era un paziente ancora dipendente dall’ossigeno: un aggravamento respiratorio, oltre all'ictus, resta l’ipotesi più probabile. Parliamo comunque di un paziente che è stato ricoverato per più di un mese, che viene dimesso con l’ossigeno e che abbiamo visto in condizioni molto provate anche dopo, mi sembra più verosimile che a prevalere sia stata una complicanza respiratoria”.

Ma quanto può aver influito il fatto che lui non abbia rispettato pienamente le prescrizioni mediche di isolamento? “Non credo che il mancato isolamento sia stato un fattore determinante. Penso che tutto sia riconducibile al quadro precedente. Quando si ha una polmonite necrotizzante o comunque grave, il polmone può rimanere compromesso: si forma una fibrosi e il tessuto non torna più come prima. Il polmone è come un muscolo e, quando diventa rigido, non scambia più ossigeno come dovrebbe. Inoltre, stiamo parlando del Papa: non è una persona che può semplicemente starsene a riposo, in un letto. Ha voluto affrontare gli impegni pasquali, che per la religione cattolica sono particolarmente intensi, e questo può aver rappresentato uno sforzo importante”. Poi Bassetti ci tiene a sottolineare come la patologia respiratoria di Papa Francesco dovrebbe accendere un faro sulla pericolosità delle infezioni, spesso troppo sottovalutate, quando purtroppo, in realtà “mietono tante vittime. Non esiste solo il cancro. Non possiamo pensare solo alle patologie ritenute di primo piano come quelle cardiovascolari, perché commetteremmo un grave errore”.