Papa Francesco è tornato alla Casa del Signore e il suo “testamento spirituale” è enorme, nei fatti e nelle parole. Le encicliche, le omelie, le interviste e l’apertura a quel mondo, mondano, sporco, complesso, contraddittorio, che lo ha reso un pontefice amato anche dai non credenti. Quale sia il cuore profondo, del suo messaggio, della sua testimonianza, ce lo racconta Padre Gabriele Pedicino, priore provinciale degli agostiniani d’Italia. «“La Chiesa – in uscita – è la comunità di discepoli missionari che prendono l’iniziativa, che si coinvolgono, che accompagnano, che fruttificano e festeggiano”. Questo è stato papa Francesco! Ha incarnato nel suo ministero quanto troviamo scritto al numero 24 della Evangelii gaudium».

Apertura verso il mondo, si è detto, ma ancora di più, con l’energia della guida spirituale, l’invito a seguirlo, attraverso la porta aperta verso i problemi del mondo: «Papa Francesco è stato la Chiesa in uscita e in ogni modo ci ha spinti, ci ha “costretti” a uscire dai nostri schemi, ad aprire lo sguardo sul mondo intero, come d'altronde i suoi predecessori. Ci ha ricordato continuamente questa missione della Chiesa, che è per tutti». Un pontefice, cioè, che ha saputo raccogliere, in tempi di pandemia e di guerre, il grido degli ultimi, di quelli che, quando di dice “tutti” spesso vengono tenuti nascosti. Lo dimostra anche il sinodo sull’Amazzonia e la sua attività di vescovo in Argentina, nel “sud del mondo”, alla periferia dell’Occidente, anzi fuori da esso. «Lui è stato un Papa per tutti, forse, oso dire soprattutto un Papa per i più lontani».
