Dai, ammettetelo. Non fate i timidi. In questi giorni avrete senza ombra di dubbio letto da qualche parte, sui social o in qualche articoletto, del “ritorno” di Adolf Hi*ler. Ma no, che avete capito? Mica il na*ista. Parliamo dell'Adolf Hi*ler africano, o meglio di Adolf Hi*ler Uunona, un politico locale della Namibia candidato nuovamente alle elezioni locali del suo Paese. Uunona, 59 anni, è membro della South West Africa People's Organization, il partito di sinistra al governo nel Paese dal 1990, ossia dall'indipendenza ottenuta dal Sudafrica. Era stato eletto per la prima volta consigliere nella circoscrizione di Ompundja, regione di Oshana, nel 2004, per poi ricandidarsi nel 2015 e nel 2020; adesso ci riprova e, nel momento in cui scriviamo, la sua rielezione è data per quasi certa. I nostri media, che dell'Africa se ne sono quasi sempre sbat*uti i cog*ioni perché “il tema non interessa, non fa click” (in realtà ne parlano solo quando c'è da sventolare il tema dell'immigrazione), hanno dedicato spazio al signor H*tler. Molto spesso senza spiegare che il diretto interessato si è, per così dire, ritrovato in una situazione a metà strada tra lo scomodo e l'imbarazzante. “Mio padre mi ha dato questo nome ma non significa che io abbia il carattere di Adolf Hi*ler o che assomigli a quello tedesco. Lui era una persona controversa che ha catturato e ucciso persone in tutto il mondo. Io non sono come lui”, ha spiegato il politico ai media locali.
Spendiamo un paio di ultime considerazioni su Uunona. Perché si chiama così? Perché suo padre ha scelto questo nome a dir poco controverso? Durante il dominio coloniale tedesco, dal 1884 al 1915, la Namibia ha adottato l'uso di alcuni nomi propri germanici, ancora oggi utilizzati nel Paese. L'influenza tedesca si sarebbe fatta sentire ancora lungo in Namibia, dopo la fine del periodo coloniale, tanto che alcune zone della nazione avrebbero ospitato nazis*i fuggiti dalla Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale. Un articolo del New York Times del 1976 raccontava come alcuni namibiani di origine tedesca si salutassero ancora con “Heil Hi*ler”. Ok, la storia del politico con il nome del dittatore tedesco genera interazioni. Ma forse vale la pena allargare lo sguardo all'intero continente africano perché, forse lo avrete già capito, mentre noi perdiamo tempo a raccontare chi è e cosa fa il povero Uunona, nella regione succedono cose che faremmo meglio a non ignorare. Già, perché mentre noi europei, un po' attraverso le iniziative (disastrose) personali di Emmanuel Macron e un po' attraverso il Piano Mattei, ci illudiamo di contare qualcosa da quelle parti, succede che gli Emirati Arabi Uniti decidono di investire 1 miliardo di dollari per espandere l'infrastruttura e i servizi di intelligenza artificiale in tutta l'Africa. L'obiettivo? Semplice: rafforzare la propria influenza in loco, in vista del presente ma anche del futuro.
E che dire dell'onda turca che sta travolgendo l'Africa? Il numero di ambasciate di Ankara nel continente è aumentato vertiginosamente, passando dalle 12 registrare nel 2009 alle 43 odierne, a conferma di come Recep Tayyip Erdogan (pure lui) voglia piantare le radici del suo “Impero” da queste parti, tra legami culturali e buoni affari economici. A proposito di affari, nel continente è sempre forte la presenza cinese, con Pechino che adesso ha smesso di investire milioni e milioni di dollari in progetto mastodontici, preferendo concentrarsi sul fronte green, delle energie rinnovabili, e dell'hi-tech. E la Russia? Anche Vladimir Putin in Africa ha ritagliato il proprio spazio di manovra, soprattutto giocando di sponda con i vari governi del Sahel sorretti da governi militari. Benissimo tutto, però, oltre al business e a qualche politico dal nome curioso, bisogna attenzionare altri due temi. Il primo: da qualche settimana in Sudan si sta consumando un genocidio nel silenzio (quasi) generale. Nel Darfur le milizie delle Forze di supporto rapido (Rsf) guidate dal generale Mohamed Hamdan “Hemeti” Dagalo sono entrate nella capitale. I militari hanno massacrato civili, stuprato donne e bambini, bruciato villaggi, con migliaia di morti, esecuzioni sommarie, attacchi contro civili. Il secondo problema riguarda il risveglio del terrorismo islamico, rinato e dominante - insieme a milizie di mercenari, gruppi armati e militari che pianificano rivolte e colpi di Stato - nella polveriera Sahel. Forse vale la pena andare oltre “l'Hi*ler africano” per capire cosa succede nel continente che, prima o poi, nel bene e nel male, deciderà davvero le sorti del mondo.