Impeccabile. Jannik Sinner a Torino non ha perso nemmeno un set. L’ultimo atto delle Atp Finals poteva essere solo contro Carlos Alcaraz: due set a zero, pur con percentuali sulla prima di servizio nella seconda parte del match per nulla eccellenti. È ancora lui il Maestro. Di nuovo: impeccabile. Sinner è nato a San Candido, provincia autonoma di Bolzano, una zona spesso vista come differente dal resto d’Italia per cultura, tradizione e lingua. Di certo Jannik non è paradigmatico del “tipo ideale” dell’uomo della Penisola. Bianchissimo, capelli rossi, “erre” germanica, meno focoso e passionale di “noi”, estraneo alla polemica (quando può), pronto a decisioni impopolari e ad affrontarne, con serenità, le conseguenze. Si veda il caso del rifiuto della Coppa Davis, su cui qualcosa ci sarebbe comunque da ridire. La cittadinanza a Montecarlo, però, è ciò che scatena le maggiori energie negative. Tu quoque, Sinner, paghi le tasse altrove. Ecco, il miglior atleta italiano contemporaneo, uno dei più grandi di sempre (a soli 24 anni), sembra decisamente poco italiano. In questi anni in qui Jannik è diventato leggenda si è detto più volte. Ma dopo ogni suo successo riparte la tiritera sul successo che è anche “un po’ di tutta l’Italia”. Lo dicono anche persone che fino al secondo prima dubitavano della purezza del suo spirito, più orientato verso le Alpi che a Sud. Italiano ma non troppo, o solo quando vince. E non è nemmeno l’unico caso.
L’estate 2025 per l’Italia della pallavolo è storica. La Nazionale femminile ha vinto il Mondiale, un anno dopo l’oro delle Olimpiadi di Parigi. Una squadra composta da Paola Egonu, tra le migliori giocatrici del mondo, anni fa definita “somaticamente” non italiana da Roberto Vannacci: “Una persona che ha i tratti somatici tipici del centro Africa, e che quindi ha la pelle nera, non rappresenta la stragrande maggioranza degli italiani, che invece sono di pelle bianca”. Insomma, a partire da una media estetica fatta da Vannacci (che per tratti somatici avrebbe poco da spartire con Sinner, per esempio), Egonu sarebbe (questo è il sottotesto) meno italiana di lui. E avrà fatto “i salti di gioia” Matteo Salvini dopo aver visto Myriam Sylla cantare l’inno. Il 17 settembre Mattia Furlani vince l’oro nel salto in lungo: è lui il migliore con la misura di 8,39 metri. Anche lui, però, è portatore di tratti poco italiani: Vannacci si è perso un’occasione? Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo è stato incoronato uomo più veloce del mondo: madre italiana, padre texano, nato a El Paso. La mitologia della destra evocata nel secolo scorso e che prosegue fino a oggi, radicata in concetti come la purezza e l'appartenenza priva di ambiguità, ha ormai delle crepe insanabili. L’Italia tutta festeggia i suoi numeri uno, le campionesse, gli ori e i record. Festeggia cantando l’inno mentre la bandiera tricolore sale in cielo. I colori del nostro vessillo sono chiari e distinti. Quelli dell’italiano medio pure, secondo alcuni. Peccato che a vincere, ultimamente, siano spesso i “non-italiani”.