Alle elezioni americane nel 2024, se Donald Trump non dovesse ripresentarsi ma vincessero ugualmente i Repubblicani, gli Stati Uniti potrebbero avere alla Casa Bianca un presidente dichiaratamente no-vax. Il suo nome è Ron De Santis, confermato governatore della Florida dal voto di midterm da cui è uscito come il solo vero vincitore di destra. Il suo Stato è l’unico, infatti, in cui i Democratici le hanno buscate di brutto: De Santis ha umiliato lo sfidante Charlie Crist con il 59,4% contro 39,9%. “Abbiamo riscritto la mappa politica”, ha commentato a caldo il 44enne italo-americano di origini irpine, laurea ad Harvard e Yale, sposato con la splendida ex conduttrice televisiva Casey Black. Può ben dirlo: la linea da lui assunta nella gestione del Covid è stata forse, in Occidente, Svezia a parte, la più estrema nel rifiutare le restrizioni adottate, sia pur obtorto collo, dallo stesso Trump. La Florida “era un rifugio di sanità mentale quando il mondo è impazzito”, ha difatti rimarcato. Espugnando storiche roccaforti di sinistra come Palm Beach e Miami-Dade, De Santis ora è ottimamente posizionato nel Gop (Grand Old Party) per tagliare la strada a The Donald, in difficoltà sul fronte giudiziario, che non a caso ha dileggiato il rivale chiamandolo “Ron De Sanctimonious”, nonché minacciando di rivelare “cose non molto lusinghiere” sul suo conto.
Chissà cosa farà fra due anni l’endorser filo-repubblicano più eccellente di questa tornata elettorale, Elon Musk: se sceglierà di appoggiare De Santis, come aveva già detto, oppure se cambierà idea. Musk, da poco proprietario di Twitter, è da sempre un presenzialista in politica, non mancando quasi mai di dire la sua, generalmente con “l’idea naif” di “credere che la compensazione tra i diversi organi del potere americano porti a un bilanciamento” (Federico Ferrazza, direttore di Wired, L’Identità 9 novembre). Quindi, se alla presidenza oggi c’è Biden, un Democratico, allora andavano votati i Repubblicani. Ma con Twitter da rilanciare, sosterrà davvero alle presidenziali uno che ha vietato le mascherine, non ha attuato i lockdown e si è apertamente schierato, e con tanto di multe, contro l’obbligo di vaccini? O che - giusto per farne capire l’orientamento anti-cultura woke - ha proibito agli educatori esterni di parlare di tematiche Lgbtq nelle scuole statali? Converrà, a Musk che vanta d’essere un visionario futurista (che, specie negli Usa, significa progressista, liberal, noi diremmo de sinistra), collocarsi così a destra?
“Proteggeremo i posti di lavoro in Florida. Non lasceremo che le persone vengano licenziate a causa di un mandato di vaccino, è fondamentalmente una scelta personale riguardo alla loro salute personale”, anche perché Pfizer e Moderna “ci hanno mentito sulle iniezioni mRna. Ci hanno detto: ‘Se lo prendete, non prenderete il Covid’. Questo è falso. Non è vero. E continuano a dire, anche ora che le prove sono così schiaccianti. Non solo non è vero, ma le persone che hanno fatto più richiami sono sicuramente a rischio di contrarre la malattia. Non c’è dubbio”. Già, non c’è proprio dubbio su come la pensi De Santis a proposito del coronavirus. In Italia un De Santis non c’è. O meglio: qualcuno avrebbe voluto ottenere un’affermazione paragonabile, fatte le debite differenze, nelle elezioni politiche del 25 settembre scorso. Ma da noi le proteste contro quarantene, profilassi e obbligatorietà vaccinale non hanno prodotto poi alcun risultato degno di nota. I movimenti buttati nel calderone sotto l’etichetta No Vax (a volte sbrigativamente o erroneamente, visto che non tutti contestavano la vaccinazione in sé, ma solo l’imposizione per poter lavorare, cioè il Greenpass) hanno raccolto percentuali da albumina, confinate fuori dal parlamento. Evidentemente, il dissenso medio ha preferito l’astensione, non casualmente schizzata al suo picco storico (quasi il 40%).
Ma facciamo il gioco dell’Improbabile, per puro divertissement. Se volessimo immaginare una maggioranza vittoriosa di forze e di personalità che in questi anni hanno attaccato e criticato il “metodo Speranza”, fra i più restrittivi in Occidente, quale potrebbe essere la composizione del governo ideale che ne sortirebbe? Proviamo.
Ministro dell’Interno – Giorgio Bianchi, reporter, di recente visitato dai carabinieri in albergo senza specifico motivo. In alternativa ci sarebbe anche Nunzia Schilirò, la pasionaria ex vice questore licenziata per le sue posizioni no-Green pass.
Ministro della Giustizia – Antonio Ingroia, ex toga antimafia, oggi avvocato, antitesi vivente dell’attuale ministro Carlo Nordio.
Ministro del Lavoro – Mario Adinolfi (Popolo della Famiglia), così da testare la fattibilità della sua idea di reddito di maternità, 1000 euro mensili alla mamma che alla nascita di un figlio si dedichi esclusivamente alla famiglia.
Ministro dell’Economia – Gianluigi Paragone, leader di Italexit (ruolo di primo piano per lui che le sue migliori cose le ha fatte, ma da giornalista, sullo scabroso tema della finanza).
Ministro della Sanità – Giovanni Frajese, endocrinologo che avrebbe puntato sugli anti-infiammatori e non sui vaccini (“non ci sto a essere considerato terrapiattista”).
Ministro dell’Università – Andrea Zhok, filosofo radicalmente anti-liberale e anti-liberista (più alternativo di così…).
Ministro della Cultura – Diego Fusaro, marxiano non marxista e prolifico autore di pregevoli libri, benché negli anni persosi nel contemplare il proprio specchio.
Ministro degli Esteri – Marco Rizzo, comunista stalinista di lungo corso (con la Russia che dovrà prima o poi negoziare, tornerebbe comodo, chissà).
Ministro della Difesa – Paolo Sceusa, ex magistrato, organizzatore della “Marce della Libertà” (definendosi gandhiano, anche lui non sarebbe male, per andar controcorrente).
Ministro delle Comunicazioni – Carlo Freccero, vulcanico situazionista (regalerebbe senz’altro soddisfazioni, specie alla Rai).
Ministro dei Trasporti – Stefano Puzzer, portavoce-simbolo dei portuali di Trieste (così non potrebbero accusarlo di incompetenza).
Ministero dell’Ambiente – Sara Cunial, ex grillina che ha fondato l’onnicomprensivo “Vita” (e che non glielo vogliamo dare, un ministero, a chi ha battuto in numero di voti, controllate pure, l’ex ministro Giggino Di Maio?).
I posti-chiave sono occupati. Manca la casella più importante: la Presidenza del Consiglio. Ma lasciamo fare all’immaginazione dei lettori. Tanto, si fa per giocare. Come diceva quel serioso di Sigmund Freud, "il contrario del gioco non è ciò che è serio, è ciò che è reale".