Lo stadio e il calcio non sono nulla senza l’amore dei tifosi e non è giusto che a pagare siano anche persone che non hanno commesso nessun crimine. La curva è il pilastro dell’Inter e del Milan, al di là dei colori, al di là dell’appartenenza, perché di appartenenza ce ne è una sola: il calcio. E il calcio è sfottò, sono coreografia, striscioni che si rispondono, è il boato che accompagna il gol di Lautaro se lo vivi dalla Nord, è quel coro che ti rimane addosso per giorni, è cantare a squarciagola dopo una vittoria, dopo uno scudetto, dopo che si gonfia la rete. Sono gli uomini che animano le piazze, che muovono passioni, e no non sono tutti criminali. Ecco perché questa sarà una delle Serie A più tristi della storia. E forse qualcuno dovrebbe finalmente cambiare idea, perché chi ha preso questa decisione evidentemente non sa cosa sia il calcio, non ama il calcio e non ha capito il suo DNA. O meglio, è ancorata banalmente alla becera, arida e triste logica del profitto, senza rendersi conto che stanno svendendo la nostra anima. Perché in quei cori ci siamo anche noi. Perché in quelle bandiere noi ci identifichiamo. Perché grazie alla loro spinta che dopo un gol lo stadio trema.

Per cui sì, la Serie A riparte, ma l’avvio di Inter e Milan sarà segnato da un’anomalia evidente sugli spalti: curve ridotte al silenzio, niente cori, niente striscioni. Sul fronte rossonero, la contestazione nasce dalle restrizioni imposte dalla società. Il Milan ha introdotto un sistema di autorizzazione preventiva per gli striscioni: il risultato è che molti volti storici non hanno ottenuto il via libera. Diversi componenti della Curva Sud, anche dirigenti, sono stati inseriti in una blacklist che impedisce loro l’abbonamento nel settore. Una misura che i gruppi considerano repressione. Marco “Pacio” Pacini, storico esponente della Sud, a Sportitalia ha parlato di follia: “Oggi sono permessi solo cinque striscioni. ‘Fossa dei Leoni’ vietata, ‘Brigate Rossonere’ vietate, persino la bandiera di Kilpin e quella di Baresi”. Un impoverimento che colpisce simboli, tradizioni e identità. In casa Inter la situazione non è diversa. La Curva Nord ha deciso di non entrare allo stadio: nessun coro, nessuno striscione, ultras fuori dal Meazza. La presa di posizione sarà ufficializzata con un comunicato il 25 agosto, ma la scelta è già chiara. Anche qui la motivazione è legata alle blacklist, con diversi nomi esclusi dalla campagna abbonamenti. E non basta: la Questura avrebbe già predisposto l’identificazione dei tifosi che resteranno fuori a protestare, con la possibilità di allargare ulteriormente la lista dei banditi. Il clima è complicato: già dallo scorso anno erano stati vietati striscioni storici del primo anello verde (“Old Fans”, “Viking”, “Brigata”, “Boys”), a cui ora si aggiunge il blocco delle bandiere.

La società ha scelto il silenzio legale, senza rispondere ai rappresentanti della Nord, a differenza del Milan che almeno ha motivato ufficialmente le esclusioni. Il risultato? San Siro rischia di trasformarsi in un campo neutro: Inter e Milan giocheranno in casa senza il tifo delle loro curve. Una Serie A che si apre in un clima surreale, lontano dall’essenza del calcio italiano, che senza la voce dei suoi tifosi non è più la stessa cosa.