Chi ha paura degli ultras? Sicuramente Inter e Milan. Ma non solo. Perché le blacklist e la durezza della repressione denunciata dai membri delle curve non possono essere solo una questione che riguarda le due società di Milano. Infatti, sono state evocate ragioni di ordine pubblico, di incitamento all’odio e alla violenza. Gli ultimi a esser stati raggiunti dal provvedimento sono Marco “Pacio” Pacini e Giancarlo Capelli, il “Barone”. Pacini è uno dei capi ultrà rossoneri che nell’ultimo periodo sono stati più attivi e che in occasione delle sentenze del Tribunale di Milano nel processo Doppia Curva si è confrontato faccia a faccia con i giornalisti, leggendo un comunicato e spiegando la posizione degli ultras in merito alle accuse che pesavano sui suoi compagni di transenna. Anche lui, però, ora è persona “non gradita” a San Siro. Pacio ha pubblicato su Instagram la notifica della sua esclusione dal Secondo Anello Blu per la prossima stagione: “Dopo 26 anni in Curva Sud, dopo migliaia di chilometri percorsi, dopo migliaia di cori lanciati in ogni stadio, dopo migliaia di ore di ferie prese per seguire il Milan, dopo migliaia di euro spesi per esserci ovunque, dopo centinaia di coreografie realizzate con i ragazzi del gruppo coreo, dopo tutto questo mi ritrovo tra le mani questa gentile lettera di ‘ringraziamento’”. E ancora, sempre nel post: “Oggi però siamo di fronte ad una manovra vigliacca che colpisce anche la mia famiglia in maniera subdola e che cavalca il periodo storico nell’intento di eliminare l’unica parte vera, viscerale, passionale che è il tifoso che segue ovunque la squadra e la sostiene, per favorire l’ingresso di clienti e turisti da ogni dove, e non si può più fare finta di nulla e andare avanti come è sempre stato”. Sulla questione dei turisti allo stadio da parte degli ultras c’è un larghissimo consenso, lo hanno detto anche i leader della curva Nord, in primis Nino Ciccarelli dei Viking. Rimanendo però sulle questioni legali: quali sono le contestazioni della società che hanno legittimato l’esclusione di Pacini? E queste sono comunque sufficienti ad escludere un ultras (non indagato) con 26 anni di tifo alle spalle per un’intera stagione, o quantomeno a precludergli l'acquisto dell'abbonamento per il Secondo Anello Blu? Il fatto che questo provvedimento sia stato preso dopo una protesta è compatibile con la libertà di associazione stabilita dall’articolo 18 della Costituzione?

I reati degli ultras
Una premessa è d’obbligo. Non si tratta di giustificare la condotta degli ex vertici della curva Sud. Luca Lucci, Islam Hagag, Fabiano Capuzzo e gli altri sono stati condannati in primo grado per reati gravi e ingiustificabili, come l’associazione a delinquere, e per aver messo in piedi un business criminale sfruttando la curva. Lucci, poi, è stato accusato di essere il mandante del tentato omicidio di Enzo Anghinelli, il cui esecutore materiale è nell’ipotesi degli inquirenti Daniele Cataldo. Se le condanne verranno confermate anche nei prossimi gradi di giudizio gli ultras dovranno pagare. Su questo non ci sono dubbi, lo abbiamo scritto e lo ribadiamo. Qui, però, la questione è un’altra: i provvedimenti presi nei loro confronti giustificano il trattamento delle società nei confronti del resto della curva?

La notifica del Milan a Pacini
Leggiamo il testo della comunicazione fatta dal club a Pacini: il Milan “comunica di aver ricevuto dalle Forze dell'Ordine una segnalazione relativa alla gara di Coppa Italia Milan vs Bologna del 14 maggio 2025. Nella predetta segnalazione, le Forze dell'Ordine hanno rilevato che il sig. Marco Pacini, nato il 3 gennaio 1986, a Milano, mentre si trovava presso lo Stadio per assistere all'Evento, si è reso responsabile di ‘posizionarsi alla testa del corteo che sorreggeva lo striscione ULTRAS LIBERI’ mostrando adesione ai comportamenti delle persone imputate e poi condannate per associazione a delinquere, riconosciuta dall'autorità giudiziaria”. Il solo fatto di essere stato in prima fila alla manifestazione e di aver esposto uno striscione costituisce, per il Milan, un motivo sufficiente a escludere Pacio dalla campagna abbonamenti e dal Secondo Anello. “Inoltre”, prosegue la nota, “in occasione della gara di Serie A Milan vs Monza del 24 maggio 2025, il Tifoso partecipava attivamente e si rendeva promotore della contestazione durante la quale venivano scandite invettive nei confronti dei rappresentanti della Società e veniva contestata la posizione di Milan nel procedimento che ha visto gli imputati condannati per associazione a delinquere”. Di nuovo: il problema è la protesta, l’attacco nei confronti della dirigenza, peraltro fatto sulla base di un sostegno a persone trattenute in carcere per accuse a vario titolo. Simili motivazioni sono state comunicate anche alla moglie di Pacini, a cui viene contestata la partecipazione al presidio del 17 giugno fuori dal Tribunale (cosa che invece non appare, stranamente, nella lettera a Pacini, dato che anche lui era presente), e a Giancarlo Capelli.
L’interpretazione del Milan e il codice di condotta
Il Milan spiega la decisione citando il “Codice di regolamentazione della cessione dei titoli d’accesso alle manifestazioni calcistiche”. Le azioni di Pacini violerebbero l’art.6, lettera j, che vieta “ogni forma di violenza fisica e verbale”, e lo stesso articolo, lettera k, ai sensi del quale è espressamente vietata “ogni forma di incitamento all’odio e alla violenza”. Per quanto riguarda la violenza fisica, non sembra esserci stato nessuno scontro con la polizia in nessuna delle due occasioni citate – né tantomeno nella protesta davanti all'Aula Bunker di San Vittore. Anzi, proprio per evitare che la protesta del 24 maggio venisse strumentalizzata gli ultrà della Sud avevano preventivamente fatto questo annuncio: “Si dovrà parlare solo della nostra protesta civile e di nient’altro, non diamo motivo alla stampa, al Milan, alle istituzioni di parlare d’altro”. Dunque rimane solo la “violenza verbale”, evidentemente quella relativa ai toni della curva riservati alla proprietà e a Gerry Cardinale (verso di lui sono stati tantissimi i messaggi social “Cardinale Out” pubblicati dai tifosi negli ultimi giorni). In più, c’è la questione del sostegno a persone incarcerate: schierarsi a loro favore significa promuovere atti violenti? Qui entra in gioco l’interpretazione. Anche perché lo hanno detto gli stessi ultras il 17 giugno: la violenza, quando è verificata, è da condannare. I toni sicuramente erano da piazza - da ultras – ma la durezza di questo provvedimento si fonda su elementi ulteriori. Per l’art. 9 e 10 del Codice di regolamentazione, infatti, oltre all’esame della Commissione nominata dal Milan, si può agire in seguito alle segnalazioni delle Forze dell’Ordine. C’è qui un passaggio che rimane incerto: la sanzione prevista (specificata nella lettera invita a Pacini) è di “Sospensione di gradimento” per tre partite. Poi, in chiusura, si scrive che in ragione della condotta di Pacini, “nonché delle segnalazioni pervenute dalle Forze dell’Ordine, non potrà acquistare l’abbonamento per la stagione 2025/26”, in virtù di “finalità connesse alla tutela dell’ordine pubblico”.

Nella nota il Milan parla di generiche “segnalazioni” delle Forze dell’Ordine, tanto che Pacini, nel post, scrive: “Mi piacerebbe leggere l’informativa delle forze dell’ordine (se esiste!), dove mia moglie ‘teneva comportamenti contro l’ordine pubblico’”. Non si parla di comportamenti specifici. A cosa è dovuto il passaggio da tre giornate di sospensione a un’intera stagione di allontanamento? C’è forse qualcosa che non è ancora stato comunicato all’ultrà del Milan? Considerando la protesta, che per quanto dura e con toni aggressivi, non può essere valutata come violenta, la domanda rimane in sospeso. E invece, a proposito dell’incitamento alla violenza: basta la manifestazione del sostegno a persone in carcere – che a maggio non erano ancora condannate – per considerare quel corteo e i cori come incitamento ad atti violenti? La Costituzione, negli articoli 18 e 21, tutela la “libertà di associazione” e la “libertà di espressione”. Due valori che in questa vicenda di ultras sono stati evocati varie volte. Ma le sanzioni applicate dal Milan rispettano davvero il principio di proporzionalità tra misura adottata e gravità dei comportamenti contestati?
