“Vicende private”: così i Banditi della curva Sud avevano definito i fatti riguardanti i loro leader ora agli arresti. Ciò che accade fuori San Siro, sembrano dire gli ultrà nel comunicato, non ci interessa. Eppure continuano a spuntare fatti di cronaca che li vedono coinvolti. Enzo Anghinelli, anche lui uomo di curva, è sopravvissuto a un tentativo di omicidio avvenuto il 12 aprile del 2019. Il presunto autore dell’aggressione, Daniele Cataldo, è stato arrestato. “Finalmente li hanno presi ‘sti maledetti”, ha detto Anghinelli durante un incontro con Klaus Davi. Quest’ultimo, poi, chiede conferma: “Ma è stato Cataldo?”. “Certo”, risponde l’altro, che aggiunge: “Hanno anche aperto le indagini, poi da quello che si dice, se tu leggi l’ordinanza, si capisce bene”. Il riferimento è alle carte della procura che hanno azzerato le curve di San Siro. I membri della Nord e della Sud, prosegue Anghinelli, “parlano molto di me”. “Sapevo che c’era dietro Luca Lucci. Perché mi hanno picchiato allo stadio e dopo 20 giorni mi hanno sparato. Uno più uno fa due”. L’esito matematico di una questione interna al gruppo rossonero, che qualcuno voleva risolvere con un omicidio. Nel corso della conversazione con Davi, l’ultrà ha parlato anche del suo passato nella tifoseria del Milan: “Non è che ero un capo, avevo un gruppo, noi ci facevamo i cavoli nostri, non ho mai fatto un reato allo stadio. Io e i miei compagni ne abbiamo combinate tante fuori dallo stadio e le ho pagate tutte giustamente, perché la droga è una mer*a, rovina i ragazzi”. E infatti ha chiarito di non aver più niente a che fare con il narcotraffico.
Anghinelli ha anche detto la sua su Andrea Beretta, in carcere per aver ucciso Antonio Bellocco il 4 settembre con ventuno coltellate: “Era un tirchio di mer*a. Faceva il parcheggiatore di macchine quando aveva 20 anni e poi si è ritrovato a fare il capo della curva, è fuori di testa. Secondo me si pentirà. Per me gli conviene pentirsi, gli conviene dire tutto quello che sa, anche se sa qualcosa di Vittorio Boiocchi, quello che hanno ucciso”. L’ipotesi del pentimento, tra l’altro, era stata evocata anche dallo stesso Klaus Davi in questa intervista. E l’ultrà conferma che dietro ai business di San Siro ci sarebbe la ‘ndrangheta: “Comandano i calabresi a Milano? Così dicono”. Al di là della cronaca e delle parole di Anghinelli, però, questa vicenda fa sorgere alcuni dubbi, molti dei quali avevamo già esposto in questo articolo: davvero le situazioni in cui i leader della Sud sono coinvolti possono definirsi “affari privati”, slegati da ciò che riguarda la vita della curva? Nel comunicato dei Banditi emergeva chiaramente la volontà di non rompere con il passato. “Quei ragazzi” come Luca Lucci, Christian Rosiello, Islam Hagag sono ancora tifosi, rimangono coloro che hanno permesso alla Sud di rialzarsi dopo anni bui. Nessuna presa di distanza, quindi. Un atteggiamento opposto rispetto a quello manifestato dalla Nord (qui l’articolo sul comunicato del Secondo Anello Verde). Nemmeno quando a essere aggredito è uno di loro, un ultrà, le vicende “private” diventano un affare della curva? Davvero possono negare che l’economia che regola la Sud dipenda anche da questo genere di azioni criminali? Gli alti valori morali che appartengono al tifo organizzato, in questi casi, non sembrano trovare spazio. E c’è dell’altro da tenere in considerazione.
Venerdì 5 aprile i capi ultrà del Milan sono schierati. Ci sono tutti: Francesco Lucci, fratello di Luca, Hagag, Rosiello, Fabiano Capuzzo, Alessandro Sticco e Manuel Pezzoli, detto “La montagna”. Quest’ultimo entra in un bar a Motta Visconti per uscirne poco dopo con G.L., un uomo di trent’anni, che viene picchiato in strada. Qualcuno riprende l’aggressione senza fare nulla. La questione non riguarda direttamente G.L., ma è legata all’amico F.T., pregiudicato a cui il cognato di Sticco dovrebbe dei soldi (10mila euro). Come ricorda il Corriere, la macchina con cui Hagag è arrivato sul posto è intestata a Domenico Papalia, figlio di Antonio, una delle figure più potenti della ‘ndrangheta lombarda. Forse il più potente. L’amico di Fedez, tra l’altro, grazie alla sua compagna, si sarebbe ormai inserito all’interno del clan Barbaro, che da più di quarant’anni è presente in Lombardia e a Milano. Non basta tutto questo ai membri della curva Sud per distanziarsi da ciò che facevano i loro ex leader? Se è pur vero che la giustizia deve arrivare solo dopo tre gradi di giudizio, possono i Banditi dire di non essere a conoscenza di ciò che succedeva nel sottosuolo criminale milanese? E quella definizione, “vicende private”, sembra sempre meno appropriata.