Se i giornali, le televisioni e tutti i media (inclusi i social) pensano una cosa, sicuramente Jeremy Clarkson pensa il contrario; e, fortunatamente, la sua idea le esprime urlando, o scrivendo degli irriverenti e sottili editoriali sui maggiori quotidiani britannici. Come l’ultimo pubblicato su The Sun, in cui il volto iconico di Top Gear, ha toccato molti tasti (alcuni anche molto critici) dell’attualità. Dal terrorismo ai motori, dal mercato delle auto delle celebrità alla Thatcher, passando anche per il Super Bowl Nfl e l’ambientalismo. Una full immersion nel sacro pensiero clarksoniano. Fatto della settimana (in Uk): durante delle manifestazioni pro Palestina, tre ragazze di 26,27 e 29 anni si sono presentate con dei simboli inneggianti all’attacco di Hamas del 7 ottobre, affissi sui loro cappotti. Le giovani sono state poi accusate di terrorismo, anche se, secondo Clarkson, basta solamente “ignorarle”. D’altronde, scrive Jeremy, “presentarsi in pubblico con il simbolo di quell’orrendo attacco di Hamas contro Israele sul proprio cappotto è sicuramente stupido. È anche provocatorio, inappropriato, offensivo e disgustoso. Ma in quale mondo può essere classificato come ‘terrorismo’?”. Per sostenere la sua tesi, Jezza prende in mano il vocabolario e cita la definizione del termine terrorismo, e poi attacca: “Ho una maglietta di Che Guevara e sulla mia scrivania una fotografia di quando ho preso il tè con Nelson Mandela. Ho anche guardato Star Wars e ho fatto il tifo per Luke Skywalker, un uomo che aveva decisamente tendenze terroristiche. Ma a volte, questo argomento semplicemente non regge.A volte, un terrorista è semplicemente un terrorista”. Quindi cosa bisogna fare con le tre donne? “Sono soltanto delle idiote - il commento di Clarkson - [...] Saranno considerate delle eroine della sinistra”. Insomma, termina Jeremy, “sarebbe stato molto meglio semplicemente ignorarle”. Ma il racconto politico a firma di Jezza non è finito qui…
Sotto accusa anche la realtà attuale della Gran Bretagna, che ricorda tanto i difficili anni ’70; con “l’immondizia ammucchiata per le strade. Gli operai dell’auto in sciopero. I minatori in sciopero. I metalmeccanici in sciopero. Bombe che esplodono da sinistra a destra e al centro. La disoccupazione alle stelle”. Adesso, continua il conduttore della versione british di Chi vuol essere milionario?, “molte cose che prima funzionavano perfettamente non funzionano più”. Ma allora qual è la differenza tra oggi e quarant’anni fa? “Avevamo speranza - scrive Jeremy -. Avevamo il senso dell’orientamento. Sapevamo dove volevamo andare. Tutto veniva privatizzato, alla gente veniva concesso il diritto di acquistare le proprie case popolari e i piantagrane venivano rinchiusi. In breve, avevamo la Thatcher”. Politica a parte, la scorsa domenica c’è stato il Super Bowl della Nfl, l’evento sportivo più importante negli Usa; beh, semplicemente “qualcosa di indecifrabile per nove decimi del pianeta”, commenta Jezza, che poi chiude così la questione: “Preferisco guardare il cricket”. Dai campi verdi del football americano, ai circuiti di Formula 1, solamente per raccontare il pazzo mondo del mercato delle auto appartenute alle celebrità: "Sono rimasto un po’ incuriosito nel leggere questa settimana che qualcuno ha speso 130.000 sterline (152.000 euro, ndr) per una vecchia e schifosa Ford Bronco perché una volta apparteneva a Jenson Button (campione del mondo di F1 nel 2009, ndr). E adesso - continua e conclude Jeremy - l’acquirente si arrabbia, sostenendo che in realtà (l’auto, ndr) apparteneva alla moglie di Jenson, Brittny Ward. Ma importa davvero? Perché dovresti pagare un prezzo così alto per una vettura solo perché una volta apparteneva a qualcuno famoso, mi è incomprensibile. Ma non così incomprensibile come quando qualche anno fa in cui qualcuno mi chiamò e mi chiese di pagare molto di più per una Ford Escort Cosworth, perché una volta era appartenuta a me”.