Questa Europa di guerre e monete sembra aver dimenticato le sue radici. Le parole di Tiziano Terzani in Lettere contro la guerra risuonano ancora con una verità sconvolgente: “La guerra è la sconfitta della ragione e dell’umanità. Sempre.” In un mondo che cerca disperatamente un ordine nuovo, ci ritroviamo a celebrare l’Europa con manifestazioni e bandiere in Piazza del Popolo, richiamando nostalgicamente il Manifesto di Ventotene, ma dimenticando che il sogno di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni non era una Pan-Europa armata, bensì un’Europa libera e unita. Era il 1941 quando il Manifesto di Ventotene si affacciava alla storia, sfidando il buio della guerra con l'ideale di un continente fondato sulla cooperazione e sull’unità politica. Per un'Europa libera e unita, proclamavano i tre autori. Non c’era traccia di eserciti o arsenali se non come conseguenza finale; c’era invece la visione kantiana di una pace perpetua, il sogno di una sovranità condivisa che superasse i nazionalismi devastanti del Novecento. Ma oggi? Oggi l’idea di un esercito europeo sembra più vicina al progetto di Pan-Europa di Kalergi che non all’utopia kantiana. La pace si costruisce con la cultura o con le armi? L'Europa di Ventotene avrebbe scelto senza esitazione la prima.

Gli 800 miliardi di euro stanziati per la difesa fanno riflettere. Perché non investirli nella creazione di una cultura comune, nella costruzione di un linguaggio condiviso (ve lo ricordate l'Esperanto?) o in un capitale simbolico che unisca i popoli europei? Prima di essere un progetto economico o militare, l’Europa doveva essere un progetto culturale. Ma davvero possiamo credere che gli interessi italiani siano gli stessi di quelli lituani? Che ci sia un destino condiviso tra chi vive sotto il sole del Mediterraneo e chi affronta i rigori del Baltico? Una cultura comune non nasce dalle uniformi, ma dal dialogo, dallo scambio, dalla volontà di capirsi. E poi c’è il tema cruciale della sovranità. L’Europa di oggi sembra voler imporre una sovranità sovra-nazionale che spesso bypassa le volontà dei singoli Stati. Ma chi governa questa metanazione? Il caso di Emmanuel Macron è emblematico: mentre parla di un’Europa che si protegge con uno scudo comune, la gestione del nucleare resta saldamente nelle mani della Francia. Come si può cedere sovranità nazionale senza trasparenza, senza un progetto chiaro che metta al centro l’unità e non solo gli interessi dei più forti? Forse, allora, l'Europa non ha bisogno di più eserciti. Ha bisogno di più Ventotene. Ha bisogno di ritrovare il senso profondo del suo progetto originario: un’unità costruita non sulla forza, ma sulla cultura, sulla capacità di condividere un destino comune che si fondi sul rispetto delle diversità. Kant ci aveva indicato la strada: la pace è possibile solo attraverso la comprensione reciproca e l'educazione. E questa è la vera difesa dell'Europa. Oggi più che mai servirebbe una nuova lettera contro la guerra. Una lettera che si opponga non solo ai conflitti armati, ma anche alle guerre invisibili che ci dividono: quelle economiche, culturali, politiche. Una lettera che dica a gran voce che l'Europa non si difende con le armi, ma con il dialogo, con la giustizia, con la volontà di essere un continente unito non dalla paura, ma dalla speranza. Come scriveva Terzani, “È nella pace che sta la vera rivoluzione”. E l’Europa deve scegliere di essere rivoluzionaria.
