Più passano i giorni, e più emergono nuovi dettagli e nomi coinvolti nello scandalo Qatargate che sta travolgendo i socialisti europei. L’indagine avviata dalla magistratura di Bruxelles sta facendo emergere come personalità di spicco dentro al Parlamento europeo abbiano ricevuto ingenti quantità di denaro - rigorosamente in contanti - o regali con lo scopo di «influenzare le decisioni del Parlamento europeo» in favore dell'emirato del Golfo. Una vicenda che promette di avere pesanti ripercussioni sul piano politico, in attesa che la giustizia faccia il suo corso. Ne abbiamo parlato con Carlo Marsili, già consigliere diplomatico aggiunto dei Presidenti del Consiglio dei Ministri De Mita, Andreotti, Amato e Ciampi dal 1988 al 1993 ed ex ambasciatore d’Italia in Turchia dal 2 febbraio 2004 all’11 giugno 2010 (la più lunga missione di un ambasciatore italiano ad Ankara). Perché proprio con lui? Perché, oltre alla vicenda giudiziaria, occorre comprendere le implicazioni geopolitiche del caso. E in secondo luogo perché il piccolo ma ricco e influente stato del Golfo ha stabilito una solida partnership strategica proprio con il governo turco, di cui Marsili è profondo conoscitore.
Ambasciatore Marsili, lei che è un uomo delle istituzioni, con lo scandalo Qatargate l’Ue si è dimostrata permeabile a fenomeni di corruzione? Che idea si è fatto di questa vicenda?
Un’idea molto fastidiosa. Fino a questo momento, l’Unione europea si era fatta guardiana di certe posizioni politicamente corrette. Ora ci troviamo dinanzi a un fatto abbastanza ovvio. Cioè che alcuni personaggi, che nella fattispecie fanno parte di quest’istituzione, risulterebbero essere corrotti. La cosa potrebbe non essere straordinaria perché tutto sommato di episodi di corruzione ne abbiamo visti a centinaia nel nostro passato. Potrebbe non essere fastidiosa, tuttavia, se non colpisse un’istituzione che aveva fatto del politicamente corretto una sua bandiera; e se non riguardasse, come sembra da quello che è emerso ad oggi, degli eurodeputati di sinistra, anche loro sempre i primi della classe a dirci sempre cosa bisogna fare e cosa no e che si sarebbero resi responsabili di alcuni fatti particolarmente gravi. Io da tutto questo ne traggo un insegnamento.
Quale?
Chi fa da maestro, se lo è veramente, allora lo deve essere sempre. Se però se si fa prendere con le pive nel sacco, allora è peggio degli altri.
Bruxelles è terreno fertile per lobby e Ong. C’è un problema di trasparenza o di policy nell’Ue?
Un problema di trasparenza e di policy a livello europeo certamente c’è. La questione delle lobby è stata affrontata meglio negli Stati Uniti, dove l’attività di lobbying è legale purché rispetti determinati criteri. In Europa è meno chiara questa posizione. Già sulle lobby c’è tutto sommato l’idea che esercitino una politica negativa, anche se non è sempre così. La lobby è negativa nel momento in cui non c’è chiarezza in quello che che fa. Lo stesso vale per le Ong, ma in questo caso la questione è ancora più grave. Anche qui per motivi legati alla politica della sinistra. Sembra infatti che le Ong godano di una certa santità e che possano fare ciò che vogliono perché sono persone che si sacrificano per gli altri. Non è vero, non c’è nessuna santità.
Perché?
Non è detto che svolgano un’attività benefica o positiva. Lo fanno qualche volta. Ma qualche volta no. Talvolta, addirittura, svolgono un’attività pessima. Ma vanno regolate. Non è perché sono legate a personaggi potenti nell’ambito della finanza internazionale, che debbano essere considerate sante. Ci vuole una visione chiara, corretta e un’applicazione della legge. Mi auguro che in Italia ci sia una presa di coscienza su questo e che il Ministro dell’Interno e il Ministro della Giustizia, vadano avanti in tal senso.
Negli ultimi giorni, il Qatar ha attaccato l'Unione europea: le misure anticorruzione adottate dall'Ue in relazione al cosiddetto Qatargate, ha fatto sapere Doha, avranno un impatto «negativo» sulle relazioni con Bruxelles. In buona sostanza, l’emirato ci ricatta sul gas. Può essere ritenuto un partner affidabile, dal punto di vista diplomatico?
Il Qatar deve essere considerato un partner. Punto. La politica internazionale ci insegna che dobbiamo trattare con tutti. Nel momento in cui noi limitiamo le nostre relazioni o il nostro partneraiato con Paesi che reputiamo non puri e non democratici, limitiamo di gran lunga il nostro campo d’azione. O meglio, non possiamo proprio agire. Dobbiamo renderci conto che nella politica internazionale occorre dialogare con tutti. Naturalmente, non si tratta di trattare alle condizioni che determinati Paesi vorrebbero imporci. Anche in quel caso si tratta di portare avanti un negoziato, vedere fino a che punto si può arrivare e quando si può cedere. Dire però, a questo punto, che il Qatar non deve essere più un partner, mi sembra una cosa impossibile. È un Paese con cui dobbiamo fare i conti, è un produttore di gas e di petrolio di cui noi abbiamo bisogno. Già ci siamo giocati la Russia…
Doha ha anche un ottimo rapporto con la Turchia, in che modo si sviluppa questa partnership strategica?
Il Qatar ha un ottimo rapporto con la Turchia perché il governo di Ankara è riuscito a infilarsi nei vuoti, come fa spesso, nel campo delle relazioni internazionali. Nel momento in cui la Turchia aveva difficoltà con altri Paesi del Golfo, come l’Arabia Saudita, l’Egitto, per questioni strategiche e legate anche alla Fratellanza Musulmana, ha trovato un Qatar isolato e sotto fortissima da parte degli altri Paesi del Golfo ed è quindi è riuscito a infilarsi, stringendo relazioni molto forti con Doha. È riuscita a installare una base militare di grande rilievo nel Paese, assicurando la protezione quando l’Arabia Saudita sembrava minacciare il Qatar da vicino. Naturalmente, ha tratto vantaggio da tutto questo. Quando sono venute meno, in Turchia, delle fonti di finanziamento dall’estero di cui ha grande bisogno, perché sono diminuiti gli investimenti diretti da parte degli occidentali, il Qatar ha pagato molto bene, assicurando ad Ankara una certa stabilità finanziaria data anche la crisi economica in atto.
Turchia e Qatar sono ancora legati alla Fratellanza Musulmana?
La Turchia alcune posizioni ha dovuto rivederle e probabilmente lo dovrà fare anche il Qatar. Il governo turco ha rivisto il legame con la Fratellanza Musulmana anche per riallacciare i rapporti con l’Egitto e avviare in maniera più pulita quelli con Israele. In ogni caso, il Qatar rimane un elemento fondamentale della politica estera turca.