Stellantis ha annunciato un altro ricorso alla cassa integrazione presso lo stabilimento di Mirafiori a Torino, con una decisione che segna il 18esimo anno consecutivo di utilizzo degli ammortizzatori sociali. La nuova misura coinvolgerà più di 2mila dipendenti, in un contesto che solleva ancora una volta interrogativi sulla sostenibilità del piano industriale del gruppo. A partire dal 7 gennaio e fino al 14 febbraio, il reparto Preassembly and Logistic di Mirafiori vedrà la sospensione del lavoro per 254 dipendenti. Un'ulteriore estensione degli ammortizzatori coinvolgerà i settori della carrozzeria: la linea 500 BEV (500 auto elettrica) vedrà fermarsi 1.005 lavoratori, mentre la Carrozzeria Maserati coinvolgerà 794 addetti. Inoltre, saranno coinvolti 334 dipendenti dello stabilimento Stellantis Europe di San Benigno e, per un periodo di sei mesi, anche i settori Presse (300 lavoratori) e Costruzione Stampi (96 lavoratori).
Il segretario generale della Fiom Cgil di Torino, Edi Lazzi, ha definito imbarazzante la situazione: "L’utilizzo degli ammortizzatori sociali diventa maggiorenne, compiendo 18 anni. Un colosso come Stellantis, che ha distribuito dividendi stratosferici agli azionisti, si riduce a ricorrere agli ammortizzatori sociali". Le preoccupazioni dei sindacati sono amplificate dai continui ricorsi alla cassa integrazione, che sembrano non trovare una fine nonostante gli annunci di sviluppo. Poco tempo fa, Jean-Philippe Imparato, responsabile Europa allargata di Stellantis, aveva assicurato che "Mirafiori non si estinguerà" e che esiste un piano per il futuro dello stabilimento che permetterà di guardare con fiducia agli anni 2032-2033. Tuttavia, il segretario generale della Cgil Piemonte, Giorgio Airaudo, ha commentato con scetticismo, sottolineando che "Torino e Mirafiori continuano ad aspettare le promesse mancate". In un contesto di cassa integrazione, Stellantis ha scelto di celebrare anche i progressi in termini di sostenibilità, con l'annuncio del primo anno di attività del Circular Economy Hub SustaiNera di Mirafiori. L'iniziativa, che punta a rendere Stellantis un'azienda a zero emissioni nette di carbonio entro il 2038, si estende su 73mila metri quadrati, con 55mila metri quadrati recuperati da una struttura parzialmente dismessa. Attualmente il hub impiega circa 500 dipendenti altamente qualificati, con l’obiettivo di raggiungere i 550 entro il 2025. Tuttavia, nonostante gli sforzi verso la sostenibilità, le preoccupazioni legate alla gestione delle risorse umane e al futuro dei lavoratori di Mirafiori rimangono centrali. I sindacati e i dipendenti continuano a chiedere risposte concrete per il futuro del sito e un vero piano industriale che permetta di superare la continua dipendenza dagli ammortizzatori sociali.
La situazione di Mirafiori, con il suo ricorso continuo alla cassa integrazione, non è nuova. Stellantis, che ha acquisito il controllo di Fiat Chrysler Automobiles (FCA), ha dovuto affrontare sfide significative in Italia, paese dove la cassa integrazione è stata utilizzata in modo sistematico negli ultimi anni. Solo nel 2021, Stellantis ha richiesto un ampio ricorso agli ammortizzatori sociali per il suo stabilimento di Mirafiori, che ha coinvolto oltre 2mila lavoratori, a causa della ristrutturazione e della transizione verso la produzione di veicoli elettrici. Questa tendenza risale al 2004, quando l'azienda ha cominciato ad utilizzare regolarmente la cassa integrazione per ridurre i costi legati alla crisi dell’auto e alle fluttuazioni della domanda. In particolare, Stellantis ha fatto ricorso alla cassa integrazione ogni anno dal 2004, con picchi significativi durante periodi di riduzione della produzione, come accaduto con la crisi finanziaria del 2008 e successivamente con la pandemia di Covid-19. Le implicazioni per i lavoratori di Mirafiori sono state gravi, con ripercussioni non solo sul reddito, ma anche sul morale e sulle prospettive future di uno degli stabilimenti storici dell'industria automobilistica italiana. Questa continua reliance sulla cassa integrazione ha sollevato più volte preoccupazioni riguardo alla sostenibilità della produzione in Italia e alla necessità di un piano industriale che possa garantire la stabilità e la crescita dei posti di lavoro, particolarmente in vista della crescente transizione verso l’elettrico.