La situazione delle autostrade in Italia è il riflesso di una nazione che fatica a modernizzarsi, che non sa come affrontare il problema dei cantieri infiniti, delle infrastrutture fatiscenti, del traffico che cresce senza sosta. La Coda sembra quasi un'entità metafisica che va oltre il semplice fenomeno delle persone ferme nelle autoimmobili in autostrada. Essa non ha principio né fine, è l'eterno qui e ora del proprio viaggio, inteso geometricamente come susseguirsi di punti su una retta. Chi è il primo della coda? Chi è l'ultimo? Perché quello vicino a me si sta scaccolando? Come mai la corsia che scorre, seppure lentamente, non è mai quella in cui sono posizionato io? Ma la vera domanda, quella seria, è economica: perché dobbiamo pagare un servizio così penoso? Le tariffe aumentano ogni anno, e sono proporzionali ai ritardi. I lavori vanno fatti, e gli incidenti non si possono prevedere, ok, ma la soddisfazione del consumatore? Su molte, se non troppe tratte autostradali, il ritardo è matematico, a prescindere dalla fascia oraria di percorrenza. Cantieri eterni, numero inadeguato di corsie, gallerie chiuse: tutto fa coda. Così, un po' per rabbia un po' per gioco, mentre eravamo fermi in autostrada ci è venuta un'idea: perché non provare a quantificare il disagio? Una persona che si trovasse tutti i giorni a dover fare tratti di autostrada, quanto tempo perderebbe della sua vita? Non serve spoilerare, la risposta la sapete già: troppo. Ma vale la pena di fare comunque una stima, anche se approssimativa e probabilmente sotto la vera realtà dei dati. Il bilancio del traffico autostradale nel 2024, considerando soltanto Liguria e Lombardia, è spietato: oltre 7.200 ore di coda, su appena cinque tratti autostradali strategici per l’economia e la mobilità del Nord Italia. Quasi 1.500 episodi di congestione in 365 giorni. Quasi 4 code al giorno. Un'analisi che non solo fotografa la situazione attuale, ma ci costringe a chiedere: perché i prezzi continuano ad aumentare senza che la situazione migliori? Abbiamo preso in analisi alcune delle tratte più calde, occupandoci al momento soltanto del nord ovest e soltanto dell'anno 2024, incrociando i dati di Autostrade e degli indicatori di traffico locale. I numeri? Fanno paura.

A26: Tratto Ovada – Genova Voltri
Episodi stimati: 90
Ore di coda stimate: 450
Il tratto tra Ovada e Genova Voltri è quello che congiunge Piemonte, Lombardia e Liguria, un corridoio commerciale e turistico stretto tra gli appennini e il mare, dove la mancanza di manutenzione e il traffico pesante sono la regola. Gallerie vecchie, viadotti precari, e una struttura che non è mai stata rinnovata abbastanza. In un anno, il numero di code significative è impressionante, tra cantieri infiniti e condizioni meteo sfavorevoli. Considerando che gli episodi riportati sono soltanto quelli più significativi, 90 in un anno sono comunque troppi. Ma chiunque si sia trovato a percorrere quel pezzo di strada, sa benissimo che possono anche essere molti di più.

A10: Tratto Genova – Savona
Episodi stimati:, 180
Ore di coda stimate: 1.200
Il nodo della Liguria. Dove il traffico portuale si scontra con quello turistico e locale, in un connubio letale che genera una congestionata spirale di code. Poi mettiamoci il fatto che l'unica alternativa è l'Aurelia, altrettanto trafficata e piena di paesi, città, velox, semafori e posti di blocco. La vista mare e i passaggi spettacolari sono un palliativo, ma anche un ulteriore fattore di stress: viene voglia di lasciare la macchina lì e andare a farsi una nuotata. Non sono solo gli incidenti a rallentare, ma i cantieri che sembrano eterni. La situazione peggiora nei mesi estivi, quando i turisti, chiamati foresti dai locals, invadono la regione e mettono a dura prova un tratto che avrebbe bisogno di almeno un paio di corsie in più per carreggiata.

A4: Tratto Pero – Cormano (area Milano)
Episodi stimati: 850–900
Ore di coda stimate: 4.000
Un grande classico dei bollettini sul traffico. Lo si sente nominare praticamente tutti i giorni in radio. Questo tratto non è solo un bottleneck, è un vero e proprio imbuto. La via di accesso principale a Milano, che collega la città alla Tangenziale Ovest tramite la Torino-Trieste, è congestionata dalla sovrabbondanza di mezzi pesanti, dal traffico pendolare e da una prolungata serie di cantieri. La giornata tipo qui non è altro che una lunga fila di auto ferme, ma la vera tragedia è che i ciclici lavori di potenziamento non fanno che perpetuare l’incubo. Un dato impressionante: quasi 4.000 ore di coda in un anno. Quantomeno è una tratta gratuita, stretta tra la Torino-Milano e la Milano-Venezia. Un apostrofo marrone tra le parole furto e ladrocinio.

A12: Tratto Genova – La Spezia
Episodi stimati: 150
Ore di coda stimate: 900
Torniamo al mare. Un altro simbolo della mancanza di investimento e dell'inefficienza storica della gestione delle autostrade liguri. Il tratto Genova-La Spezia è soggetto a continui rallentamenti dovuti a gallerie malconce, a cantieri non conclusi e a un traffico turistico che, nei mesi estivi, non trova sfogo, ma soltanto imprecazioni. Di qui transitano i mezzi verso Toscana, Lazio e ancora più giù. Ogni incidente, anche il più banale, crea code che si allungano per decine di chilometri, con il rischio costante di frane o smottamenti.

A7: Tratto Serravalle Scrivia – Genova
Episodi stimati: 130
Ore di coda stimate: 650
Il tratto Serravalle Scrivia – Genova è un altro esempio di infrastruttura che cede sotto il peso del traffico. Con i suoi viadotti instabili e le pendenze che mettono a dura prova i mezzi pesanti, è un terreno fertile per code e incidenti. Da Ronco Scrivia a Bolzaneto, il traffico è costantemente congestionato, anche quando non ci sono incidenti, perché il tratto è sempre sovraccarico. E i lavori, come al solito, non finiscono mai. In certi punti non sembra nemmeno un'autostrada, ma una statale.

A1: Tratto Milano - Bologna
Episodi stimati: 1900
Ore di coda stimate: 5300
Ci sono strade che uniscono e strade che intrappolano. L’autostrada A1, nel suo tratto tra Milano e Bologna, è una metafora della paralisi. La grande direttrice del Nord produttivo, la spina dorsale del traffico commerciale e pendolare italiano a cui giornalmente spunta un'ernia. Oltre 5.000 ore di coda stimate in appena 12 mesi, con una media di oltre 13 ore al giorno di congestione. Non è più un problema di viabilità, è la crisi permanente. Parliamo di 215 chilometri che dovrebbero scorrere lisci come l'acqua, e invece sono diventati un emblema dell’inefficienza italiana. Cantieri eterni, incidenti continui, carreggiate strette e traffico da megalopoli bizantina. Ogni giorno si contano 4 o 5 code significative, spesso concentrate tra i nodi di Piacenza, Fidenza, Modena e l’area metropolitana milanese. Con il colpo di grazia rappresentato da incidenti gravi come quello di Sasso Marconi, che a settembre ha chiuso per ore il tratto, provocando chilometri di veicoli fermi. 5300 ore di vita passate a consumare batteria, ad aspettare il nulla, a pagare salatamente un disservizio. E a inquinare, certo. Cinquemila ore vuol dire 220 giorni consecutivi passati con il motore acceso e la macchina ferma. Vuol dire migliaia di tonnellate di emissioni insensate, turni persi, consegne ritardate, giornate lavorative allungate. E ancora c'è chi parla di transizione smart, di logistica 4.0, mentre l’Italia resta inchiodata all’asfalto. La domanda vera non è quanto traffico c’è, ma perché siamo ancora così indietro? Perché la principale arteria del Paese non ha una corsia dinamica, non ha un sistema di gestione intelligente del traffico, non ha alternative ferroviarie efficienti per i mezzi pesanti. Si continua a gestire l’autostrada come negli anni ’90, con un approccio emergenziale: incidente, coda, ritardo, comunicato stampa. E magari qualche multa per aver sforato il limite di velocità, nel nevrotico tentativo di recuperare il tempo perso, che abbiamo pure pagato.
