Luana o della sua irricevibile morte. Luana D’Orazio ovvero il racconto di una storia tragica, della sua fine ingiusta, Luana D’Orazio di cui rimane adesso soltanto l’assenza e un grande, immenso, incalcolabile senso di ingiustizia. L’irricevibilità della sua morte. E ancora rabbia irrazionale al pensiero che non esista una macchina del tempo in grado di riportaci indietro, così da allontanare Luana, lei, proprio la ragazza Luana, dall’orditoio che l’avrebbe straziata, il 3 maggio del 2021, quando Luana, “giovane mamma”, così la restituivano le cronache non senza retorica, moriva stritolata, appunto, durante l’orario di lavoro nell’azienda tessile di Prato che la vedeva impiegata, meglio, operaia. Luana, i suoi 22 anni. Luana ragazza, Luana e l’ingiustizia della sua morte. Luana operaia, Luana.
Per Luana, la famiglia, i suoi cari, non hanno mai smesso di chiedere giustizia piena e giusta. La notizia che lo scorso giovedì il pubblico ministero abbia accolto la richiesta di patteggiamento a due anni da parte dei due principali imputati nel processo, Luana Coppini e Daniele Faggi, aggiunge ora sofferenza al dolore. Posto che nessun risarcimento, fosse anche il più assoluto, potrà cancellare il lutto immedicabile per la scomparsa di Luana, ragazza, operaia, 22enne, quando sembra che la vita debba ancora iniziare, correre, scivolare liscia per dono stesso della vita. Un murales la mostra adesso Luana, lei così com’era, ragazza, il suo sorriso felice, sereno, meglio, misurato nella pienezza di sé, Luana incarnata nel mondo dei selfie che hanno ormai cancellato l’ingombro degli album fotografici.
Della storia di Luana D’Orazio ricorderemo, appunto, su tutto l’irricevibilità della sua morte, avvenuta sul lavoro, inammissibile, straziante, accompagnata da una riflessione senza possibili risposte sulla giustizia possibile, sul modo in cui Luana, la sua memoria, fuori d’ogni retorica che in questi casi chiama impropriamente in causa gli angeli, possa essere qualcosa di più di un semplice dolore privato, coltivato dai familiari; la sua foto incorniciata nel salotto di casa: vedi, questa era Luana, nostra figlia, questa era mia madre, Luana, se n’è andata a 22 anni… Così quando anche per i rotocalchi televisivi pomeridiani lei, Luana D’Orazio, la ragazza Luana, sarà memoria d’archivio. Così come è ormai altrettanto distante il ricordo di un’altra morte ingiusta, Isabella Viola, 34 anni, mamma di quattro figli, che si svegliava ogni mattina alle 4 per andare a lavoro nel quartiere Appio Tuscolano di Roma. Isabella morta in metro. Per un malore, da sola, sulla banchina della stazione Termini una domenica mattina di novembre nel freddo del primo autunno. Allo stesso modo degli angeli custodi cosiddetti, sempre assenti, guardacaso, in queste tragiche circostanze, si potrà dire dei sindacati, non meno distanti dai nuovi orizzonti del lavoro affidato a dei non garantiti.
Su tutto, nella storia di Luana, si mostra il nero dell’ingiustizia, sempre per lei, la ragazza Luana, occorre parlare delle morti sul lavoro. Magari prima poi qualcuno, mosso da sentimento civile, ne racconterà la storia sì, ne farà un film, per Luana. Magari ripensando a “Delitto d’amore” di Luigi Comencini, dove l’operaia Carmela Santoro interpretata da Stefania Sandrelli muore subito dopo per le esalazioni chimiche a cui era stata esposta sul posto di lavoro; un grande esempio di denuncia civile. Non c’è moneta che possa risarcire la morte di Luana, nessuna moneta, perfino ogni possibile considerazione sul processo e i suoi esiti appare secondario davanti alla sua sostanza di ragazza, e restituisce una rabbia ancora più forte, assoluta.
Resta che i poveri morti, anche se ragazze, hanno sempre torto e le leggi, le sentenze per cancellarne la morte le fanno sempre coloro che rimangono. Ai morti resta la solitudine, se non la colpa dell’assenza. Quando il giudice per l'udienza preliminare Francesca Scarlatti ha accolto il patteggiamento su cui avevano concordato pubblica accusa e legali di due dei tre imputati per la sua morte, la sentenza, così leggo, “commina 2 anni di reclusione per Luana Coppini, titolare della ditta in cui è avvenuto l'incidente mortale e un anno e sei mesi per il marito Daniele Faggi, titolare di fatto. Entrambe le pene prevedono la sospensione condizionale. Tutti gli imputati sono accusati di omicidio colposo e rimozione dolosa di cautele antinfortunistiche”, la madre di Luana D’Orazio ha trovato poche parole: "Speravo in una pena più giusta, sono molto delusa". Luana, ragazza, Luana e la sua assenza, Luna che resterà ragazza nel ricordo pubblico, Luana avrebbe voluto diventare grande, essere Luana.