È da poco passata l’ora del tramonto quando lasciamo l’autostrada che da una Torino uggiosa porta nel verde della campagna di Valenza, a due passi dalle rive del Po. In questa cittadina in provincia di Alessandria ci aspetta Massimo Coloru, ex militare dell’arma del Genio, un uomo che ha dedicato alla sopravvivenza in condizioni estreme tutta la sua vita. “Sono sempre stato attratto dall’idea di sapermela cavare in qualsiasi situazione”, dirà poi durante l’intervista. Lo raggiungiamo nel mezzo di un campo dove ci fa strada con una vecchia Panda rigorosamente verde militare. Arriviamo in una radura dove tiene parte dei suoi corsi di sopravvivenza e dove ci mostra alcune tecniche prima della chiacchierata.
Mentre ci troviamo nel boschetto ci fa vedere alcuni rifugi costruiti insieme ai suoi allievi. «Sono su da due settimane, nonostante la forte pioggia di questi giorni» dice. E spiega quale legna scegliere e come sistemare bene il giaciglio affinché sia isolato dal suolo; «un buon rifugio ti salva la vita in condizioni estreme», aggiunge dando dei colpetti alla trave portante. Il sole è oramai scomparso dietro la cresta del bosco intorno a noi. Massimo scortica un ramo, lo annusa per vedere che sia ben secco e con un acciarino al magnesio accende il fuoco in un attimo. Come esca usa un assorbente interno: «È un ottimo innesco, a casa faccio scorta - ride - inoltre può essere molto utile per fermare un’emorragia». Spegniamo il fuoco ed usciamo dalla radura, sobbalzando nello sterrato con il mitico pandino. Ci fermiamo sul ciglio della strada dopo il bosco, e iniziamo la nostra chiacchierata.
La tua passione nasce da bambino con una rivista che si chiamava “Commando”. Sarai stato un grandissimo fan di Rambo.
Sì, sono i miti della gioventù (ride). Però la passione nasce principalmente con le attività in natura ed i campeggi insieme a mio padre. Poi crescendo, negli anni ’80 c’era “Commando: tecniche di sopravvivenza e combattimento”, una rivista fantastica. Dopo ho fatto il militare: ero caporale istruttore di fanteria.
Inizialmente però, finita la leva obbligatoria lasci l’ambito militare.
Non ho continuano perché avevo un ottimo lavoro qui a Valenza, facevo l’orafo. Mi dava buone prospettive e così ho preferito tornare qui. E’ stata un po’ un’ingenuità da parte mia, avrei dovuto approfondire già all’epoca il percorso militare. A 27 anni poi ho provato ad arruolarmi al distretto di Genova, ma hanno detto che ero troppo vecchio, e che dovevo andare alla Legione straniera.
Abbiamo letto della tua esperienza nella Legione straniera, raccontaci com’è andata.
Ho fatto l’addestramento di quattro settimane a Castelnaudary, e poi purtroppo, non sono passato a quello avanzato, per delle ragazzate di gioventù in cui venni coinvolto.
Spiegaci come funziona la selezione dei soldati.
Dopo la richiesta si parte per l’addestramento e la selezione. E dopo varie prove fisiche, mi chiesero di raccontare tutta la mia vita e parlai anche di quell’episodio. Non era niente di grave, non sono finito in galera. Però per loro, alcuni problemi giudiziari possono essere un problema. Poi del resto eravamo tanti a fare la selezione, ti possono lasciare giù anche senza un motivo. Loro prendono un numero di fisso di circa 25 uomini al mese, quando feci la selezione io eravamo in 350. Ogni minima cazzata può diventare un problema in quei casi.
Dopo questa prima selezione che succede?
Si passa all’addestramento avanzato, mi sembra siano tre mesi di formazione. Quando passi l’esame, diventi legionario e ti smistano dove c’è bisogno. Alla fine si tratta di un corpo d’élite dell’esercito francese.
Poi hai lavorato per qualche anno nel mondo della vigilanza.
Ho lavorato un po’ in quel settore, ma non mi realizzava. Nel tempo sono diventato un riservista dell’esercito, ho continuato ad addestrarmi regolarmente e ho preso il brevetto da istruttore di sopravvivenza. Volevo aprire la mia scuola e lavorare a modo mio in questo mondo. Ho dovuto reinventarmi ancora.
Nel mentre hai fatto diversi percorsi estremi come il Gr20 in Corsica. Ma l’esperienza più importante è stata il volontario nell’anti-bracconaggio in Africa. Come è nata l’occasione di partire?
La possibilità di entrare in questo mondo me l’hanno data delle persone di Torino che già avevano fatto questo tipo di percorso. L’ho vista come un’occasione di crescita personale. Ho imparato tantissime cose, e poi li si trattava di vera sopravvivenza, anche con operazioni di intelligence in cui dovevamo reperire informazioni, pedinare e sorvegliare i sospetti bracconieri.
Ti sei mai ritrovato in uno scontro a fuoco?
Mi è capitato subito in Mozambico nel 2016. Non è stato proprio uno scontro a fuoco, io ho sparato per intimidirli. Era notte, siamo entrati in contatto con una squadra di bracconieri che aveva superato la recinzione. Gli abbiamo teso un’imboscata e sono uscito puntandogli il fucile ed intimandogli di fermarsi.
Li avete arrestati?
Purtroppo no, sono scappati, insieme ai cani. Così ho sparato vicino per spaventare, intimando di fermarsi. La paura è stata più forte, per fermarli avrei dovuti ammazzarli.
Quali compiti svolgevi di pattuglia?
Principalmente facevamo prevenzione e deterrenza. Noi andavamo a cercarli, ma l’ambiente è davvero grosso. Se li si avvista, si prova a prenderli e diverse volte li abbiamo catturati senza sparare un colpo. Il problema è che loro scappano e non si fermano a fare uno scontro a fuoco. L’unico modo per fermarli era uscire da più fronti e incastrarli.
Pensi mai di tornare a fare il Ranger?
Sono stato in Africa due volte, ma ci ritornerò. In questi due anni è stato un po’ difficile spostarsi, ma il prima possibile si riparte.
Certo, ora c’è la guerra che crea tensione internazionale. Ho visto sul tuo canale YouTube alcuni video in cui parlavi della guerra in Ucraina. Già da gennaio dicevi “l’Europa è una polveriera”, racconti che ci sono già militari italiani su suolo ucraino. Avrai dei contatti nelle forze armate immagino.
Io sono presidente della sezione di Alessandria dell’associazione nazionale volontari di guerra. Un corpo che riunisce membri di tutti i corpi militari ed anche simpatizzanti. Insieme ai riservisti poi abbiamo contatti con i riservisti della Legione straniera. Sono sempre a contatto con i militari, sono a contatto col mondo militare in genere, quindi si parla.
Quando parli di militari dell’esercito italiano sul suolo ucraino intendi truppe regolari? Si trovano in zone centrali o periferiche del conflitto?
Sì certo, militari del nostro esercito erano lì anche prima del conflitto. Ora si trovano in zone periferiche. Diciamo che sono pronti, anche se ufficialmente non partecipano attivamente alle battaglie.
E ufficiosamente?
Ufficiosamente i russi hanno già catturato dei soldati della Nato.
Te lo riferiscono le tue fonti nel settore militare?
Sì.
Se i russi volessero, potrebbero far scoppiare un caso su questo?
Le cose stanno molto peggio di come le spiegano in tv.
Nei tuoi video lasciavi intendere che sapevi già come sarebbe evoluta la situazione.
Già, lo sapevo. Intanto vedevo il modo di operare dei russi quando hanno fatto finta di ritirarsi. Hanno eseguito una manovra classica. Fai finta di compiere un ripiegamento per poi attaccare. Inoltre sapevo che c’erano già addestratori e soldati della Nato che operavano in Ucraina, quindi mi aspettavo l’attacco russo.
Cosa ti dicono le tue fonti sullo stato attuale della guerra?
So che si stanno formando per portare avanti la guerra. Da quello che ho visto, da quello che sento…
I militari italiani?
Tutti i militari della Nato. Già dall’anno scorso si formavano. Te lo dicono anche, solo che uno non ci fa caso. Ho letto alcuni dispacci in cui si intensificavano gli allenamenti in montagna, con la neve, già nell’ottica di quest’inverno. Prepararsi per il combattimento richiede mesi e loro lo facevano già dall’anno scorso. Conosco questo problema dal 2014 perché so di persone che in quegli anni andavano lì. Con la scusa di portare aiuti umanitari, facevano attività di formazione per la milizia ucraina. Anche per il battaglione Azov, ad esempio, ma non solo. Li ci sono battaglioni di mercenari da tutta Europa, che in maniera non ufficiale sono alle dipendenze dell’esercito ucraino.
Questo tipo di dinamiche però si verifica un po’ in tutte le guerre, anche i russi avranno dei mercenari o sbaglio?
Certo, nelle guerre ci sono, ma il fatto è che in questa siamo noi a formarli.
Secondo te Massimo, questa guerra continuerà?
È sicuro.
Quali potrebbero essere i possibili scenari di un attacco all’Italia da parte della Russia?
Diciamo che, riassumendo, potrebbero verificarsi essenzialmente due tipi di scenari: un attacco militare sul campo o un attacco missilistico. Durante la guerra fredda l’attacco via terra era previsto dalle parti del Veneto, Trentino-Alto Adige, diciamo nell’Italia dell’est. Molte delle principali basi militari si trovano in quella zona. Anche il bunker segreto della base di Affi che in piena guerra fredda era il quartier generale del comando forze terrestri alleate del sud Europa. Ad ogni modo il governo e l’esercito, per come agiscono, tendono a informare il meno possibile per non creare il panico. È molto più probabile che un attacco da terra arrivi all’improvviso. Se dovessero dire al telegiornale che i militari stanno avanzando per fare una guerra qui verrebbe un disastro eh. A livello operativo è meglio, tieni sotto controllo meglio la situazione, hai meno problemi.
Come dovrebbe comportarsi allora una persona in caso di attacco via terra?
La prima cosa da fare è sicuramente allontanarsi dalle zone di scontro. Sconsiglio di fare della resistenza contro forze militari. Mettersi in testa di fronteggiare un esercito professionista non ha senso. Senza armi poi… La cosa più sensata da fare è salvarsi la pelle, quindi prendere la valigia e allontani più possibile o autonomamente o attraverso uno dei corridoi di evacuazione che lo stato metterà a disposizione, esattamente come in Ucraina. Le città diventano campo di battaglia in quei casi. Occorre fare un distinguo; i russi non sono entrati in Ucraina per distruggere tutto, l’intento era principalmente quello di distruggere l’esercito, mentre se dovessero attaccare l’Italia lo farebbero con lo scopo di sterminarci tutti. È per questo che ritengo un attacco via terra poco probabile.
Pensi arriverebbero direttamente all’attacco nucleare?
È più probabile che ci attacchino con le bombe. Ai russi non interessa occupare l’Italia, sarebbe una guerra di sterminio, quindi per metterci in ginocchio ci bombardano. Ci attaccherebbero con aerei navi e sottomarini, non fanno venire neanche un militare a piedi qua.
In caso di attacco nucleare tutto ciò che si trova nell’epicentro verrebbe distrutto mentre fuori dal raggio d’azione della bomba ci sarebbe il cosiddetto fall-out radioattivo. Ci spieghi come funziona e qual è la situazione dell’Italia da punto di vista della preparazione ad uno scenario simile?
Spiegandolo semplicemente il fall-out radioattivo è quella polvere fatta di detriti carichi di radiazioni alfa, beta e gamma, formatasi dopo l’esplosione dell’ordigno. Questi detriti vengono sospinti nell’atmosfera per poi decadere (fall-out) al suolo dai 15 minuti alle 3/4 ore dopo. Questa nube radioattiva è influenzata dai venti e forma quella che viene chiamata neve nucleare, quando si deposita contamina tutto ciò che non è schermato e può portare alla morte.
Quali sono allora i passi da seguire se ci trovassimo sotto attacco nucleare?
Innanzitutto bisogna identificare i luoghi sensibili ed evitarli, allontanarsi il più possibile. Ad esempio se abitassi vicino ad Aviano e capissi che ci potrebbe essere un attacco, la cosa migliore da fare sarebbe allontanarsi il più possibile. Un attacco missilistico sarebbe improvviso e difficile da prevedere, tuttavia ci sono delle zone più “calde”, ovvero dove ci sono basi militari Nato o americane. Noi verremmo attaccati principalmente perché sul suolo italiano ci sono più di 200 basi americane e per questo motivo i bersagli principali potrebbero essere Aviano, Ghedi, Sigonella, e la Sardegna, dove ci sono importanti basi segrete per sottomarini nucleari… Diciamo che i punti principali potrebbero essere nel nord Italia e nelle isole. Primo step sicuramente quindi reperire informazioni, cercare di capire se a livello geopolitico si sta configurando un attacco e prepararsi magari allontanandosi da aree a rischio o preparando un rifugio.
Se invece ci si trovasse in una zona soggetta a fall-out radioattivo come ci si dovrebbe comportarsi?
Per proteggersi dal decadimento radioattivo bisogna porre tra il soggetto e la fonte di radiazione un materiale di alta densità, come acciaio o terra. Ad esempio ci vorrebbero almeno 30/50 centimetri di sabbia o terra sopra le proprie teste per stare al sicuro. È per questo motivo che i bunker vengono costruiti sotto terra o vengono coperti da terra anche quando si trovano in superficie.
Quindi in caso non si riuscisse a scappare prima del fall-out rifugiarsi in un bunker sarebbe una possibile soluzione. Come dovrebbe essere allestito un bunker antiatomico?
Si tratta di un argomento molto complesso che sto affrontando con una serie di video sul mio canale YouTube. Riassumendo quelli che sono i punti fondamentali possiamo dire che dovrebbe trovarsi possibilmente sotto il livello del suolo, come una cantina ad esempio. Dovrebbero essere presenti scorte di cibo e acqua per almeno due settimane o un mese. Medicinali di primo soccorso e un bagno per evacuare i bisogni. Inoltre un elemento fondamentale è sicuramente una radio per captare le eventuali comunicazioni dell’esercito e della protezione civile. In casi di attacco infatti verrebbero attuate una serie di contromisure a sostegno della popolazione civile ma l’unico modo per ascoltare le comunicazioni sarebbe la radio poiché internet e telefoni non funzionerebbero. Sarebbe l’ideale avere anche delle maschere a gas e delle tute che proteggano dalle radiazioni in caso dovesse esserci la necessita di spostarsi dal rifugio.
Che impatto avrebbero le condizioni climatiche sul decadimento radioattivo?
Il vento e la pioggia influenzano molto il fall-out. Cercare di informarsi sul meteo in caso di attacco è quindi fondamentale. È importante conoscere in che direzione può spostarsi la nube ed è importante capire se piove o meno. La pioggia velocizza il decadimento e difende bene dalle radiazioni. Non a caso prima di entrare in un rifugio è importante lavarsi bene sia il corpo che gli indumenti per non rischiare di essere contaminati.
Pensi che si potrebbe arrivare davvero ad uno scenario del genere? Potrebbero Puntin e la Nato scatenare una guerra nucleare?
Putin ha detto che avrebbe usato l’atomica solo qualora la Russia rischiasse la sconfitta totale. Ma il problema è che non dobbiamo fare l’errore di pensare che la gente che sta al potere ragioni come noi. Quella gente, che guida nazioni, gente come gli oligarchi, persone che fanno cadere governi e hanno in mano l’economia mondiale non hanno scrupoli. Pensa a quella senatrice americana (Madeleine Albright, prima donna segretario di Stato americano, ndr) che disse che la morte di centinaia di migliaia di bambini in Afghanistan fosse un prezzo necessario per cambiare la guerra. Quella gente li non ragiona come noi, magari dicono “buttiamo una bomba e muoiono due milioni di persone” e lo considerano un prezzo che si può accettare. Purtroppo siamo in mano a gente pazza in questa maniera qua.
Se dovessimo subire un attacco nucleare su vasta scala pensi che riusciremmo a cavarcela?
Io ti parlo schiettamente. Se dovesse esserci un attacco di questo genere in Italia noi siamo spacciati. L’Italia non è assolutamente pronta o attrezzata per fornire protezione alla popolazione civile. Ci sarebbe una distruzione incalcolabile perché non abbiamo né strutture né protocolli di reazione. Gli unici che possono fare qualcosa siamo noi stessi con le nostre azioni. La prima cosa da tenere a mente è scappare o trovare un rifugio. Ma di sicuro un attacco su larga scala sarebbe difficile se non impossibile da affrontare.