“A Partinico tutta. Storia di una grande cagna ‘ngravidata e di suo marito cornuto e contento”. Roba da pura commedia all’italiana, prima che il politicamente corretto ci impedisse di raccontare la profonda provincia italiana per quella che è. Nell’epoca di Dagospia e di Ilary Blasi su Netflix, nell’epoca di Massimo Segre che fa coming out (e outing insieme) delle corna, nell’epoca in cui (ma l’epoca non è mai cambiata) è importante sapere chi ficca con chi, il ciclostile ha un suo fascino romantico. Ed è con orgoglio che quivi andiamo a presentarvi un ciclostile d’altri tempi, che sa di Vitaliano Brancati e Pietro Germi, di Mauro Bolognini e molto di Lando Buzzanca. Arriva da Partinico, viaggia sulle app di messaggistica, ed è un capolavoro. Di linguaggio, di presentazione, di riflessioni. Noi di MOW raccontiamo il ciclostile, nelle sue raffinatezze e nelle sue grossolanità. I giudizi morali dateli voi. Accade dunque che, dalla sghignazzante cittadina di Partinico, provincia di Palermo, capoluogo della Sicilia, si irradi come una meraviglia letteraria un ciclostile dal titolo sopracitato. I protagonisti sono nominati (“muntuati”) con i veri nomi di battesimo, con le professioni, e persino con gli indirizzi. Fedeli alla lezione per cui si dicono i peccati e non le peccatrici, ecco i protagonisti. 1) La moglie bottana 2) Il marito cornuto e contento ma non troppo (non troppo contento, cornuto assai). 3) Il fratello del cornuto e cognato della bottana. 4) La madre, vecchia bottana più bottana della figlia (citiamo e, anzi, edulcoriamo pure).
L’attacco è strepitoso, da opera dei pupi: “Raccontiamo la storia di una donna arrusa e di un grande cornuto”. Epico. Già i personaggi si muovono nella nostra mente come Orlando e Rinaldo. Notare la metrica! E quindi: “Va a succedere che tempo addietro la grande tr*ia a forza di sc*pare e farsi f*ttere sotto il naso di quel cornuto dai e dai si fici ingravidare da un montone che veniva dal Continente”. Non sentite anche voi l’eco dell’Aria del Continente di Nino Martoglio, opera resa immortale sul grande schermo da Angelo Musco con la regia di Gennaro Righelli. “La cagna fetosa…” (strepitosa italianizzazione di “fitusa”) “si faceva montare da questo vecchio montone di oltre 60 anni – ageismo, ageismo!!! - e grasso – body shaming, body shaming! - senza nessun rispetto in una casa nascosta al mare mentre tu cornuto piangevi per la p*ttana a casa da solo”. Ma non lo sentite lo risonare del melodramma? Qui, ohibò, c’è da scriverci un’opera lirica, che nella lirica bottane e cornuti non ne mancano. Ed ecco l’acuto! “Urlava di godimento, la cagna, tanto che la sentirono dalla strada. Se la godeva al mare e si faceva futtiri in ogni modo sta cagna. Vogliosa è la scrofa, non si curava manco di tenere la voce bassa o di nascondere la macchina”. Strepitoso. Ricorda l’immenso Tom Wolfe che perculando la cronaca scandalistica scriveva: “Uccide moglie, figli, la suocera, il cane, e lascia tutte le luci della cucina accese”. Ma dico: manco la macchina nasconde? E che maniere sono codeste? Dopodiché il colpo di scena, degno di ogni racconticello verista, neorealista, due palle: la moglie infedele ingravidata “si è fatta sgravidare nel Continente, per potere tornare a casa dove il cornuto vergogna stava ignaro piangente e debole, cornuto e arruso”. Roba da spezzare il cuore.
Il finale, lo dico da scrittore, è un capolavoro assoluto. "E tu (nome del marito cornuto) l’hai ripresa sienza mancu batterla, l’hai ripresa nella tua casa. Cornuto e minchia siccu sei”. La logica per cui la donna, se si fa sbattere nella casa al mare, senza neanche nascondere la macchina (e secondo me senza neanche fare la raccolta differenziata) può essere ripresa solo a patto di “batterla” tipo che è un tappeto e tu ci dai una “pulita” mi ricorda vip che dissero “un bidet e torna come nuova”. Dunque calma a dare a questo ciclostile patente di popolanità. Davvero credete che tra vip e scogniti ci sia tutta questa differenza? Il finale è da applauso: “Già vi scrissi tempo addietro per dirvi che questa vergogna situazione è brutta assai per tutti. Tutti devono sapere informati da chi vi vuole bene, perché almeno si possa muovere la coscienza di voaltri rotti in c*lo e falliti che siete”. Il tutto detto, ovviamente, da “chi vi vuole bene”. Signori e signori, qui siamo oltre la lettere di Totò e Peppino. Siamo nell’Italia vera, verace, che vota. E che se usa la maldicenza lo fa per amore di bottane e arrusi e falliti che non siete altro. Parlando seriamente non so se vi rendete conto che l’anima letteraria di questo ciclostile è la stessa anima che portò Truman Capote a scrivere “Preghiere esaudite” in cui sputtanò i suoi amici dell’alta società. Adesso diteci: questo ciclostile è letteratura o è Truman Capote una malalingua di Partinico?