Matteo Renzi futuro leader di Forza Italia? È già stato scritto e riscritto che l’ex segretario del Partito Democratico è l’erede quasi naturale di Silvio Berlusconi. Ma per la sua personalità, per le caratteristiche anzitutto psicologiche. Non necessariamente come successore politico. Ma i possibili, possibilissimi, praticamente probabili transfughi del partito che Renzi guida con mano di ferro, Italia Viva, starebbero lì a rappresentare una spinta altrettanto naturale, diciamo fisiologica, verso la sponda popolata dagli orfani del Cavaliere. L’unica sponda fattibile, del resto. Parliamo di Ettore Rosato, padre della legge elettorale Rosatellum ed esponente renziano di assoluto primo piano, e di Elena Bonetti, ex ministro. Entrambi sarebbero in avanzati conciliaboli con la dirigenza forzista per un cambio di casacca. Il primo ha già smentito, ma dopo aver scritto pubblicamente su Twitter di “non essere disponibile” per un incarico pensato per lui da Renzi in vista del congresso a ottobre, la smentita sa molto di prammatica, di atto dovuto. La seconda non ha nemmeno smentito. A loro si aggiunge, in elevato stadio di malumore, Luigi Marattin, che assieme alla Bonetti a giugno, sempre su pubblica piazza social, aveva contestato il capo per aver nominato coordinatrice nazionale del partito Raffaella Paita, senza avvisare nessuno e senza un minimo di discussione interna. “La nomina non necessita di alcuna comunicazione formale”, aveva replicato, glaciale, Matteo Renzi.
Ma la voce dal sen tutt’altro che sfuggita che parla di una transumanza verso Forza Italia nasconde una sua logica teoricamente strategica. Mettendo a confronto le rispettive situazioni dei due partiti è facile comprenderla. Italia Viva è a un bivio, o meglio, in una strettoia: con Azione di Carlo Calenda ha rotto, e anche se in politica le separazioni non è detto equivalgano a divorzi definitivi, i rapporti sono talmente guasti da escludere una riappacificazione in tempi medio-brevi; la legge elettorale impone di intrupparsi in qualche coalizione sufficientemente larga da non affondare sotto la soglia di sbarramento, e Italia Viva come partito non decolla, non funziona, se non come brand in televisione; soprattutto, con Elly Schlein segretaria il Pd ha giurato “mai con Renzi”, il traditore per antonomasia, e questo è l’elemento decisivo in quanto sbarra la strada a un ritorno nel campo di centrosinistra. Ora, siccome il sistema politico italiano è tendenzialmente bipolare, se non ci accasa nel centrosinistra, a meno di costruire un centro abbastanza forte, non resta che il centrodestra. Nel centrodestra, un renziano-tipo è ben difficile vederlo prendere residenza nella Lega o in Fratelli d’Italia: ogni limite ha una decenza, per parafrasare Totò. L’unico sbocco che rimane sulla carta è Forza Italia, che quanto a idee, è vicinissimo, se non sovrapponibile, con quelle di Italia Viva (si pensi solo al “garantismo” nella giustizia, alla polemica permanente contro i giudici), e inoltre è una forza che ha bisogno vitale di energie fresche. E, su tutto, di un leader adeguato.
E di qui veniamo appunto al partito fondato da Silvio Berlusconi. Scomparso questi, gli azzurri devono fare i conti innanzitutto con i debiti, sui quali i figli del Cavaliere comprensibilmente pare non vogliano ridursi a garanti vita natural durante. In secondo luogo, se in questa fase le faide interne sono state messe più o meno a tacere, con l’incoronazione del ministro degli esteri Antonio Tajani a nuovo presidente che non scontenta nessuno e accontenta un po’ tutti, trattasi comunque di re travicello, senza quel carisma che serve come il pane per compiere almeno il tentativo di rilanciare il marchio, privato della sua anima che era Berlusconi. La dissidente Licia Ronzulli al momento ha le armi scariche, e Marta Fascina, la compagna di Silvio, a meno di scelte disperate mascherate da fedeltà al Fondatore e marketing “femminile”, non ha le carte in regola per convincere un imprenditore del Nord, poniamo, a candidarsi alle elezioni europee del 2024, prossimo, fondamentale banco di prova per la sopravvivenza.
E allora, a quei renziani sempre più di nome e sempre meno di fatto, i Rosato, le Bonetti, forse i Marattin, può certo esser venuto il pensiero birichino e stupendo di trasferirsi dove li accoglierebbero a braccia aperte, in un partito di maggioranza, e non di opposizione, optando per uno dei due campi e così, magari, trascinandosi dietro proprio lui, Renzi. Non è da scordare che in veste di direttore editoriale del quotidiano Il Riformista, Renzi ha insediato alla direzione responsabile Andrea Ruggeri, che è stato deputato forzista fino all’anno scorso. Chi meglio di lui, dell’“estremista del buonsenso”, del liberale riformista Renzi potrebbe assurgere al ruolo di salvatore? Certo, già solo così è divertente, a immaginarsele, pensare alle facce di Giorgia Meloni e Matteo Salvini al diventare alleati dell’ingombrante e spericolato surfista della politica italiana. Ma nella politica italiana si è visto di tutto e di più, in passato. Tajani, Fascina, o chissà chi altri per tenere viva Forza Italia? Ma no: il nome della nuova stella sul palcoscenico che fu di Berlusconi c’è. E si chiama Matteo Renzi.