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La superbanca europea contro gli Usa è made in Italy? Dopo Intesa San Paolo tocca a Unicredit, che compra le azioni di Commerzbank (Deutsche Bank) e…

  • di Andrea Muratore Andrea Muratore

14 settembre 2024

La superbanca europea contro gli Usa è made in Italy? Dopo Intesa San Paolo tocca a Unicredit, che compra le azioni di Commerzbank (Deutsche Bank) e…
Cosa sta succedendo nel settore bancario? L’Italia sta guidando una fusione in Europa in grado di portare l’Unione a competere contro gli Stati Uniti? Dopo Intesa San Paolo anche Unicredit guarda al Continente e fuori dall’Italia e acquista delle azioni di Commerzbank, del gruppo Deutsche Bank. È la nuova mossa di una strategia che porterà alla creazione di una superbanca?

di Andrea Muratore Andrea Muratore

Unicredit gioca da colosso europeo e si smarca dal “risiko” bancario italiano. E per il nostro Paese e la concorrenza nel settore del credito è una notizia positiva che aiuta a fare chiarezza. Il gruppo di Piazza Gae Aulenti ha comprato il 9% di Commerzbank, secondo gruppo tedesco dopo Deutsche Bank, e si muove per rafforzare la sua attività come istituto capace di creare una catena del valore europea, passante anche per il centro e l’Est del Vecchio Continente. E impone a decisori politici e operatori finanziari di aprire in termini realistici il dossier del consolidamento del mercato del credito nel nostro Paese, in cui troppo spesso Andrea Orcel, Ceo di Unicredit, era invocato come “cavaliere bianco” chiamato a spingere con le sue mosse un risiko tra gli istituti. Ruotante principalmente attorno alla voce, mai confermata, di un ingresso di Piazza Gae Aulenti in Monte dei Paschi di Siena. E così, da un lato l’Italia avrà assieme a Intesa San Paolo una seconda banca di taglia davvero europea. Un gruppo paragonabile ai grandi colossi capaci di operazioni di sistema e di creazione di economie di scala di portata continentale come solo pochi attori in Europa: la spagnola Santander, le francesi Credit Agricole, Bnp Paribas e Societé Generale, l’olandese Ing, la tedesca Deutsche Bank per fare alcuni nomi. Colossi capaci di creare una serie di istituzioni finanziarie solide, altamente capitalizzate, capaci di unire attività d’investimento e raccolta marginando dall’attività ordinaria con un occhio a flussi di cassa e investimenti, in grado di rivaleggiare con i potentati di oltre Atlantico. Unicredit con la gestione di Orcel va in questa direzione, portando anche l’Italia, sulla scia della Francia, ad avere attori capaci di non dipendere da un singolo mercato, come ricordato dal Financial Times: “L'anno scorso, l'attività domestica di UniCredit ha rappresentato il 49 percento degli utili del gruppo, rispetto al 60 percento nel 2022”, primo anno completamente segnato dalla sua gestione.

Il Ceo di Unicredit Andrea Orcel
Il Ceo di Unicredit Andrea Orcel
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Dall’altro, in ogni caso, un’Unicredit sempre più internazionale lascia spazio al fatto che si possa compiere in maniera graduale, crescente e attenta a un equilibrio di mercato la corsa al consolidamento degli istituti intermedi del Paese. Quel “risiko” che spesso è stato interpretato come supplenza dei due big nazionali alle debolezze di altri istituti o come destinato a finire solo tramite l’incorporazione in questi ultimi di gruppi minori, come successo con l’affare Ubi-Intesa. Niente di tutto questo: la svolta internazionale di Unicredit rende pressoché scontato il fatto che l’unica via percorribile per questo “risiko” sia la corsa al tanto chiacchierato “Terzo Polo” tramite la fusione o l’acquisizione incrociata di quote di banche di media taglia. Potenziale soluzione anche al dilemma di Mps, di cui lo Stato sta gradualmente ridimensionando la sua quota. Dopo aver ridotto la partecipazione dal 64 al 39% nel novembre 2023, in dieci mesi lo Stato è sceso gradualmente poco sotto il 27% della partecipazione. Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti desidera ora metter sul mercato un ulteriore 8-10% tra fine 2024 e inizio 2025 per incrementare il fondo di privatizzazioni che per ora ha fatto incamerare allo Stato 3 dei 20 miliardi desiderati. In quest’ottica, l’indiziata per un ingresso in Mps è principalmente Bper, la banca controllata da Unipol che dall’Emilia Romagna sta avviando una graduale espansione nazionale. 

Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti
Il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti

Certificata dall’acquisizione di Carige in Liguria, dall’ingresso in Banca Popolare di Sondrio e dall’acquisto di alcune filiali Ubi dopo la scalata di Intesa. Come hanno scritto Andrea Greco e Giovanni Pons su Affari e Finanza di Repubblica, “se Mps ricomprasse la quota di Axa nella partnership assicurativa, sciogliendo il contratto scadenza 2027 (costo, un miliardo), Unipol avrebbe convenienza a ripetere lo schema rodato su Bper e su Sondrio: rilevando un 9,9% e lucrando sulla vendita di proprie polizze sulla rete Mps”, concretizzando uno “scenario che potrebbe piacere all’ad Luigi Lovaglio, fautore di un’alleanza strategica e in buoni rapporti con Cimbri. Ma dovrà scegliere il governo” a cui è stato fatto venire meno il sogno di un ingresso di Unicredit in Mps. Ora definitivamente. Ma avere ben separato il mondo delle grandi banche dalla rete di banche nazionali di media dimensione è premessa per un sistema finanziario maturo. E che nel 2025 con Bper-Mps, il rafforzamento di istituti come Banco Bpm e il consolidamento della patrimonializzazione, degli utili e della sicurezza della rete di piccoli e medi istituti potrebbe esser reso ulteriormente sicuro. Contribuendo anche a quel rafforzamento della tenuta finanziaria del sistema europeo e a quella solidità che anche Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività dell’Ue ritiene vitale consolidare per render la finanza dell’Europa odierna attrattiva e competitiva. Per la sicurezza dei risparmiatori, è un bene dire che l’Italia non sia indietro.

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