La verità è che Bruno Vespa ha ragione. Paola Egonu e Miriam Sylla sono un ottimo esempio di integrazione grazie allo sport e non solo. Il fatto che siano nate in Italia dimostra solo che spesso l’integrazione arriva al passare delle generazioni. Recap: Bruno Vespa festeggia, come tutti, l’oro dell’Italvolley femminile alle Olimpiadi di Parigi 2024. Lo fa anche con un tweet: “Straordinaria la nazionale pallavolista femminile. Complimenti a Paola Egonu e Myriam Sylla: brave, nere, italiane. Esempio di integrazione vincente”. La polemica riguarda quel “nere” e quel parlare di integrazione con due sportive nate in Italia. Nere sì, quindi, ma non integrate nel nostro Paese, nate nel nostro Paese. Sono riusciti a fare polemica anche su questo. Bruno Vespa che non scrive “Egonu e Sylla, perché nere, non saranno mai italiane”. Ma “Egonu e Sylla sono italiane e nere, evviva l’integrazione”. Le polemiche si protraggono, passiamo cinque minuti a festeggiare la pallavolo femminile e una notte a discutere con Vannacci e Bruno Vespa, perché dello sport non ci frega nulla. Bruno Vespa risponde alle critiche e specifica: “So benissimo che Paola Egonu e Myriam Sylla sono nate in Italia. Ma basta questo a salvare dalle polemiche chi nasce con la pelle nera? Anche loro purtroppo debbono integrarsi in un mondo più razzista di quanto s’immagini. E le due campionesse ci sono riuscite benissimo”.
Ecco, se nel primo tweet qualcosa pare non tornare, ora con la sua risposta non possiamo che dire: sì, Bruno Vespa ha ragione dopotutto. O meglio, dovrebbe avere ragione proprio agli occhi di chi si immola per la causa antirazzista. Una delle acquisizioni fondamentali dell’antirazzismo del nuovo Millennio è proprio l’idea che ci sia nel mondo un problema di razzismo strutturale, ovvero di razzismo insito nella società che non si riversa solo sull’immigrato, l’ultimo arrivato, ma su chiunque abbia la pelle nera. In America i poliziotti sparano più spesso agli afroamericani, anche quelli nati e cresciuti in America. Sono americani a tuti gli effetti, pienamente integrati, ma anche per loro non si salvano dalle polemiche. Se c’è un pregiudizio razziale nei confronti di alcuni, quel pregiudizio razziale difficilmente terrà conto della carta di identità. Quindi sì, Egonu e Sylla in fondo potrebbero essere discriminate, e magari hanno subito discriminazione in passato, per via della loro pelle. Riuscire a festeggiarle grazie a un oro in ambito sportivo significa, per una parte degli italiani magari razzista, magari ottusa, dimenticarsi per un momento il colore della pelle. È l’integrazione color-blinded auspicata da Martin L. King. Certo, se ti chiami Bruno Vespa avrai chi non ti pesta i piedi e chi te li pesta per partito preso. Però stavolta, davvero, cos’ha detto di sbagliato?