Francesco Totti si racconta a Viva El Futbol, in compagnia di Antonio Cassano, Nicola Ventola e Lele Adani. Tra gag, battute e qualche affondo, l’ex capitano della Roma ripercorre la sua carriera, analizza il calcio di oggi e lascia intendere che, chissà, un giorno potrebbe tornare nel club della sua vita. Si parte subito con una rivelazione: c’è stata davvero la possibilità di tornare a giocare in Italia? Totti lo conferma, senza però sbilanciarsi troppo: “Sì, è vero che c’è stata la possibilità. Non dico quale squadra, ma poi dovevo venire a vivere vicino a Cassano”. Tutti gli indizi portano alla Sampdoria, ma l’ipotesi è sfumata prima ancora di diventare concreta. Il capitano, però, non ha rimpianti: “Io non mi pento di niente. Ho vinto tutto con la Roma, a me non serve il Pallone d’Oro”. E quando il discorso cade su Lionel Messi, parte la battuta: “Forse, forse eh, con Frau e Pivotto anche lui non avrebbe vinto il Pallone d’Oro”.

Poi il pensiero su Paulo Dybala: “È tra i più forti al mondo, come talento. Rispetto ai nostri tempi magari c’è meno qualità, ma lui è fortissimo. In questo momento è il migliore in Italia. Ha un altro passo rispetto a due mesi fa e quando ha la palla, la palla canta. Paulo non fa fatica adesso, prima si fermava, la bottarella, i crampi, ora è una macchina, adesso tocca la palla all’ultimo e ha gamba”. Cassano non è convinto, ma Totti insiste. Si passa al ruolo dell’allenatore: “Deve essere prima di tutto un gestore. Ancelotti è il migliore al mondo, se parli con i giocatori lo amano tutti. Mourinho? Numero uno, ha vinto tutto. Ma di che cosa parliamo?”. Poi una riflessione più ampia: “Mourinho, Allegri, Capello e Ancelotti giocano in modo normale, ma vincono. Ed è questo che conta. La gente quando vince non pensa a come si gioca”. Tra i tecnici attuali, il pupone promuove De Zerbi ma con qualche riserva: “Mi piace tanto, diventerà un grande allenatore, ma a Roma sarebbe un punto interrogativo. Qui si sono abituati ad allenatori medi”. Su Gasperini, invece, è netto: “Non mi fa impazzire. Se facessi il direttore tecnico della Roma, chiamerei Ancelotti. Ma tanto non viene”. E scherza: “Con Gasperini mi presentavo direttamente il sabato in ritiro”.

Totti non ha dubbi: “Per vincere servono grandi allenatori e grandi giocatori. La Roma è medio-alta, da quinto-sesto posto, non di più. Un nome? Ancelotti, e se venisse, direbbe: ‘Qual è la squadra? Perché con questa non vengo, mi devi cambiare la spina dorsale’”. E sul suo possibile ritorno in società? “Adesso penso a divertirmi e a fare quello che sto facendo, poi se mi cercheranno valuterò. La Nazionale? Ad altre squadre farei difficoltà, per me esiste solo la Roma. L'Italia è diversa. Decidere? Non da solo, ma con gli altri, potrei dare il mio contributo. L'importante è sapere il budget, poi qualcosa conosco”. L’amore per la Roma, come sappiamo, è totale e incondizionato e su questo l’ex campione rivela di aver ricevuto offerte anche dopo il ritiro, ma di aver sempre declinato per rispetto della maglia: “Per me rimanere 25 anni in una squadra è stata una grande vittoria”.

Poi un retroscena sull’addio: “A metà anno la società mi disse che dovevo decidere io. Io dissi che ero disponibile a giocare anche gratis perché la Roma veniva prima di tutto. Poi a tre giornate dalla fine mi dicono che era il mio ultimo derby. L’ultimo anno con Spalletti non è stato rose e fiori”. E sulla vicenda Inter e Moratti? “Ne ho visti di giocatori scarsi, ma la vittoria più grande è essere rimasto a Roma. Moratti e Berlusconi hanno fatto di tutto per prendermi, ma Sensi si era impuntato. Non mi sono piaciute certe frasi: Moratti è un signore, ma era lui che mi voleva a tutti i costi. E Sensi ha detto di no”.