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Le bombe del generale Mario Mori a Quarta Repubblica su Borsellino e i magistrati: “Mancano i mandanti della strage. Su mafia-appalti serve una commissione per trovare la verità”

  • di Matteo Cassol Matteo Cassol

17 maggio 2023

Le bombe di Mori a Quarta Repubblica su Borsellino e i magistrati: “Mancano i mandanti della strage. Su mafia-appalti serve una commissione per trovare la verità”
Il generale Mario Mori, ex comandante dei carabinieri del Ros e già direttore del Sisde definitivamente assolto nel processo sulla trattativa Stato-mafia, ha fatto dichiarazioni pesanti su alcuni magistrati e sull’omicidio di Paolo Borsellino: secondo l’alto ufficiale bisogna istituire una commissione parlamentare sul dossier mafia-appalti, indagando sul quale a detta di Mori potrebbero essere individuati i mandanti della strage di via D’Amelio. Ecco quello che ha detto

di Matteo Cassol Matteo Cassol

Non hanno suscitato particolari reazioni né portato per il momento a sviluppi concreti, le dichiarazioni fatte dal generale Mario Mori, ospite di Nicola Porro a Quarta Repubblica su Rete 4. Ma sono dichiarazioni pesanti che provengono da un alto ufficiale che ora è stato definitivamente assolto dal processo per la presunta trattativa Stato-mafia, e quindi “forse” dovrebbero essere prese in considerazione. Da chi? In primis dalla politica, alla quale l’ex comandante dei carabinieri del Ros e direttore del Sisde si è rivolto chiedendo di istituire una commissione parlamentare sul dossier mafia-appalti, indagando sul quale a detta di Mori potrebbero essere individuati i mandanti dell’omicidio del giudice Paolo Borsellino. 

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Il generale Mario Mori e i magistrati uccisi dalla mafia Falcone e Borsellino

Chi è Mario Mori?

Il generale Mario Mori è stato comandante dei Ros (Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri) e direttore del Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica, un servizio segreto italiano). Fu posto in congedo dall’Arma nell’ottobre 2001, quando fu nominato prefetto e direttore del Sisde. Dal 2008 al 2013 ha svolto attività di consulenza nel settore della sicurezza pubblica per conto dell’allora sindaco di Roma Gianni Alemanno. È stato assolto nel processo per favoreggiamento nei confronti di Cosa Nostra per la ritardata perquisizione del covo di Riina, in quello per favoreggiamento a Provenzano (l’accusa era di averne impedito la cattura nel 1995) e in quello sulla trattativa Stato-mafia. 

Cos’è il dossier mafia-appalti?

La questione mafia-appalti, inchiesta archiviata dopo la strage di via D’Amelio (il 14 agosto 1992 dopo la richiesta dei pm scritta nel 13 luglio 1992 e inviata al Gip il 22 luglio) è molto complessa: il 20 febbraio 1991 i carabinieri del Ros depositarono l’informativa relativa alla prima parte delle indagini, a firma dell’allora capitano Giuseppe De Donno, con oggetto “Annotazione relativa alle indagini di polizia giudiziaria esperite in merito ad una associazione di tipo mafioso tendente al controllo e/gestione di attività economiche concessioni appalti e servizi pubblici” indirizzate a Giovanni Falcone e a Guido Lo Forte e poi arrivato anche all’allora capo della procura di Palermo, Pietro Giammanco. Ne derivarono cinque arresti ma anche dissidi tra Ros e Procura. 

Cosa ha detto Mario Mori?

Non è la prima volta che Mori parla del possibile collegamento tra mafia-appalti e l’uccisione di Borsellino, ma è la prima da quanto è stato assolto in via definitiva sulla trattativa Stato-mafia: “Nell’agosto del ‘92 quando cominciammo – le parole del generale a Quarta Repubblica – io non mi fidavo del procuratore della Repubblica di Palermo, il dottor Pietro Giammanco. Non mi fidavo e l’ho dimostrato”. La ricostruzione: “Marzo ’92: Borsellino torna a Palermo e viene nominata a giugno. 23 maggio ’92: muore Giovanni Falcone con la moglie e tre uomini di scorta. Passiamo al 19 giugno 1992: due ufficiali dei Ros si presentano a casa di Borsellino e gli dicono che nel circuito carcerario stanno pensando a ucciderlo. […] Il 25 giugno Borsellino chiede di parlarmi riservatamente, fuori dal tribunale. Mi dice: «Ci vediamo alla caserma Carini di Palermo». E mi chiede di riprendere mafia appalti, che lui già conosceva. 13 luglio, il dottor Scarpinato e il dottor Lo Forte chiedono l’archiviazione di mafia appalti. 14 luglio, riunione della Dda di Palermo: Borsellino chiede come sta andando l’inchiesta mafia appalti e nessuno gli dice che la stavano archiviando. 16 luglio, Borsellino si incontra a Roma con Lo Forte, Natoli e l’onorevole Carlo Vizzini e parla diffusamente di mafia appalti, tant’è che Vizzini depone in tribunale e racconta questo. 19 luglio, alle 7.30 del mattino, lo dice la signora Agnese Borsellino, Giammanco telefona a Borsellino e gli dice che gli ha conferito finalmente (perché fino ad allora non lo aveva data) la delega per operare anche in provincia di Palermo. Pomeriggio del 19, salta in aria Paolo Borsellino con cinque uomini della scorta. 22 luglio, il dottor Giammanco inoltra la richiesta di archiviazione di mafia appalti che viene archiviata il 14 agosto”. Porro sottolinea che tre giorni dopo la morte di Borsellino archiviano l’inchiesta che lui e Falcone volevano tenere in piedi. Mario Mori: “Mi potevo fidare del dottor Giammanco? No. Siccome sapevo che stava per andare via e sarebbe venuto Gian Carlo Caselli ho aspettato il 15 gennaio del ’93. Fortuna volle che quel giorno arrestiamo Totò Riina”. 

falcone e borsellino
Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Una parte della magistratura aveva rapporti con la mafia (o comunque l'ha favorita)?

Mario Mori non lo dice esplicitamente, ma afferma: “Che comunque mi ostacolava in maniera pesante. E quindi io non ero disposto a mettere a disposizione le mie acquisizioni in quel momento. […]  Rispetto a mafia-appalti ormai ci sono cose che non si possono più fare perché non ci sono più gli strumenti per farlo e altre che si possono ancora fare. […] Giammanco (morto nel dicembre 2018, ndr) per più di vent’anni non è mai stato sentito da nessuno su questa vicenda, quando sarebbe stato necessario chiedere «ma perché ha risolto alle 7.30 del mattino del 19 luglio (il giorno della sua morte, ndr) per dire a Paolo Borsellino che gli dava la delega, quando glielo poteva dire l’indomani in ufficio?» […] Perché il dottor Falcone ha parlato con la giornalista Adriana Minella dicendo che l’esito di mafia appalti, cinque arresti, era riduttivo perché la Procura non voleva coinvolgere i politici? Perché Falcone nelle sue memorie, nel suo pc, parla di pressioni fatte da Giammanco sul capitano Giuseppe De Donno, che dipendeva da me, perché chiudesse l’operazione?” 

Cosa chiede Mario Mori su mafia-appalti?

“Voglio che la politica italiana crei una commissione parlamentare sul problema di mafia-appalti, per andare in fondo e per vedere. Perché se, come ha detto il Borsellino Quater (processo, ndr), mafia-appalti è la causa della morte di Paolo Borsellino, mi sembra doveroso – per i morti, per Falcone, per Borsellino, per tutti gli altri morti e per i vivi, in particolare per la famiglia di Borsellino – che si trovi la verità su questa storia”. Ma la verità non l’abbiamo trovata? Non abbiamo trovato tutti i colpevoli di quella roba lì (chiede Porro)? “Quali, gli esecutori materiali? Eh ma quelli… Poi ci sono anche i mandanti, in ogni vicenda giudiziaria.  

Quindi Mori crede al “terzo livello”?

Mori vuole che “per esempio tutti i magistrati della distrettuale di Palermo ancora vivi (e sono quasi tutti vivi) che il 14 luglio omisero di dire a Borsellino che stavano archiviando mafia-appalti vengano a dire perché è successo questo fatto qua. Perché Caltanissetta ha tenuto per vent’anni la documentazione di questi interrogatori che fece il Csm dal 29 luglio in poi [… e non ha detto niente a nessuno, dice Porro] e il mio avvocato ha avuto per due volte rifiutata la consultazione della pratica. Solo nel 2020 l’avvocato mio ha ottenuto dal dottor Pasi di Caltanissetta la possibilità di controllare il fascicolo e ha depositato questi atti nell’appello della trattativa (processo, ndr)”. 

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