Per Salvatore Baiardo TikTok è ormai il canale di comunicazione preferito. Negli ultimi tempi, dopo il caos intorno a Non è l’Arena di Massimo Giletti e la possibilità di passare come ospite in Mediaset (“dove puoi dire quello che vuoi”), Baiardo ha rilasciato una sola intervista a Libero – di cui abbiamo parlato in modo approfondito qui – per poi continuare con dei brevi reel sul suo profilo pubblico, da cui ha iniziato a promuovere tra l’altro il suo nuovo libro, previsto per i primi di luglio e annunciato durante il Salone del libro di Torino dalla casa editrice Frascati & Serradifalco (Roma). Nel frattempo, i video toccano vari argomenti e uno, in particolare, sta facendo discutere. Baiardo ha lasciato intendere che potrebbe esserci un legame tra la morte di Giovanni Falcone e le indagini che il giudice stava conducendo intorno al cosiddetto caso dell’oro di Mosca, ovvero quei finanziamenti che l’Unione Sovietica avrebbe versato a favore del Partito Comunista Italiano (PCI) tra il 1951 e il 1991, per un totale di circa 989miliardi di lire. «Nessuno ha mai indagato su questo: l’oro di Mosca… perché il giudice Falcone era riuscito ed era sulle tracce di questo finanziamento di mille miliardi di vecchie lire dati dal Partito Comunista sovietico al nostro Partito Comunista. Però di questi finanziamenti non ne aveva mai parlato nessuno». Baiardo continua, alludendo a uno schema più generale: «Visto che Falcone doveva recarsi a Mosca per trovare un suo collega, e c’erano le prove di tutto ciò, io vorrei collegare anche questa cosa qui. Ma non solo a un attentato voluto dalla mafia, o dai servizi segreti, dalla massoneria. Ma perché non si va a indagare anche in questo aspetto? Io ve lo racconterò meglio nel mio libro. Però nessuno ha mai indagato».
Baiardo si sta riferendo a un’ipotesi che in più di un’occasione è stata richiamata alla memoria, nonostante non siano mai partite indagini specifiche per approfondire questa pista. Dopo il periodo come magistrato inquirente, a fine febbraio del 1991 Falcone aveva accettato l’incarico alla direzione dell’Ufficio affari penali del ministero, su richiesta dell’allora ministro Claudio Martelli. In quel ruolo, Falcone ebbe la possibilità di approfondire di concerto con i ministeri della giustizia degli altri stati anche la questione delle rogatorie internazionali, quelle pratiche giudiziarie che non riguardano solo l’Italia. Così Falcone, tra la primavera e l’estate del 1992 (poco prima di morire), intrattenne vari rapporti con il procuratore generale della Russia post-sovietica, Valentin Stepankov, proprio per poter approfondire la scia di soldi che da Mosca confluì nelle casse prima del PCI e poi del PDS tramite il “Fondo di assistenza internazionale ai partiti e alle organizzazioni operaie e di sinistra”. Non solo. Tre giorni dopo la strage del 23 maggio del ’92, una testata russa, La Nuova Isvestia, diede la notizia del viaggio imminente che Falcone avrebbe dovuto compiere a Mosca per potersi confrontare con il suo omologo russo in modo da «coordinare le indagini sul trasferimento all’estero dei soldi del Pcdus [Partito Comunista della Federazione Russa, ndr]». Un viaggio che, purtroppo, non avvenne mai.
Baiardo, in un video di poco successivo, passa poi a parlare anche di Tangentopoli e di come questi finanziamenti dalla “Patria spirituale” del PCI sarebbero stati trascurati: «Qualcosa sarebbe dovuto saltare fuori anche su Tangentopoli, perché Tangentopoli – guarda caso – cosa ha fatto: ha toccato solo partiti di centrodestra. E il Partito Comunista, che guarda caso era quello con le mani più nella marmellata, non è stato toccato per niente. Ma secondo voi perché? Perché volevano cancellare la Democrazia Cristiana, cancellare il Partito Liberale, i socialisti, per mandare al potere il Partito Comunista. Ma non ci son riusciti i magistrati. La mia ipotesi è quella che è stato un complotto con l’Unione Sovietica”. E la salita al potere di Silvio Berlusconi sarebbe stata organizzata proprio per impedire al PCI di arrivare al governo. Anche questa teoria non è nuova ed è stata largamente affrontata e diffusa su molti canali di centrodestra e liberali. Tuttavia, come ricordano Marco Travaglio, Gianni Barbacetto e Peter Gomez in Mani pulite. 25 anni dopo (Paper First, 2017), definendo questa tesi una delle sette post-verità più diffuse su Tangentopoli, il Partito Comunista sarebbe stato in parte toccato dallo scandalo, soprattutto se si guarda alle vicende della sezione milanese. E proprio perché ci si concentrò sulla città meneghina il PDS risultò più compromesso di altri partiti, comunque finiti sotto accusa: «Il Psi apparve più colpito da Mani pulite perché il suo padre-padrone Bettino Craxi risiedeva e operava a Milano (sotto la competenza diretta di quella procura, diversamente dai segretari degli altri partiti, con base perlopiù a Roma) e perché gl’imprenditori e i cassieri di area socialista si rivelarono i più disponibili a confessare, rendendo più facili le indagini. Inoltre il Psi aveva la “panchina corta”: rispetto a Pci e Dc era meno compartimentato, privo di filtri organizzativi tra i cassieri delle mazzette e il segretario nazionale».
Al di là di quanto si possa dire su due brevi frammenti di poche decine di secondi, Baiardo parlerà di tutto questo nel suo nuovo libro di prossima uscita (mentre si sta già pensando, dice, a un secondo volume) e a quel punto si potrà comprendere la portata delle affermazioni. Tuttavia, queste affermazioni sembrano essere molto più nette rispetto a quanto dichiarato in passato, tra non detti giocati sul filo dell’ambiguità su temi che, come già notato dal nostro direttore Moreno Pisto, hanno a che fare con l’attualità. Che vi sia un doppio standard, per cui è più difficile parlare dei fratelli Graviano che non di questi eventi che nel corso degli anni sono stati storicizzati e in qualche modo tenuti lontani nel tempo dalla vita del nostro Paese? O, più semplicemente, in questo caso Baiardo si sta limitando a recuperare tesi già sentite (e, secondo alcuni, smentite), non sue, su cui non sa – è difficile crederlo – nulla di più di quanto non si possa ricostruire sin d’ora? Non è facile credere che una figura come lui possa non sapere nulla in più di quanto è emerso nel corso degli anni e forse anche per questo la sua autopromozione sui social sta raccogliendo sempre più interesse, in attesa di altri elementi, magari stavolta inediti, sulle vicende di questi mesi.