Che roba brutta. A leggere gli articoli sulla mafia che i giornaloni stanno pubblicando da diversi giorni ormai questo è il commento che mi sento di fare. Il Fatto, con Marco Lillo, ogni santo giorno esce con due paginate dedicate all'inchiesta della Procura di Firenze, che indaga sui mandanti occulti (che per Il Fatto non sono mica così occulti: i nomi che si fanno sono sempre e solo quelli di Dell'Utri e Berlusconi) delle stragi in continente del 1993. Dicesi stragi in continente per chi non è così avvezzo di robe di mafia: le bombe messe a Milano, Roma e Firenze tra maggio e luglio 1993, le prime dichiaratamente mafiose non in Sicilia. A rispondere a Il Fatto ci ha pensato Libero con un'intervista a Salvatore Baiardo, che non parlava a un giornalista dai tempi di Giletti e che ad Andrea Morigi ha ripetuto la stessa roba che sta cantilenando già da un po'. Roba brutta, appunto. Che potremmo lasciare cadere nel vuoto se non fosse che, invece, è molto importante capire perché si sta parlando di tutto questo proprio adesso e cosa c'è sotto. Perché riguarda l'attualità e quello che sta succedendo adesso dentro la mafia e le reazioni che può avere a livello politico.
Partiamo dall'intervista di Baiardo. Che è stata un'intervista drammatica, senza offesa per nessuno, davvero. Le domande che gli sono state rivolte? Poco centrate. Le risposte? Scontate. Da copione recitato. Evasive. Baiardo dice e soprattutto non dice. Allude ma appena appena. E continua a utilizzare i giornali (e i giornali si prestano) per amplificare un messaggio e cioè che i fratelli Graviano, mafiosi stragisti rinchiusi al 41bis, il regime carcerario duro, avevano chiuso con la mafia già al momento del loro arresto nel 1994, tanto da essere stati arrestati a Milano, mica in Sicilia. Poi continua dicendo che nessuno di loro ha mai conosciuto né Berlusconi né Dell'Utri, al contrario suo che un Berlusconi, invece, lo conosceva eccome, ma era Paolo, fratello di Silvio, tanto da chiedergli un appuntamento e averlo qualche ora dopo per chiedergli in prestito dei soldi da immettere nella sua (di Baiardo) gelateria in crisi. E come faceva a conoscerlo? Perché frequentavano lo stesso ristorante sul lago Maggiore. È o non è un capolavoro?
Ok facciamo un passo indietro: chi cazzo è Baiardo. Lo abbiamo scritto qui: autista dei fratelli Graviano, i boss del quartiere Brancaccio di Palermo, alleati di Matteo Messina Denaro catturato a gennaio. Baiardo è colui che tre mesi prima di questo arresto chiamava Massimo Giletti perché gli doveva dire una cosa e gli rilasciava tre dichiarazioni profetiche: MMD sta molto male, verrà catturato a breve in una data simbolica (avvenuta un giorno dopo il trentennale dell'arresto di Totò Riina), sarà un regalo al nuovo governo. Sempre a Giletti, poi, gli avrebbe fatto vedere una foto in cui uno dei due fratelli Graviano, Giuseppe, sarebbe stato con Silvio Berlusconi e un carabiniere, il generale Delfino. Foto di cui lui, adesso, smentisce l'esistenza ma che intanto ha portato effetti devastanti, tra cui la chiusura (non è l'unico motivo, a dire il vero) della trasmissione Non è l'Arena. Baiardo, per essere stato complice dei Graviano, si è fatto anni di carcere, ora è libero e non si è mai pentito. Per molti è il portavoce dei Graviano, per altri è il ministro della comunicazione della mafia. Lui, da giocatore di poker qual è, sa bluffare, e infatti nell'intervista a Libero prima dice che ormai lui ha chiuso con determinati ambienti mafiosi e poi rivela - sollecitato dal giornalista: “Altre previsioni non ne ha?”, come se fosse un gioco - che presto ci saranno altre novità.
Questa non è l'unica anomalia dell'intervista. Un'altra, l'abbiamo già detto, è quando Baiardo si ostina a dire che i Graviano, al momento del loro arresto, si erano già distaccati dalla mafia (“Le loro intenzioni erano di rimanere al Nord e un mafioso resta un mafioso quando resta sul proprio territorio”). Questo dettaglio è fondamentale per il semplice motivo che i Graviano sono al 41bis e le nuove leggi sull'ergastolo ostativo e sul 41bis firmate dai governi Draghi e Meloni dicono che è possibile il passaggio a un regime carcerario non più attraverso il pentimento (cosa che i Graviano non hanno mai fatto) ma anche soltanto attraverso la dimostrazione che non si abbia più legami con l'organizzazione criminale. La cosa vista da questo punto di vista assume un altro significato. Domande su questa coincidenza da parte del giornalista? Zero. Infine torniamo su Paolo Berlusconi: Baiardo, così, per caso – stando al suo racconto – un bel giorno avrebbe riconosciuto gli uomini della sua scorta, si sarebbe presentato, avrebbe chiesto a loro di intercedere per avere un appuntamento con Paolo B. e Paolo B. gliel'avrebbe concesso perché frequentavano lo stesso ristorante e in quella sede Baiardo gli avrebbe chiesto dei soldi per la gelateria in piena crisi di liquidità. Siamo o non siamo alle comiche?
Viene da farsi le stesse domande però leggendo Il Fatto. Qui lo sforzo è quello di evidenziare i possibili legami tra i Graviano e Dell'Utri e Berlusconi riportando tutti gli spunti investigativi della Dia di Firenze che ha messo a confronto celle telefoniche, presenze concomitanti in diverse zone (Milano, Venezia, Sardegna) e altri indizi che farebbero pensare a un contatto tra le due parti e una possibile collaborazione per scatenare stragi nel continente. Ma, come scrive più volte negli stessi articoli Marco Lillo – per tutelarsi da eventuali querele – questi sono solo spunti. Non provano niente né mai lo proveranno. E tutte le inchieste fatte fino a ora dagli stessi pm fiorentini sono finiti sempre in un modo solo: richiesta di archiviazione. Ce lo vedete voi, Silvio Berlusconi – come ha raccontato Il Fatto, ripescando alcuni pentiti – ordinare una “bella cosa” ai Graviano intendendo per “una bella cosa” lo scampato attentato all'Olimpico del gennaio ‘94 che doveva portare all'uccisione di 100 carabinieri? Non credo che nemmeno l'uomo che odia di più al mondo Silvio B. possa pensarlo capace di richiedere una strage del genere.
Detto questo, certo: ci sono cose che non tornano. Le date (i Graviano vengono arrestati pochi giorni dopo l'annuncio della discesa in campo di B.), le sentenze (Dell'Utri è stato condannato in via definitiva per i suoi rapporti con la mafia fino al 1992: e poi?), le case (a Milano3 di proprietà di un farmacista di Avola e gestite dalla Edilnord di Silvio B. e in uso ai Graviano), le parole di Filippo Graviano in carcere, intercettato mentre parla con un altro carcerato (che ogni tanto tradisce qualche contatto), e quelle di Baiardo (che dice e non dice). Ma proprio queste cose che non tornano più che a guardare robe di 30 anni fa, ci devono fare delle domande sull'oggi: perché proprio adesso si sta parlando dei Graviano e dei Berlusconi? Perché proprio adesso Libero e Il Fatto si stanno schierando come due tifoserie? Perché perché perché?
Perché ci sono gli anniversari, e quindi un motivo di attualità. Ok. Ma non solo. C'è qualche coincidenza con le notizie sulla salute di Berlusconi? Delle risposte, in parte, le abbiamo già date in altri articoli. Ma cercherò qui di essere più chiaro. Sia gli indizi che possiamo raccogliere guardando alcuni movimenti (i ritorni in terra di Sicilia di alcuni cognomi forti) sia ascoltando ciò che dicono gli investigatori è come se all'interno della mafia ci sia stata una scissione – e non da poco tempo – tra i Messina Denaro e i Graviano. I Messina Denaro sono stati lasciati al proprio destino, sacrificati. Adesso la partita si fa sui Graviano e sui “palermitani”. Sulle loro esigenze, sulle loro richieste, sui loro interessi. Cosa chiedono? Cosa vogliono? Chi sono i loro rappresentanti politici? E chi sono quelli che comandano sul territorio? E chi, invece, quelli che dell'arresto di Matteo Messina Denaro hanno solo paura perché sentono arrivare le indagini dritto a casa loro? È a queste domande che bisognerà dare una risposta netta perché è su questi terreni che si gioca la vera partita. Baiardo non si sbilancia e dice che “ci saranno novità ma adesso è troppo presto per anticiparle”. Però gli anniversari delle bombe ai Georgofili di Firenze, al Pac di Milano e nelle chiese romane stanno arrivando e di solito qualche notizia con loro se la portano appresso. Manca poco.