La fine. O l'inizio. Il tramonto. Oppure no, la svolta. Il 16 gennaio 2023 viene arrestato Matteo Messina Denaro. Tutti sprecano termini definitivi: l'ultimo dei corleonesi, l'ultimo degli stragisti, l'ultimo boss. La verità, come spesso succede quando si parla di mafia, è una domanda. Anzi, sono tre. La prima: e se l'arresto di Messina Denaro non sia stato la fine della mafia, ma un nuovo inizio? Notizia di pochi giorni fa è che i carabinieri avrebbero trovato una specie di testamento di Messina Denaro: appunti, indicazioni di come portare avanti Cosa nostra, tornando alle federazioni tra clan e a una commissione regionale, i nomi di chi avrebbe dovuto prendere la leadership della mafia trapanese e siciliana. E qui arriva la seconda domanda: quindi, dentro i covi di Campobello di Mazara, cosa è stato trovato? Lo sappiamo: Matteo Messina Denaro conosceva da molto tempo il suo stato di salute e negli ultimi mesi ha commesso degli errori - o li ha voluti commettere o è stato portato a commetterli da altri (e su chi siano questi altri ci arriviamo fra poco) - che lo hanno reso visibile a chi lo stava cercando da una vita ma che ha potuto stringere il cerchio solo quando ha potuto muoversi con pieni poteri. Già, perché non ci dobbiamo dimenticare di una strana convergenza: proprio mentre Messina Denaro si lascia andare, seminando tracce della sua presenza e della sua malattia (i pizzini trovati nella gamba della sedia a casa della sorella Rosalia, per esempio), i due uomini che da anni vivono per catturarlo vengono spostati in posti di altissimo comando, ci riferiamo a Maurizio De Lucia e Paolo Guido. Dal momento che il primo viene messo a capo della Procura di Palermo, nell'ottobre del 2022, e il secondo a capo della DDA, da gennaio 2022, in pochi mesi raggiungono l'obiettivo che si erano prefissati. Non poteva che essere così, è un'equazione semplice: se tu non fai niente per nasconderti (come abbiamo raccontato qui e qui) chi ti cerca davvero, ti trova. Con questo non c'è intenzione di sminuire l'operato dei due investigatori, tutt'altro, ma di dire che l'esito della loro indagine - con queste premesse - era scontato.
Infine c'è la terza domanda, che in molti si stanno facendo ma che nessuno ha palesato sui giornaloni (per paura di essere tacciato di ingenuità o di esagerato complottismo), la seguente: è plausibile, credibile, pensare che le assoluzioni (per Dell'Utri, il generale Mori e gli altri carabinieri dei Ros Subranni e De Donno) e le prescrizioni (per i mafiosi) decise dalla Cassazione nell'ambito del processo sulla trattativa tra Stato e Mafia siano collegate all'arresto (pilotato, facilitato?) di Matteo Messina Denaro? Quest'ultima domanda si porta appresso due interpretazioni. La soft e la hard. Nella soft si suggerisce che tra gli scopi della sentenza ci sia quello di chiudere così i conti con un passato sanguinoso e velenoso e favorire in questo modo una riappacificazione storica. Nella hard invece si sostiene che le assoluzioni e le prescrizioni fossero nei patti dopo l'arresto (pilotato, facilitato?) di MMD. Attenzione: anche qui nessuno si azzarda a dire che i giudici della Suprema Corte siano attori del Grande Gioco, come lo chiamava Falcone, ci mancherebbe, piuttosto che i Giochi intervenuti siano più laterali, servizievoli e allo stesso tempo elevati. D'altronde qualcuno durante una delle puntate di Non è l'arena l'aveva buttata lì: vedrete che piano piano e nel corso del tempo, dopo la cattura di Matteo Messina Denaro, cominceranno ad esserci scarcerazioni o comunque segnali di distensione. In attesa delle motivazioni della sentenza, da cui sicuramente si noteranno tutti i limiti dell'accusa - dai capi di imputazioni, alla territorialità fino al fatto che allora chi doveva portare avanti le indagini (i carabinieri del Ros) non poteva fare grande affidamento sulle intercettazioni e doveva ricorrere per forza di cose alla strada, ai contatti, alle relazioni - un dubbio resta nell'aria: il fatto di smentire adesso, in questo contesto, chi sosteneva che fosse esistita una trattativa Stato-Mafia, può essere uno di questi segnali distensivi?
Anche perché se è vero che adesso la Cassazione si è espressa in questo modo è altrettanto vero che in altre sedi, altre sentenze passate in giudicato (anche su fatti non di mafia, oltretutto) hanno raccontato che invece trattative tra personaggi delle istituzioni e boss mafiosi (e spesso uomini della cosiddetta destra eversiva) ci sono state eccome. Ergo, un dialogo aperto tra le due parti è sempre avvenuto, dai tempi dei tempi, nei secoli fedele. Dopo la cattura di Totò Riina, il Capo dei Capi, i carabinieri del Ros comandati proprio da Mario Mori scelsero deliberatamente di non perquisire il suo covo, che fu ripulito dal gotha di Cosa Nostra. Questo è un fatto. Un altro fatto è che sempre i carabinieri del Ros decisero di non intervenire il giorno in cui il boss mafioso pentito e infiltrato Luigi Ilardo li portò dritti dritti da Bernardo Provenzano in un casolare di Mezzojuso. Ed è sempre un fatto che chiunque sia arrivato a trovare prove concrete di un collegamento tra mondi di sopra e mondi di sotto o che stava per raccontare ciò che sapeva sia finito malissimo, Falcone, Borsellino, altri magistrati ma anche mafiosi come lo stesso Ilardo e Antonino Gioé, trovato impiccato in carcere. In sostanza, il teorema che la trattativa fosse una boiata pazzesca non regge. Ma lo Stato non può processare se stesso, come ha commentato l'ex magistrato Antonio Ingroia.
Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo e attuale senatore del M5S, su Il Fatto ha utilizzato altre parole: «Non vi sono le condizioni per accertare in sede giudiziaria la verità sui retroscena delle stragi del 1992 e del 1993». In ogni caso leggere i quotidiani nei giorni dopo la sentenza è stato un esercizio utile, perché l'attacco a chi ha portato avanti l'accusa - i pm di Palermo, su tutti Nino Di Matteo - perpetrato soprattutto dai giornali di area destrorsa, è stato violentissimo. Non proprio un clima da riappacificazione, anzi.
E quindi torniamo alle domande di cui sopra: la nuova mafia è iniziata con l'arresto di MMD? A questa (eventuale) nuova (nuova?) mafia stanno arrivando segnali di distensione? Lo abbiamo accennato all'inizio di questo articolo e scritto in altri pezzi: molti comportamenti di Matteo Messina Denaro tradiscono che - volente o no - aveva abbassato la guardia (tanto da far combaciare l'apparato logistico e quello comunicativo in uno solo, mentre prima erano nettamente separati) e che le cifre di cui parlava nei pizzini non erano più molto alte. Tutto questo è molto ma molto strano, soprattutto perché, come diceva Falcone, i soldi bisogna seguire e ora, di soldi, in Sicilia e in terre ad alto rischio di infiltrazioni ne arriveranno a palate attraverso il Pnrr e gli investimenti richiesti nel settore green. Non è che MMD fosse diventato un peso, una calamita per le forze dell'ordine e un freno per gli affari sacrificabile dalle famiglie palermitane (gli altri di cui sopra) tale da pilotare o rendere più facile il suo arresto? Sacrificabile anche perché: uno, a Campobello si vocifera che ormai Matteo Messina Denaro era buono solo ad arricchire se stesso, e due, perché in realtà la sua figura era diventata troppo ingombrante, essendo molto più mediatica che decisionista. Oltretutto il ritorno in Sicilia dagli Stati Uniti di alcuni nomi che avevano perso la guerra coi corleonesi e quello di Salvo Riina, il figlio di, a Corleone ci fanno capire che qualcosa si sta muovendo.
Tutte considerazioni che ci consigliano di non guardare cose di 30 anni fa, dove c'è da perderci la vista, i processi e la speranza, ma di osservare i movimenti attuali. E in una zona come quella del trapanese che sta per andare alle elezioni c'è tanto, tantissimo, da scoprire. Anche perché l'ultimo allarme bomba a un politico della zona non è che risalga a molto tempo fa, no, risale a metà marzo; un allarme bomba, poi rivelatosi infondato, nell'auto del sindaco di Partanna e deputato regionale siciliano in quota Fratelli d'Italia Nicola Catania, parcheggiata davanti casa sua. Solo una fake news, menomale, ma il nervosismo sale e ogni dettaglio ci fa capire che non bisogna smettere, non ora, a dispetto di chi vuol farci credere che finito MMD finita la mafia e che una verità processuale sia una verità di fatto, di domandare e domandarsi: ehi mafia, come stai? Come si fa con l'assistente vocale Siri, solo che in questo caso non possiamo ottenere una risposta preconfezionata, anzi per averne una completa bisognerà aspettare un bel po' di tempo. Anche se qualcuno giura che qualche indizio arriverà a breve.