Un’inchiesta che rischia di incendiare il dibattito politico. Secondo quanto rivelato da Report nella puntata “Mori va alla guerra”, il generale dei carabinieri in pensione Mario Mori, già assolto in passato da altre accuse, è oggi indagato dalla Procura di Firenze per le stragi mafiose del 1993, con l’aggravante della finalità terroristica e mafiosa. In quel contesto, tra il 2023 e il 2024, la Direzione investigativa antimafia ha intercettato numerose sue conversazioni private, in cui Mori, pur non sapendosi ascoltato, discuteva apertamente con ex collaboratori, avvocati, giornalisti e soggetti politici per influenzare i lavori della Commissione Antimafia, presieduta da Chiara Colosimo di Fratelli d’Italia. Un investigatore anonimo, fonte di Report, ha ricostruito le conversazioni. “Mori non solo non nega, ma rivendica la sua regia ridendoci sopra con i suoi ex ufficiali Obinu e De Donno”, ha dichiarato. “Briga per inserire consulenti di fiducia, convinto che quelli segnalati dalla politica siano incompetenti”.

Tra i nomi proposti dal generale spiccano il magistrato Alberto Cisterna, l’avvocato Basilio Milio e, inizialmente, anche il giornalista Damiano Aliprandi, che però declinò l’invito per via di una sua condanna per diffamazione ai danni del senatore Roberto Scarpinato, oggi vicepresidente della Commissione Antimafia. E proprio Scarpinato è nel mirino del generale. Mori, secondo quanto riferito dalla fonte, lo considera un nemico da delegittimare e valuta con i suoi fedelissimi una strategia per metterlo all’angolo. “Si discute della possibilità di sollevarlo dalla Commissione e di usare la questione mafia-appalti per colpire la Procura di Palermo, fino a ipotizzare un concorso morale dei colleghi nella morte di Paolo Borsellino”. Al centro della manovra, secondo Report, ci sarebbe anche Fabio Trizzino, marito di Lucia Borsellino, le cui audizioni in Antimafia avrebbero segnato l’indirizzo dell’indagine parlamentare. Trizzino, sempre vicino alla linea di Fratelli d’Italia, sostiene la pista mafia-appalti e sminuisce quella politica, in linea con le posizioni di Mori. A dicembre 2024 ha esposto le sue tesi anche sul palco di Atreju, la kermesse di FdI.

Il nome del magistrato Cisterna sarebbe “passato”, conferma la fonte, ma Mori si era ripromesso di segnalarne altri. “Dice a tutti: sono passato all’offensiva”, racconta l’investigatore. “Prepara le audizioni in Commissione con Milio e Trizzino. E racconta che la presidente Colosimo avrebbe autorizzato due parlamentari a incontrarlo, perché fossero loro a presentare le sue proposte di consulenti. Tanto, secondo lui, ‘i parlamentari lo sanno che dietro ci sono io’”. Nel maggio 2024 Mori ha ricevuto l’invito a comparire dalla Procura di Firenze: l’accusa è non aver impedito, pur avendone l’obbligo giuridico, gli attentati del 1993 a Firenze, Roma e Milano. Avrebbe ricevuto più segnalazioni, già nel 1992, sul proposito di Cosa Nostra di colpire il patrimonio artistico del Paese, ma non avrebbe agito né avvertito l’autorità giudiziaria. Il quadro che emerge è quello di un generale che non solo non si è eclissato, ma che continua ad avere un ruolo attivo e influente nei gangli del potere. Nonostante le sue dichiarazioni d’innocenza e la presunzione di non colpevolezza, i contenuti dell’inchiesta rischiano di avere effetti pesanti. Il confronto tra Report e il generale Mori in strada chiude il servizio in modo emblematico. Alla domanda su chi fossero i due parlamentari e se abbia proposto Cisterna, Mori taglia corto: “Non vi rispondo perché sono cattivo e mi siete antipatici”. Ma, a questo punto, non è detto che saranno solo i giornalisti a fargli domande.