Non è una gaffe, non è uno strafalcione. È sciatteria e la sciatteria, in politica, è un modus operandi che, lungi dal giustificare errori e refusi (perché sbagliare si può, succede a tutti), definisce un atteggiamento di trascuratezza che non può passare in cavalleria. L’interrogazione parlamentare 4-06689 destinata ai ministri degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della difesa e della cultura sulle sanzioni sportive alla Russia e pubblicata tra gli atti ispettivi del Senato nella seduta 411 dello scorso 2 marzo ne è un esempio lampante e, per questo, va ringraziato il Foglio per averla scovata, riscattandola dal grigiore degli archivi e regalandole la meritata luce. Si tratta dell’interrogazione - primo firmatario il senatore Elio Lannutti, portato in Parlamento dal Movimento 5 Stelle e ora nel gruppo misto - in cui si confronta l’ostracismo attuale nei confronti di enti, federazioni sportive, club e atleti russi, fra gli altri casi, alla partecipazione italiana e internazionale ai Giochi invernali di quattro anni fa quando, si legge, “l’intero consesso sportivo mondiale partecipò nel 2018 alle Olimpiadi di Pyongyang, proprio nel periodo in cui la Corea del Nord era stata accusata da tutti gli organismi internazionali di violare i diritti umani e di voler scatenare una guerra globale grazie agli esperimenti nucleari che stava conducendo”.
Nord, Sud, sempre Corea è, una faccia una razza: forse il pensiero è stato questo, perché l’Olimpiade in questione si è notoriamente disputata a Pyeongchang, in Corea del Sud, e non nella capitale della Corea del Nord.
Ammesso che gli estensori dell’interrogazione non ne avessero conoscenza o memoria, nel burocratese degli atti parlamentari la stupidaggine è introdotta anche dalla beffarda considerazione “a quanto risulta all’interrogante” che, evidentemente, nemmeno ha fatto una misera verifica, ed è la sciatteria di cui sopra. Elio Lannutti, Nicola Morra, Silvana Giannuzzi, Barbara Lezzi, Luisa Angrisani, Matteo Crucioli, Bianca Laura Granato, Vilma Moronese, Rosa Silvana Abate, Matteo Mantero, Elena Botto: undici firme di senatori e senatrici (una rosa ampia, come si evidenzia nell’archivio degli atti di sindacato ispettivo) e nessuno di loro né dei loro collaboratori ad accorgersi di quello che, nel mare magnum parlamentare, è un dettaglio ininfluente ma solo in apparenza, trattandosi invero dell’ennesimo colpo portato all’immagine e alla credibilità dell’istituzione in primis da chi certi atti li presenta e li firma.
Certo, si potrebbe dire, in Parlamento si discusse a lungo, una decina abbondante di anni fa, dei rapporti di parentela di Karima El Mahroug con il presidente egiziano, l’indimenticabile querelle Ruby-nipote-di-Mubarak, e si votò persino una mozione in tal senso ma quella, così come altre situazioni imbarazzanti per l’istituzione, fu una mossa politica studiata e per questo ignobile ma non certo negligente, tutt’altro.
Nel caso di questa interrogazione, e di altre passate sotto silenzio, c’è un ulteriore aspetto da tenere in considerazione: dal punto di vista dell’apertura delle istituzioni ai cittadini, l’archivio online di Camera e Senato - così come lo straordinario lavoro della piattaforma OpenPolis con OpenParlamento - consente di tenere traccia di tutto quanto viene protocollato nelle aule parlamentari nel corso di una legislatura. Da un lato, per storiografi e politologi, ma anche per i cittadini, si tratta di una fonte preziosissima, dall’altro ciò apre però anche alla possibilità che in futuro qualcuno si imbatta in questa interrogazione (tecnicamente poi ritirata) e possa prendere in buona fede per corretta una ricostruzione fasulla, enfatizzata dai toni retorici tipici dell’interrogazione indignata e dal paragone con situazioni vagamente assimilabili perché è “quanto risulta all’interrogante” - ovvero undici senatori in un contesto alto e formale, un contesto teoricamente autorevole.
In un mondo in cui non si verifica più nulla, le fake news possono nascere anche così. Non si tratta, insomma, di una dichiarazione televisiva o di un tweet - i social sono una cloaca di crassa ignoranza per diversi parlamentari - ma di un documento depositato e protocollato che propugna una vera e propria falsità, ovvero la partecipazione “dell’intero consesso sportivo” a un’Olimpiade disputata nel Paese che, allora, era all’ultimo posto nel Democracy Index elaborato ogni anno dall’Economist. Un’Olimpiade che infatti non c’è mai stata, ma che “risulta all’interrogante” in un’interrogazione pensata, scritta, protocollata e pubblicata. E allora animo, che alla fine della legislatura manca ancora un anno - ed è davvero troppo - ma dopo molti di questi, forse tutti, torneranno a confondere le due Coree solo al bar.