Parafrasando Giorgia Meloni, loro sono donne, sono giornaliste, sono italiane, probabilmente sono anche cristiane. Sono le componenti dell’associazione “Giornaliste Italiane”, con il tricolore nel logo e io – non posso farci niente, data anche la presenza governativa alla loro presentazione pubblica – ho subito pensato al bisettimanale Ns-frauen-warte (Osservatorio Nazionalsocialista delle Donne), edito dall’associazione “Nationalsozialistische Frauenschaft” (Organizzazione delle Donne Nazionalsocialiste). Nonostante si fosse a Piazza Venezia, mi hanno anche ricordato il mensile Kommunistka (Donna Comunista), rivista fondata da Inessa Armand e Alexandra Kollontai nel 1920 e Rabonitsa (Donna Lavoratrice), fondata nel 1914 da un gruppo di donne vicine a Lenin e nel 1917 messo sotto il controllo dello “Zhenotdel”, la sezione femminile del Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica. Non ero alla presentazione, così me le sono anche immaginate con le longuette grigie o marroni, i capelli raccolti e forse un berrettino a metà tra il militare e le hostess cattivissime di un aereo a elica un po’ fantozzesco, di quelle che ti prendono a ceffoni. Così l’associazione “Giornaliste Italiane” mi sembra un riuscito mix delle tre pubblicazioni: da un lato il bisettimanale tedesco, che promuoveva il ruolo della donna nel Reich, moglie e madre e tedesca, e in cui si trovavano interessanti articoli su come usare il burro in cucina e il ryon per i vestiti, di esclusiva produzione germanica, dove, al posto delle “frau” ci sono le “giornaliste italiane” che danno utili consigli alla madre italica per la gestione della famiglia e dei figli (era presente il ministro per la Famiglia e la Natalità, Eugenia Roccella), dall’altro le riviste sovietiche che esortavano le donne all’emancipazione e alla parità con gli uomini, sottolineando la bassa percentuale di donne nella sfera pubblica, che è quanto rivendicano le “Giornaliste Italiane”, capitanate, secondo la cronaca de Il Foglio, dall’ufficio stampa di Giorgia Meloni, Giovanna Ianniello. A chi i giornali e i telegiornali? A noi!
Distribuiscono i dati di una ricerca di Social.com: su 38 direzioni di testate – giornali, radio e tv – solo sei sono ricoperte da donne. Non chiedono dunque soltanto riconoscimento e carriera: vogliono i posti di potere. Legittimo. Esiste un problema di “genere” nel mondo dell’informazione? Sì, senza dubbio. Una associazione formata per lo più da giornaliste schierate che si presenta dinanzi a un parterre governativo cosa significa? Stanno rimproverando il potere con il quale si schierano? Vogliono protezioni? Vogliono promozioni? È una questione sindacale? Il gap è un gap solo di genere o anche un gap politico? Le donne stanno rivendicando trattamento paritario sul posto di lavoro o è anche la destra che sta iniziando solo adesso ad accaparrarsi posti? Senz’altro quel “italiane” stona. È una questione di genere o di nazionalità? Si sentono minacciate dagli uomini o dalle giornaliste straniere? Le giornaliste straniere rubano loro posti di lavoro? Fanno i lavori che le giornaliste italiane non vogliono più fare? Come si distingue una giornalista “italiana” da una non italiana? Si associano in quanto giornaliste o in quanto italiane? E quanto quell’essere “italiane” è parte integrante del lavoro giornalistico? Si sentono escluse dal potere in quanto donne o in quanto italiane? Chi è che ce l’ha con le giornaliste italiane? Boicottano tutte le giornaliste o soltanto quelle italiane? Ci sono direttrici di testate straniere? Non si riesce a capire cosa vogliano.
Così non ci resta che immaginare una informazione né fascio e littorio né falce e martello, più che altro olio d’oliva e laptop: prodotto agricolo da un lato e lavoro informativo dall’altro, pestando indomite e indefesse sulla tastiera dopo avere preparato un pranzo mediterraneo alla numerosa prole, riuscendo a conciliare la calma e il riposo del sacro nido familiare con i ritmi della produzione di notizie dell’oggi. Il poster dell’associazione me lo immagino con lo sfondo di tende a fiorellini, sul davanzale margheritine di campo e in primo piano una giornalista italiana, accanto a una bandiera italiana, che scrive su un computer italiano usando un software che si chiama “Processore di Parole Italiane Ottimizzato per le Donne Italiche”. Alla presentazione erano presenti il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano con la moglie, la giornalista Rai Federica Corsini, il ministro Nello Musumeci con la sua portavoce e promotrice dell’associazione Silvia Cirocchi (ex compagna di Gianni Alemanno) e, come detto, il ministro per la Famiglia e la Natalità Eugenia Roccella. Più molti volti del giornalismo, come li definisce un articolo de La Repubblica, “non ostile (eufemismo) a Giorgia Meloni”. L’associazione però si dichiara trasversale e non schierata. Dice ancora Ida Molaro: “Io trovo un fallimento quando di un giornalista si dice di destra o di sinistra, perché non si va da un medico perché è di destra o di sinistra, ci si va perché è bravo”, cosa c’entri, che ne so, una cistifellea con l’informazione, le opinioni e le idee non si è capito bene. Ma sicuramente avremo modo di leggere ottimi e interessanti articoli di giornali italiani intitolati: “I problemi intestinali della donna italiana nell’Informazione”. “Ovviamente abbiamo invitato le amiche, e se qualcuno pensa che essere amica di qualcuna che è più spostata a destra o fa la rappresentante di un ministro non è un nostro problema”. Che non sia un loro problema è indubbio. Il problema è che non si capisce cosa vogliano e come lo vogliano. Poi dice che le donne sono complicate. Scusate, non volevo essere sessista, mi correggo: poi dice che le donne italiane sono complicate. No, mi correggo ancora: poi dice che le giornaliste italiane sono complicate. Il loro motto è “Libere di valere”, che ricorda un po’ la pubblicità di uno shampoo con i capelli svolazzanti, al rallentatore, mentre scrivono un articolo. Però quello shampoo della pubblicità era francese, il discorso “sono giorgia” era pronunciato in spagnolo, per cui, queste “giornaliste italiane” c’è chi le piglia per spagnole, chi le piglia per francesi, chi le piglia per tedesche, chi le piglia per russe, chi le piglia e chi non le piglia.