Luca Cordero di Montezemolo, 77 anni, cinque figli, un quadernino su cui annota le ultime volontà e una certezza: “Preferisco una lunga malattia alla morte improvvisa”. Sì, lo ha detto davvero. Nell'intervista rilasciata ad Antonion Polito sul Corriere della sera. L’ex presidente della Ferrari, della Fiat, di Confindustria, l’uomo che ha fatto vincere Schumacher e appena cenato con Clapton, Ringo Starr e McCartney, oggi teme di più la fretta che la fine: “Un infarto nel sonno ti ruba più vita. Io ho ancora tanti progetti e un figlio di 14 anni che voglio vedere crescere”. Non ha paura della morte, ma vuole negoziare i tempi. E si prepara: “Scrivo le mie volontà su un quaderno. Voglio che ai miei funerali ci siano solo gli amici veri. E una bandiera rossa della Ferrari”.

Montezemolo ha visto la morte in faccia in Formula 1: Lauda in ospedale, Senna a Imola. E se la immagina come una conferenza stampa nell’aldilà: “Vorrei sedermi con un esperto di morte, uno pragmatico, non un teologo. Voglio sapere: che succede esattamente in quel momento? Dove va la coscienza?”. Nel frattempo, tra un fioretto per i figli e qualche gita al Santuario della Verna, prepara anche il testamento. “Nel dividere l’eredità bisogna essere giusti, non aritmetici. Il maggiore deve servire i fratelli, non comandarli. E ognuno deve seguire le proprie attitudini: chi vuole l’agricoltura, chi la finanza, chi il diritto penale”. Il riferimento alla saga familiare più ingombrante d’Italia è inevitabile. “Non mi aspettavo una situazione così nella famiglia Agnelli. Dopo la morte di Edoardo pensavo avessero sistemato tutto. Evidentemente qualcosa non ha funzionato. Le liti tra eredi sono una delle cose peggiori che possano accadere”. E poi la bordata sul Paese: “Una persona su quattro vive in povertà, i salari vanno indietro, la sanità è a pezzi. Altro che patriottismo di cartone, servono veri patrioti. Sì, io mi considero uno di quelli”.

Sembrerebbe un uomo già pronto per dire addio, ma Montezemolo in realtà ha solo cambiato marcia. L’agricoltura lo appassiona (“Voglio rendere la mia famiglia autosufficiente”), la libertà lo preoccupa (“Potrebbe tornare necessario morire per difenderla”) e la giustizia sociale lo ossessiona: “La cosa più ingiusta è la disparità di condizioni al nastro di partenza”. Vorrebbe altri trent’anni solo per educare i figli. E nel frattempo, parla con Gianni Agnelli e con Enzo Ferrari in dialoghi immaginari: “Quando vincemmo il Mondiale nel 2000 dissi a Enzo: Ingegnere, sei orgoglioso della tua squadra, hai visto che abbiamo ricominciato a vincere?”. E con l’Avvocato? "Ho avuto un colloquio per così dire postumo quando nel 2004, nel giro di pochi giorni, accettai prima la presidenza di Confindustria e poi, in seguito alla morte di Umberto Agnelli, quella della Fiat. Pensavo che l’Avvocato, scomparso appena quindici mesi prima, sarebbe stato orgoglioso di vedere un discepolo, un quasi figlio, seguire le sue tracce". Non sappiamo se nell’aldilà ci sarà segnale per i team radio, ma nel dubbio Montezemolo ha già impostato tutto. A modo suo.
