Donald Trump aveva comunicato che si sarebbe riservato due settimane prima di decidere se attaccare o meno l’Iran; una manciata di ore dopo, ecco i bombardieri Stealth B-2 levarsi dal Missouri prima di scatenare una tempesta di bombe sui siti nucleari iraniani di Natanz e Isfahan. Decine di missili Tomahawk avrebbero colpito i principali siti per l’arricchimento dell’uranio del paese, insieme ad alcune GBU-57 MOP, le bombe anti-bunker che sarebbero state spedite con un biglietto di sola andata verso la misteriosa centrale nucleare sotterranea di Fordow, dove l’efficacia dell’offensiva da Donald Trump, in concertazione con il leader israeliano Benjamin Netanyahu resta da chiarire. Gli Stati Uniti sono dunque entrati in guerra, possibilità sulla quale si vociferava da giorni anche tra Instagram e TikTok, improvvisandosi non di rado eminenti analisti geopolitici. Ed ecco infatti che da quella bocca della verità che sono i social sono emersi video, pressoché senza alcuna verifica, sono diventati presagi di guerra spammati online con una faciloneria degna del complottismo più becero. I protagonisti di questa fine analisi militare? Bistecche e aragoste.

La maggior parte dei resoconti sull’accaduto fatti da alcuni influencer dediti al giornalismo – negli Stati Uniti ma anche all’estero e in Italia – sono stati a supporto della tesi del “pasto per il dispiegamento”. L’attenzione si è focalizzata soprattutto su due contenuti online: un video dell’utente X @j00ny369T, che mostra alcuni soldati che mangiano in mensa il 17 giugno e in cui il protagonista dice: “Ho sentito che si chiama ‘il pasto di dispiegamento”. Un filmato da 11,2 milioni di visualizzazioni e 83.000 like in un solo giorno. L’altro è stato postato dall’utente di TikTok @qift03 e contiene le seguenti frasi che suonano come la presa di coscienza di una soldatessa: “Piccola stai per essere dispiegata... piccola l'esercito non ti dà bistecca e aragosta in un giorno feriale a caso... piccola c'è una guerra dietro di te”. Il post ha ricevuto 6,9 milioni di visualizzazioni e 441.500 like in due giorni. In poco tempo, sulle due “testimonianze” si sono addensati decide di commenti e pseudo-analisi sui meccanismi di manipolazione del morale dei soldati che l’esercito farebbe prima di mandarli sul campo. Analisi che sembrano campate per aria, perché sguarnite di verifica e sviluppatesi per risonanza. Insomma, qualcosa di più simile a una teoria complottista che a un serio lavoro di analisi delle immagini.

Sebbene sia consuetudine che i soldati ricevano un pasto speciale prima di essere schierati in una zona di guerra, ci sono tempi e circostanze che non tornano. Il primo video descritto di cui abbiamo parlato precede di ben quattro mesi il conflitto tra Israele e Iran, mentre il secondo è stato girato in un'occasione militare speciale non legata a un eventuale schieramento. Come ha fatto sapientemente notare Sarah Komar, news verification reporter per NewsGuard, il video dei soldati che mangiano nella mensa è stato originariamente pubblicato su TikTok il 1° febbraio 2025 dall'utente @melly.fits, di stanza a Fort Carson, Colorado Springs, Colorado. Un soldato nel video scherza dicendo che stanno "andando in guerra", ma come accennato in precedenza, il video è stato pubblicato ben prima che Israele lanciasse il suo attacco all'Iran il 13 giugno. Il video della soldatessa, invece è stato girato a Salt Lake City, nello Utah, il 13 giugno 2025, un giorno prima della celebrazione del 250° anniversario dell'Esercito degli Stati Uniti. Il soldato Antonia Kanoria ha pubblicato il video su TikTok e ha scritto: “Ecco cosa ho ricevuto per il compleanno dell'Esercito”. “Altre basi dell'Esercito, tra cui Fort Drum nella contea di Jefferson, a New York – prosegue Komar – hanno pubblicato sui social media quel giorno che ai soldati erano state date bistecche e aragosta per celebrare l'anniversario dell'Esercito.
I video dunque non certificano nessun “ultimo pasto” – termine che è stato utilizzato per davvero per riferirsi ai video – a supporto delle traballanti teorie sulle quali si sono avventati influencer e “giornalisti” muniti di una gran voglia di farsi conoscere. Ma perché, allora, non fare prima una dovuta verifica, appoggiandosi come nel caso del sottoscritto a qualche fonte autorevole in materia di fact-checking? Il perché, e azzardiamo, è semplice: perché si tratta di una teoria terribilmente suggestiva, proprio come quelle che solleticano lo stomaco degli utenti di Truth e affini. È vera? No, o almeno, non c’è un nesso di causa-effetto così delineato. Che alcuni influencer e giornalisti si muovano esattamente come Donald Trump è sintomatico di quanto i meccanismi drogati e artefatti della comunicazione possano essere deleteri per una società. E del perché, soprattutto in guerra, la faciloneria di certa “informazione” andrebbe messa da parte a favore di, che so, un corso di debunking…