Dopo le furiose polemiche per il suo tweet su X del 10 febbraio scorso, Francesca Albanese, la giurista 47enne relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati - a cui il governo Netanyahu ha ufficialmente negato la possibilità di entrare nello stato di Israele in risposta alle sue affermazioni sul 7 ottobre - è tornata a far parlare di sé, ospite di Corrado Formigli a PiazzaPulita, su La7. Albanese ha così avuto modo di spiegare il significato del suo tweet nel quale aveva condiviso un articolo di Le Monde su alcune parole del presidente francese Emmanuel Macron, scrivendo: “Il più grande massacro antisemita del nostro secolo? No, signor Macron. Le vittime del 7/10 non sono state uccise a causa del loro giudaismo, ma in risposta all’oppressione di Israele. La Francia e la comunità internazionale non hanno fatto nulla per impedirlo. I miei rispetti alle vittime“. Parole che hanno scatenato un vero e proprio putiferio diplomatico e mediatico, con tanto di richieste di dimissioni e accuse di antisemitismo. Ma proviamo a capire qual è davvero la sua tesi e se c’entra davvero l’antisemitismo.
“Non c’è nulla di scabroso in ciò che dico"
Formigli l’ha incalzata proprio sul discusso tweet, che tanto ha fatto discutere, anche a livello internazionale. “Ci può spiegare quest’ultima affermazione talmente scabrosa da aver fatto richiedere a Israele la sua sospensione dalla mansione che svolte per le Nazioni Unite?”. Innanzitutto, ha replicato la giurista, “contesto l’uso della parola scabrosa che ha utilizzato tre volte per introdurmi rispetto a ciò che ho detto. Quello che io sostengo - ha spiegato - è che la matrice degli attacchi del 7 ottobre, non sia l’antisemitismo. Questo lo ha detto anche il segretario generale delle Nazioni Unite, in modo indiretto. C’è un contesto di occupazione militare che dura da 56 anni sulla Striscia di Gaza, sotto assedio da diversi anni”. Occupazione militare che si è tradotta in una “dittatura militare per i palestinesi. Io sto parlando a seconda delle categorie di diritto internazionale, non c’è nulla di scabroso in ciò che faccio e ciò che dico” ha ribadito con fermezza, respingendo le accuse.
Le posizioni di Albanese? Come Guterres
“Scabroso”, ha a quel punto replicato Corrado Formigli, “per alcune persone che si sono sentite urtate da quell’affermazione. Lei ha offeso delle persone ed è qui per spiegare la sua posizione”. L’antisemitismo, ha sottolineato Albanese, “è ancora una piaga gravissima delle nostre società, soprattutto occidentali, così come altre forme di razzismo, una di queste è l’islamofobia. Ma quello che è successo il 7 ottobre nasce dal contesto che Israele impone ai palestinesi, che tiene sotto il giogo di un’oppressione: finché non si prende coscienza e consapevolezza di questa realtà, non si riuscirà ad avere un orizzonte e si continuerà a fare quello che si è fatto per trent’anni”. La soluzione a “due stati” è “evanescente”, ha aggiunto, a causa “della colonizzazione e della segregazione da parte di Israele”. La giurista ha inoltre commentato le parole dell’ambasciatrice americana allo Human Rights Council, Michèle Taylor, che da mesi accusa Albanese di antisemitismo: “L’attacco nei miei confronti che viene da Israele e dagli Stati Uniti non è né singolare, né isolato, nel senso che in questo momento c’è una vera e propria battaglia nei miei confronti e nei riguardi dell’Onu, del suo segretario generale e dell’Unrwa. Non è una novità”.
Nel suo intervento a Piazzapulita, Albanese ha citato il Segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, spiegando come quest’ultimo abbia espresso delle considerazioni simili sul 7 ottobre. Non ha torto: il 24 ottobre scorso Guterres provocò una dura reazione da parte di Israele. Rivolgendosi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, il Segretario generale spiegò che, pur condannando con la massima fermezza il massacro commesso da Hamas il 7 ottobre, bisognava riconoscere anche che gli attacchi di Hamas “non sono arrivati dal nulla”. “Il popolo palestinese – aveva aggiunto, criticato dal ministro degli esteri israeliano Cohen - è stato sottoposto a 56 anni di soffocante occupazione”.
Non è una posizione isolata
Tra gli esperti, le posizioni di Albanese (e Guterres) non sono isolate. Tutt’altro. Il celebre storico israeliano Ilan Pappè, direttore del Centro Europeo di Studi sulla Palestina presso l'Università di Exeter, autore del saggio La pulizia etnica della Palestina, ha spiegato, in un’analisi pubblicata su Al Jazeera, che il 7 ottobre “viene utilizzato da Israele come pretesto per perseguire politiche genocide nella Striscia di Gaza”. È anche un pretesto, ha aggiunto, “per gli Stati Uniti per cercare di riaffermare la propria presenza in Medio Oriente. Ed è un pretesto per alcuni paesi europei per violare e limitare le libertà democratiche in nome di una nuova guerra al terrorismo”. Omar Bartov, un importante studioso dell'Olocausto di origine israeliana, è arrivato alla conclusione che Israele sta perseguendo un “chiaro intento genocida a Gaza” mentre John J. Mearsheimer, docente di Relazioni internazionali presso l’Università di Chicago, tra i più importanti politologi al mondo, ha sottolineato in un articolo che quello che “Israele sta facendo a Gaza alla popolazione civile palestinese - con il sostegno dell'amministrazione Biden - è un crimine contro l'umanità che non ha alcuno scopo militare significativo”. Tesi che, naturalmente si possono discutere: ma sarebbe scorretto e improprio tacciare questi esperti di fama internazionali di un presunto “antisemitismo” solo perché criticano la politica estera israeliana.
Al centro delle polemiche
Il tweet del 10 febbraio di Albanese aveva scatenato una reazione durissima. In primis di Tel Aviv, che negando l’ingresso nel Paese alla funzionaria Onu (secondo Albanese, quest’ingresso era già stato negato in precedenza, anche al suo predecessore), aveva parlato "oltraggiosi affermazioni”, chiedendone le dimissioni. La reazione di Israele di negarle l'ingresso, ha inoltre commentato il ministro degli esteri Antonio Tajani “è comprensibile, perché di fronte a queste cose bisogna sempre essere prudenti e puntare alla verità”. Difficile che le sue parole a PiazzaPulita convincano quelli che l’hanno criticata nei giorni scorsi o spostino di una virgola un dibattito altamente polarizzato tra le due fazioni, soprattutto in Italia, dove si interpreta la politica estera come una partita di calcio. Il dubbio è che nel mirino dei critici non ci sia solo la giurista italiana, ma anche l’Onu come organizzazione internazionale. Incapace, sì - per com’è strutturata e per via dei rapporti di forza - di prevenire i conflitti in un mondo sempre più caotico, ma comunque rappresentativa di un (dis)ordine internazionale che ha visto un “occidente” - termine sempre più abusato da troppi opinionisti e commentatori - diviso e isolato nel sostegno incondizionato all’operazione militare di Israele a Gaza.