Trovata, forse, la vera causa della morte di Martina Guzzi, la ventiquattrenne che ha perso la vita dopo un incidente in auto lo scorso ventotto maggio a Catanzaro. Stava guidando la Citroen del fidanzato per andare in palestra quando si è scontrata, frontalmente, con una vettura che dall’altra corsia ha azzardato un sorpasso ad alte velocità. Eppure, a uccidere la giovane non sarebbe stato l’impatto con l’altra automobile, quanto lo scoppio dell’airbag che avrebbe dovuto proteggerla e salvarle la vita, ma che invece potrebbe aver fatto tutt’altro. A rivelarlo ora è la perizia redatta dai consulenti della procura di Catanzaro Isabella Aquila (direttrice della scuola di specializzazione di Medicina legale) e l’ingegnere Roberto Arcadia dell’Ufficio della Motorizzazione civile, secondo cui “‘si esclude altra lesività traumatica riconducibile all’incidente in cui è rimasta coinvolta la signora Guzzi Martina’, e invece – riporta il Corriere della Sera – ‘dal punto di vita medico legale si può concludere che la sua morte sia in nesso di casualità diretta con un malfunzionamento del sistema di detonazione dell’airbag che, a seguito dell’urto, proiettava ad alta energia cinetica un corpo metallico con modalità di urto e lesività assimilabili a ferita d’arma da fuoco’”. Ma ci troviamo di fronte alla prima vittima (italiana) dei dispositivi difettosi e “killer” della Takata?
Se confermata in modo definitivo la relazione dei due consulenti, allora la giovane calabrese diventerebbe ufficialmente la prima persona in Italia uccisa dagli errori della Takata, un’azienda giapponese (fallita nel 2017) che per anni ha rifornito, grazie ai suoi prezzi super competitivi, decine di case automobilistiche, tra le più importanti, in tutto il mondo. Dalla Honda alla Volkswagen, passando anche per Audi, Skoda, Bmw, Stellantis e, quindi, anche Citroen. La casa francese, in seguito allo scandalo, ha richiamato addirittura seicentomila vetture tra C3 e Ds3 realizzate tra il 2009 e il 2019. Tra queste, a quanto pare, figurava anche l’auto in cui ha perso la vita Martina Guzzi. Infatti, secondo quanto riportato dal Corriere, “lui (il fidanzato della vittima, ndr) aveva ricevuto una lettera di richiamo e aveva scritto alla casa automobilistica pochi giorni prima dell’incidente, dicendosi disponibile alle verifiche e all’eventuale cambio di airbag. ‘Ma da loro nessuna risposta’ giura Andrea Rubini, che con la sua Gedigroup tutela i diritti della famiglia di Martina”. Ma se lo scontro del ventotto maggio sarebbe la prima tragedia in Italia causata dagli airbag difettosi della Takata, fino a questo momento si contano una quindicina di feriti, negli Usa la conta è ben più drammatica. Oltreoceano, infatti, in quindici anni ci sono stati quattrocento feriti e ventisette decessi; mentre a Tokio stimano che siano cento milioni i veicoli coinvolti in questo scandalo.