La frase esatta non si conosce, ma intanto l’indiscrezione di Dagospia, che attribuisce a Papa Francesco l’espressione “frociaggine” - confermata da più parti - durante l'incontro a porte chiuse con oltre 200 vescovi italiani per richiamarli a una maggiore selezione negli accessi ai seminari, sta facendo il giro del mondo e ha riaperto una voragine fra il Vaticano e il mondo delle comunità Lgbtq+. Ma davvero ci sono troppi omosessuali nel clero? Che siano troppi è opinabile, che siano tantissimi è un dato di fatto acclarato da più di un indizio. In America già dagli anni ‘60 e ‘70 se ne discute attraverso la stampa e pubblicazioni più ragionate, ma è alla fine degli anni ‘80 che la questione diventa evidente a tutti, visto che anche molti preti muoiono di Aids e un sociologo cattolico, don Andrew Greeley, scrisse un articolo sul settimanale americano National Catholic Reporter parlando addirittura di “mafia lavanda” (“The Lavender Mafia”), una sorta di lobby-gay ante litteram all’interno della Chiesa. Non solo, perché anche nel 2000 un altro sacerdote, teologo e sociologo, Donald Cozzens, pubblica uno studio intitolato Il volto del sacerdozio che cambia: una riflessione sulla crisi sacerdotale dell’anima. Un testo ancor più dettagliato sul fenomeno, visto che lui stesso era Rettore del Seminario di Cleveland, in Ohio, quindi direttamente formatore dei futuri sacerdoti. E cosa emerge? Che già allora sosteneva “un esodo eterosessuale dal sacerdozio” che sarebbe stato colmato dalla diffusione di una “professione per gay”.
Ci sono poi dei dati interessanti, che possono dare una idea più precisa della presenza gay all’interno della Chiesa. Come il libro del 1989 di James G. Wolf, Gay Priests (Harper Collins), secondo cui nel 1986 negli Stati Uniti il 48,5% dei sacerdoti e il 55,1% dei seminaristi aveva un orientamento omosessuale. La metà o poco meno, che nel tempo sarebbe però aumentata e non certo diminuita. A tornare sull’argomento più recentemente, nel 2020, è stato il giornalista Gianluigi Nuzzi, di certo ben informato su ciò che accade nei corridoi vaticani dopo aver pubblicato alcune clamorose inchieste. Fra le domande che ha sentito di rivolgere in un post pubblico, c’era anche questa: “Come mai i dati sulle percentuali di sacerdoti omosessuali, più volte diffusi persino da appartenenti alla Chiesa (fino al 70% dei sacerdoti in certe diocesi sarebbe omosessuale) non sono mai stati smentiti, in un avvallante e imbarazzante silenzio”. Un dato che chi scrive, un anno prima del post di Nuzzi, ha avuto modo di conoscere da un docente di religione di una scuola cattolica milanese. Era il 2019, facevo lezione in un istituto superiore dell’hinterland e il collega, in un momento di pausa al bar, mi spiegò che l’allora vescovo di Milano convocò un incontro per discutere proprio della questione: “Ci ha fatto leggere i dati di uno studio interno alla Diocesi che confermano come il 70% degli appartenenti al clero milanese è gay”. Così mi disse. Era la verità o una voce che circolava in quegli ambienti? Fatto sta che la questione non è certo nuova, anzi, forse solo ora esplode in tutta la sua dirompente dimensione. E le parole di Papa Francesco, che vorrebbe mettere un freno alla “frociaggine” all’interno dei seminari, sembra una battaglia ormai di irreversibile retroguardia che lo fa somigliare al Young Pope descritto dal regista Paolo Sorrentino, che sognava una Chiesa “misteriosa e inaccessibile” ma che doveva anche fare i conti con la drammatica desertificazione di fedeli.