Cosa potrebbe succedere se il più grande Paese esportatore e produttore di cocaina al mondo, quello che ha trascorso decenni a combattere il traffico di droga, che ancora adesso si trova a fronteggiare una piaga sociale incurabile, quello che, suo malgrado, è diventato popolare nell'opinione pubblica non tanto per aver dato i natali allo scrittore premio nobel per la letteratura Gabriel García Márquez ma al narcotrafficante Pablo Escobar, che ha offerto a Netflix lo spunto per girare la fortunata serie tv Narcos, cosa accadrebbe, insomma, se questo Paese proponesse improvvisamente di liberalizzare l'uso della “coca”? Non è fantascienza e neppure una provocazione. È soltanto l'ultima idea lanciata dal presidente colombiano Gustavo Petro per smantellare la criminalità organizzata che ogni anno lucra miliardi e miliardi di dollari smerciando la cocaina in ogni parte del globo terracqueo. “La cocaina? Fa male quanto il whisky. È illegale perché è prodotta in America Latina e non perché sia peggiore dell'alcol”, ha dichiarato Mr. Petro, partito di appartenenza: Colombia Humana, sinistra progressista. Queste parole accendono il dibattito su un aspetto fin troppo ignorato: la cocaina è illegale perché è nociva oppure si trova nella black list a causa di fattori geopolitici?
![Gustavo Petro](https://crm-img.stcrm.it/images/42337130/2000x/20250207-120554935-2624.jpg)
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Messa così, sintetizzata come “la cocaina non fa meno male dell'alcol”, sembra quasi una frase da bar. Uno slogan da esporre in una di quelle manifestazioni antiproibizioniste che vanno tanto di moda tra giovani e giovanissimi dell'Occidente sviluppato. Certo, loro si riferiscono alla cannabis ma il senso resta quello: “Lo Stato legalizza sostanze che fanno più male di altre che invece proibisce e persegue con leggi talvolta durissime”. Ecco: se un'uscita del genere esce dalla bocca di un 18enne di Roma, Londra, New York o Berlino ha un peso. Se invece proviene dal capo dello Stato al centro del traffico mondiale della cocaina, ne assume inevitabilmente un altro. Anche perché Petro ha le sue ragioni per proporre la liberalizzazione dell' “oro bianco”. Innanzitutto ha fatto capire che usare il pugno duro, schierare esercito e forze speciali nelle strade, cacciare i narcotrafficanti uno a uno, serve a poco o nulla se ti chiami Colombia. Primo perché stiamo parlando di un Paese dal pil pro capite di poco più di 8.500 dollari (in Italia è pari a 39.870 dollari), in quasi perenne crisi economica e tagliata fuori dai grandi giochi geopolitici. Detto altrimenti, in un contesto del genere i Signori della droga nuotano come squali in una vasca piena di bagnanti. Secondo motivo: catturare i boss del traffico di droga è spesso un palliativo perché morto un capo se ne fa subito un altro. E così via all'infinito in un mare di corruzione e malaffare. La ragione di Petro, dunque, non poggia tanto su basi scientifiche o sanitarie bensì su fondamenta politiche.
![coltivazioni foglie di coca](https://crm-img.stcrm.it/images/42337133/2000x/20250207-120650894-3524.jpg)
Petro è stato chiaro ripetendo più volte che la “cocaina fa male quanto il whisky”. Non fermatevi qui: andate oltre questa frase e scoprirete cosa si nasconde dietro l'appello lanciato dal presidente della Colombia, secondo cui l'illegalità della cocaina sarebbe dovuta a fattori geopolitici e non al suo livello di nocività rispetto a altri prodotti legali. Il riferimento è agli Stati Uniti, dove sostanze come il fentanyl hanno un impatto devastante senza che nessuno si batta per bandirle. Ma il riferimento è anche a Donald Trump, che da quando è tornato in carica ha scatenato non poche tensioni con Bogotà per via della questione dei migranti illegali presenti sul suolo Usa che Washington intende trasferire nei loro Paesi d'origine, Colombia compresa. Il senso del discorso di Petro è chiaro: la droga, la cocaina in primis, viene usata come capro espiatorio dai politici statunitensi. Per far cosa? Uno: per imporre le loro agende politiche (e dunque il dominio geopolitico) sui Paesi dell'America Latina. Due: per agevolare il business delle proprie multinazionali farmaceutiche. Non a caso il fentanyl nasce come farmaco realizzato dalle big pharma nordamericane, solo che chi lo utilizza ne diventa dipendente. “La legalizzazione della cocaina in tutto il mondo potrebbe rappresentare una soluzione efficace per smantellare il business illecito che sostiene le organizzazioni criminali”, ha ribadito Petro tra lo stupore di chi non vive in Colombia. Già, perché in questo Paese, secondo l'Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine, nel 2023 la produzione di cocaina (esportata poi anche in Europa) ha raggiunto un livello record, con un aumento del 53% su base annua, superando le 2.600 tonnellate, mentre la coltivazione di foglie di coca è invece aumentata del 10%. La proposta di Petro è un disperato grido d'allarme.
![cocaina](https://crm-img.stcrm.it/images/42337134/2000x/20250207-120812487-7234.jpg)
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