Mentre il caso Fabio Fazio monopolizza o quasi l’attenzione e fa gridare a una sorta di nuovo editto bulgaro in stile Berlusconi ma in salsa meloniana (anche se non è proprio così, anzi), gli addetti ai lavori si sono mossi verso la nomina del nuovo amministratore delegato della Rai. Il nome indicato per la successione a Carlo Fuortes è quello di Roberto Sergio, direttore di Radio Rai e nel Cda di Player Editori Radio e Rai Com. Ma era davvero uno scenario inevitabile? E perché l’opposizione, Movimento 5 Stelle in testa, non ha fatto valere i propri numeri, magari facendo prevalere l'opzione della presidente Marinella Soldi? Lo abbiamo chiesto a Michele Anzaldi, già deputato e segretario della commissione vigilanza Rai.
Anzaldi, dopo che il Governo ha indicato in Cda Rai Roberto Sergio come nuovo amministratore delegato lei ha twittato: “Chi ha più possibilità di avere i 4 voti necessari su 7, Sergio o la presidente Soldi?”. La sua era solo una provocazione o lo riteneva uno scenario plausibile?
“Dopo che l’assemblea dei soci Rai, ovvero il Ministero del Tesoro, indica Sergio, il Cda è stato chiamato a esprimersi sul suo nome. In mancanza di una maggioranza favorevole, il nome sarebbe stato respinto, e visto che questo Cda è stato nominato dal Governo Draghi e sulla carta il centrosinistra sarebbe maggioranza con 4 voti su 7, lo stop a Sergio e l’indicazione di un altro amministratore sarebbe stato uno scenario plausibile. Se i consiglieri indicati da Pd e M5s, Bria e Di Majo, insieme al consigliere dei dipendenti Laganà e alla presidente Soldi indicata da Draghi e votata in Vigilanza anche dal centrosinistra, compreso il mio voto nella scorsa legislatura, si fossero opposti, Sergio non sarebbe passerebbe. Se, poi, il Cda avesse indicato nella presidente Soldi, anche lei di nomina governativa, il nome che avrebbe la maggioranza, difficilmente l’assemblea dei soci avrebbe potuto dire di no”.
E invece... Dal Consiglio di amministrazione è arrivato il via libera alla nomina di Roberto Sergio. Contraria Francesca Bria, nominata in quota Pd, mentre Alessandro Di Majo, in quota M5S, e il consigliere Riccardo Laganà, eletto dai dipendenti, si sono astenuti...
“Se qualcuno avesse rivolto un appello pubblico al Movimento 5 stelle e a Conte affinché chiedessero al consigliere Di Majo di votare contro la scelta del Governo Meloni, qualcosa sarebbe potuto succedere, la stessa presidente Soldi avrebbe potuto valutare con attenzione il suo voto. Ma visto che il consigliere M5S non si è opposto alla nomina voluta da Palazzo Chigi vuol dire che la nuova Rai di destra è stata possibile solo grazie al via libera dei grillini, con buona pace di persone che in buona fede si sono impegnate in questi anni sul servizio pubblico, come l’ex presidente della Camera Roberto Fico”.
Perché nessuno sottolinea questo doppio gioco del leader M5S Conte, che in pubblico fa opposizione e poi sottobanco tratterebbe sulle nomine, in Rai come con Bonafede al Csm?
“Non lo so, è una delle questioni che mostrano quanto sia debole l’opposizione. Trovo singolare che nessuno metta pubblicamente pressione a Conte su questa partita, che sarà decisiva per la tutela del pluralismo e dell’informazione per i prossimi anni”.