Forse qualcuno dovrebbe spiegare a Matteo Salvini che il rapper Shiva non è indiano e che forse, ma solo forse, il suo nome è ispirato alla divinità postvedica. In realtà Shiva si chiama Andrea Arrigoni, che è nato a Milano e che Arrigoni è un cognome abbastanza nordico celtico del Po. Dico “forse” perché non lo so se Matteo Salvini abbia qualcosa contro gli indiani e con le loro divinità, però – obiettivamente – c’è qualche affinità tra il caso Shiva, che ha sparato ai suoi due aggressori, e il caso di Angelo Peveri, che ha sparato a un ladro disarmato dal nome romeno che non pare uno pseudonimo da rapper. La sentenza che condannò Peveri a quattro anni e sei mesi, dice che l’imprenditore italiano fece immobilizzare il romeno (entrato in un cantiere insieme ad altri due complici per rubare gasolio), lo fece stendere a terra in posizione supina e quindi gli sparò al petto ferendolo ma non uccidendolo.
Shiva sarebbe stato aggredito nel cortile della sua casa discografica (alcuni dicono in strada, altri dicono nel cortile della sua casa discografica, in quest’ultimo caso il cortile è proprietà privata?) e il rapper inseguì gli aggressori ferendoli alle gambe. Per puro gusto del ragionamento – e premesso che i feriti, in entrambi i casi, erano disarmati (ma forse Shiva non poteva saperlo, gli aggressori correvano, il ladro invece risulterebbe essere stato immobilizzato dagli operai dell’imprenditore) – è più grave che ti vengano a menare o che ti rubino del gasolio?
No, perché Matteo Salvini andò in carcere a trovare Angelo Peveri, esprimendo l’intenzione di chiedere la grazia per il condannato, ribadendo l’intenzione di modificare il testo di legge riguardo la legittima difesa eccetera eccetera.
Adesso: io non sarei del tutto contrario alla detenzioni di armi da fuoco in casa, anche se è vero che Hunter S. Thompson sparò accidentalmente a una sua assistente cercando di cacciare un orso (lo raccontavo ieri in un pezzo dedicato a “Gonzo Girl”, un film semiautobiografico tratto da un romanzo scritto da una ex assistente dell’inventore del “gonzo journalism”), ed è anche vero che William S. Burroughs (scrittore leader del movimento pacifista, underground, hippie, che collezionava armi e vestiva sempre in completo e cravatta) uccise la moglie che teneva una mela in testa mentre giocavano a Gugliemo Tell (entrambi gli scrittori indulgevano nell’abuso di droghe e alcol). E neanche discuto le decisioni della magistratura riguardo ai due casi. Ma perché a uno Salvini lo va a trovare chiedendo la grazia e all’altro non se lo fila di striscio? È perché i ladri di Peveri erano romeni? È perché pensa che Shiva sia extracomunitario? È perché gli fa schifo il rap? È perché ha altro da fare?