Piccolo terremoto nella placida Svizzera. Le elezioni federali di domenica 22 ottobre hanno premiato l’Unione Democratica di Centro (Udc), partito di destra conservatrice solo nel nome richiamante la placida e bonaria calma democristiana della creatura nostrana di Pierferdinando Casini e Marco Follini. L’Udc svizzera, associata al contrasto alle politiche di immigrazione europee, al “sovranismo” in salsa elvetica e, cosa che ci riguarda da vicino, alla stretta sui lavoratori trasnfrontalieri provenienti dall’Italia è avanzata del 2,96% passando al 28,55% dei voti e consolidando la posizione di primo partito. Un aumento tale di consensi per la Svizzera, Paese dai consensi spesso assai cristallizzati, è paragonabile a una netta avanzata. L’Udc conquista 9 seggi e vola a 62 su 200, mentre i suoi maggiori avversari, i due partiti Verdi trans-cantonali perdono il 25% dei seggi complessivi, passando da 44 a 33. Cosa rischiano gli italiani?
Gli svizzeri non vogliono più gli stranieri?
La Svizzera premia la destra conservatrice critica dell’adeguamento alle regole europee su emissioni, auto, immigrazione e sanzioni alla Russia. Certo, forse la transizione energetica non convince buona parte degli svizzeri, ma la faglia vera è sul dilemma tra accoglienza e chiusura agli stranieri. L’avanzata dell’Udc, in un Paese che ha l’1,9% di disoccupazione, segnala il successo dello slogan del leader Marco Chiesa che ha fatto avanzare il tradizionale slogan “Bala i ratt” contro i frontalieri del passato arrivando a proporre di mettere in Costituzione…nientemeno che il controllo demografico! Non si parla di eutanasia o nulla di simile, ma dell’introduzione di quote di ingresso di stranieri nel Paese per contenere sotto i 10 milioni di persone la popolazione svizzera entro il 2050.
L’obiettivo di Chiesa è anche condizionare il peso nel contesto dell’economia della Svizzera italiana della presenza dei frontalieri italiani. Su 9 milioni di svizzeri, il 25% proviene dall’estero; in un anno l’immigrazione nei cantoni elvetici ha segnato +26%. La disoccupazione a terra non frena la carenza di manodopera specializzata nell’industria e nei servizi: sono 380mila i lavoratori che ogni giorno si recano in Svizzera da Italia, Austria, Germania, Francia e Liechtenstein per svolgere professioni di vario tipo.
Cosa dice Marco Chiesa, il leader conservatore, sui frontalieri
L’immigrazione quotidiana italiana riguarda 79mila frontalieri tra il Nord del Paese e il Canton Ticino, contro cui l’Udc fa campagna elettorale: “Abbiamo sempre avuto bisogno dei vostri lavoratori. Ciò non significa però avere come oggi nel nostro Cantone quasi 80 mila frontalieri”, ha dichiarato Chiesa prima del voto a La Provincia di Como. “Ciò significa convivere con problemi quotidiani legati alla tenuta delle infrastrutture, alla mobilità e con un mercato del lavoro che vede gli stipendi sempre più rivolti verso il basso”, ha aggiunto. Qualcuno faccia leggere queste frasi a Matteo Salvini, che su Twitter ha esaltato “l’avanzata del centrodestra” anche in Svizzera dopo il risultato dell’Udc. Partito che nei prossimi governi elvetici vuole lavorare per promuovere nuovi referendum federali destinati a aumentare l’imposizione fiscale sui frontalieri e a contingentare i permessi di transito trattando i cittadini italiani, che rispetto a quelli degli altri Paesi insistono su professioni a minor valore aggiunto e hanno mediamente un reddito più bassi, come lavoratori di Serie B.
Il Giorno ricorda che questa strategia, unitamente alla rottura con l’immigrazione, potrebbe creare problemi a Berna: “Senza immigrazione la popolazione in età da lavoro calerebbe del 13% entro i prossimi vent’anni, mandando in crisi anche il sistema pensionistico. L’UDC però vuole chiudere il rubinetto e con il consenso degli elettori potrebbe anche riuscirsi. Per i frontalieri si annunciano tempi duri, una stretta dei permessi è annunciata anche per loro”. Ma il vento neo-sovranista che soffia sulla Svizzera può colpire anche l’Italia di Giorgia Meloni e Matteo Salvini nelle roccaforti di centrodestra del comasco e del Nord della Lombardia.
Ma davvero possono chiudere i confini? Come funziona il sistema svizzero
Non sarà una scelta immediata, ovviamente: in base ai consensi dei vari partiti la Svizzera dovrà nominare, tra i partiti maggiormente votati, i sette membri del Consiglio Federale in cui l’Udc dovrà cercare alleanze con partiti come i Socialisti, secondi con oltre il 17% dei consensi e il Partito Liberale Radicale. Dunque è difficile che la stretta sui frontalieri avvenga per mezzo di leggi e decreti esecutivi nell’organo entro cui la Svizzera, annualmente, ruota il suo presidente. Nel Paese le scelte più divisive, in un contesto che obbliga a governi di coalizione, sono affidate alle deliberazioni parlamentari o a campagne referendarie annuali distribuite tra le finestre di febbraio, maggio e settembre.
Il sistema di voto svizzero è unico tra le nazioni democratiche moderne in quanto la Svizzera pratica la democrazia diretta parallelamente alla democrazia rappresentativa, motivo per cui il sistema svizzero è noto come democrazia semidiretta. La possibilità per i cittadini di contestare qualsiasi legge influenza l'intero sistema politic e incoraggia i partiti a formare governi di coalizione, per ridurre al minimo il rischio che un partito importante cerchi di bloccare l'azione del governo lanciando sistematicamente referendum. L’Udc non potrà fare tabula rasa del resto delle dinamiche svizzere riguardanti difesa dell’identità nazionale, svolta green e controllo degli ingressi degli stranieri. Ma su alcuni temi dovrà ricevere concessioni dagli altri partiti per mantenere la formula di governo fondata sul trittico UDC-Socialisti-PLR nel Consiglio Federale. E che una stretta sui frontalieri possa essere una parte dell’accordo non è da escludere. Mai quanto oggi, dunque, le decisioni politiche del tranquillo Paese alpino, di conseguenza, toccheranno l’Italia. E per contrappasso a farne le spese potrebbe essere, nel nostro Paese, proprio l’immagine di leader come Salvini che hanno, inopinatamente, elogiata l’Udc senza pensare alle conseguenze per i cittadini italiani.