Per capire cosa stia davvero succedendo in Europa, è utile dare un'occhiata alla Germania. Le ultime elezioni federali hanno premiato partiti che vanno dalla destra moderata alla destra estrema. In particolare, la “vittoria” (spiegheremo più avanti il motivo delle virgolette) è stata conquistata dalla Cdu-Csu, il centrodestra guidato da Friedrich Merz, che ha ottenuto il 28,6% dei consensi. Dietro di loro preme una destra molto meno istituzionale: l'AfD (20,4%) di Alice Weidel, un partito etichettato dai media come “neonazista” e con forti simpatie per la Russia di Vladimir Putin piuttosto che per l'Unione Europea o gli Stati Uniti. Male l’Spd di Olaf Scholz (16,4%). I giornali e i siti di informazione si sono sostanzialmente fermati a questa sintesi del importante appuntamento politico tedesco: vittoria della destra (con quella estrema in ascesa), Scholz in caduta libera, e Merz che dovrà dar vita a una mega-coalizione per formare un governo solido. Tutto vero, ma questo implica almeno due cose, una delle quali non viene adeguatamente sottolineata. La prima, ben nota, è una questione di pura logica: la Cdu deve necessariamente allearsi con uno o due partiti per raggiungere la maggioranza, che potrebbero essere i socialdemocratici dell’Spd oppure una terza sponda rappresentata dai Verdi o dai Liberali. La seconda è che Merz intende spostare l’asticella politica del Paese più a destra rispetto ad Angela Merkel, cercando di rendere la Germania “indipendente dagli Stati Uniti”. Riuscirà a realizzare un’agenda del genere dovendo scendere a patti con l’Spd e con uno dei partiti tra Verdi o Liberali?
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Il fallimento di Merz è assicurato, così come per la Germania è garantito un governo traballante e litigioso. Arriviamo così al vero vincitore delle elezioni tedesche: la sinistra. Ma non quella annacquata di liberalismo di Scholz, bensì quella “nuda e pura” che ha ottenuto risultati non trascurabili. Ecco, Die Linke è un ottimo oggetto di studio. Die Linke è un partito di sinistra radicale, nato nel 2007 dalla fusione tra la Pds (Partito del Socialismo Democratico), l'erede del partito comunista della Ddr, e l'ala più sinistra dell'ex Spd, ovvero la Wasg. Il partito ha cercato di posizionarsi come alternativa alla tradizionale politica di centrosinistra rappresentata da Spd e Verdi, focalizzandosi su temi come la giustizia sociale, l'anti capitalismo, la difesa dei diritti dei lavoratori e una politica estera pacifista. Alle ultime elezioni il partito ha raccolto l'8,8% dei voti e e conquistato 64 seggi nel Bundestag, il miglior risultato dal 2017. Occhio poi, sempre in Germania, a Bsw, il partito di Sahra Wagenknecht (ex Die Linke), che costituisce il nuovo protagonista nel panorama politico tedesco, unendo ideologicamente le posizioni classiche di sinistra con una posizione conservatrice sulla società. Questa sinistra, al momento, non ha i numeri per vincere ma cresce insieme alle destre populiste/tecnodestre e, aspetto ancor più rilevante, inizia a essere presente in più Paesi. In Francia troviamo La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. Nell'estate del 2024, la coalizione di sinistra da lui guidata, il Nouveau Front Populaire, ha ottenuto il 25,68% dei voti al secondo turno, risultando la prima coalizione in termini di seggi e spaventando Emmanuel Macron. E quindi?
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Quindi occhio alla silenziosa ascesa della sinistra dura e pura o comunque dei partiti attinenti a quell'area. Attualmente si può trovare un solo populista di sinistra come capo del governo nell'Ue: Robert Fico della Slovacchia. Ma non è da escludere che le fiammate tedesche e francesi possano far divampare un incendio rosso in grado di risvegliare altri partiti. Quelli spagnoli, per esempio, riuniti in Unidas Podemos, coalizione che include Podemos, Izquierda Unida e altre formazioni più piccole, o quelli italiani, al momento orfani di una luce guida e rappresentati soltanto dal Movimento 5 Stelle. Ma se le tecnodestre guardano alla galassia Maga di Donald Trump, le nuove sinistre che piani hanno o potranno avere? La nebbia è ancora fitta ma si possono accennare alcuni contorni delle loro politiche, sicuramente anti Nato, anti Ue (intesa come tecnocrazia di Bruxelles), anti Usa e anti grandi multinazionali. Gongolano la Russia e la Cina, che potrebbero essere entrambe riabilitate da interlocutori del genere. Per alcuni si tratta di puro pragmatismo, realipolitik, una necessità. Per altri è invece un grande pericolo.
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