Ma a Donald Trump di Gaza e dei palestinesi importa veramente qualcosa? Viene da chiederselo dopo aver visto il suo “piano di pace” per la Striscia. Un piano in 20 punti che ha messo d'accordo mezzo mondo, anche i governi arabi e persino Benjamin Netanyahu, il presidentissimo di Israele che ha promesso ai suoi che andrà fino in fondo (altro che fermare l'esercito!). Al netto della fine della guerra e della liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas, la parte più interessante riguarda il post conflitto. Ossia: chi governerà Gaza, o quel che ne resta, finite le ostilità? Un fantomatico comitato “tecnocratico”, apolitico, palestinese, responsabile per i servizi quotidiani (acqua, elettricità, sanità ecc.). Tutto bellissimo, se non che, indagando un pochino, scopriamo che questo comitato sarebbe supervisionato da un organismo internazionale chiamato “Board of Peace” (o simile), che includerebbe figure come Trump stesso e Tony Blair. Vi chiederete che cosa caz*o c'entri Blair, ex primo ministro britannico sparito dalle scene politiche per ricomparire magicamente nell'universo dei faccendieri, con la Striscia di Gaza e Israele. Potreste anche chiedervi perché mai gli Stati Uniti abbiano usato il Qatar come interlocutore diplomatico con Hamas. Anche questo è utile a comprendere cosa c'è dentro la polpetta (avvelenata) che stanno per preparare gli americani ai palestinesi.

Partiamo proprio con il Qatar. Poco importa se Doha si è presa anche un razzo israeliano: l'emirato è un alleato di ferro degli Stati Uniti in Medio Oriente e, soprattutto, è una specie di vassallo che parla la lingua degli affari, ossia la preferita di Trump dopo l'inglese. Non solo: il Qatar è anche un Paese arabo, islamico, ricco e politicamente stabile, e dunque rappresenta un eccellente biglietto da visita che gli Usa potranno presentare ai governi islamici che dovessero mai, un giorno, mettere in discussione la bontà statunitense sulla pace a Gaza. “Ehi, il dossier non è gestito soltanto da noi e da Israele. Abbiamo coinvolto anche gli arabi e loro sono d'accordo con noi”, potrebbero affermare Trump e i suoi di fronte a chiunque ipotizzasse un piano coloniale a Stelle e Strisce per la Striscia. E ancora, il Qatar è il contrappeso islamico che serviva a Washington per limitare il peso della Turchia nell'intera vicenda palestinese. Recep Tayyip Erdogan sta infatti soffiando sul fuoco di Gaza per accreditarsi come unico leader mondiale interessato alla causa di fronte alla galassia islamica, per far crescere la Turchia come potenza globale e insediare Israele in Medio Oriente. Ok, e Tony Blair?

A leggere il piano di Trump, come detto, la Palestina diventerà una specie di emirato governato, tra gli altri, da Blair. Perché tirare in mezzo l'ex primo ministro dell'Uk? Curriculum alla mano, dopo essersi ritirato da premier è stato l'Inviato del Quartetto per il Medio Oriente dal 2007 al 2015), con il compito di facilitare i negoziati tra Israele e Palestina e promuovere lo sviluppo economico nei territori palestinesi. C'è però dell'altro. È documentato un incontro al White House policy meeting, il 27 agosto 2025, tra Trump, Tony Blair e Jared Kushner, ebreo e genero del presidente statunitense, già consigliere e alto funzionario dell'amministrazione di The Donald. Ebbene, pare che in quell'occasione Blair abbia presentato sondaggi del suo istituto, il Tony Blair Institute for Global Change (Tbi), sondaggi relativi all'umore della popolazione di Gaza e altre proposte da integrare in un futuro piano di pace statunitense. Il Tony Blair Institute, per la cronaca, è un ibrido tra un think tank e una ong. È stato ovviamente fondato da Blair, e serve a - si legge sul suo sito - “gestire sfide complesse legate alla governance, alla politica pubblica, allo sviluppo economico e alla sicurezza”. E, sempre con il pretesto della “governance e dell'innovazione pubblica”, si prefigge tra le altre cose di aiutare governi a migliorare sistemi complessi, come quelli sanitari, usando dati e tecnologia.

Wiki Leaks ha scritto che Larry Ellison, il fondatore della statunitense Oracle, una delle più grandi aziende al mondo nel settore del software e delle tecnologie informatiche, si avvarrebbe del citato Tony Blair Institute per controllare il servizio sanitario nazionale dell'Uk (Nhs) e i dati sanitari più sensibili della Gran Bretagna. “Quando si tratta di politica tecnologica, il ruolo del Tbi è quello di rivolgersi alle economie in via di sviluppo e vendere loro le attrezzature di Larry Ellison. Oracle e Tbi sono inseparabili”, ha aggiunto una fonte anonima. Dal 2021, la fondazione di Ellison ha donato e promesso 257 milioni di sterline all'istituto di Blair. Ellison, descritto da Trump come "Ceo di tutto", starebbe plasmando la riforma del servizio sanitario britannico attraverso l'istituto di Blair, impegnato a promuovere un'unica banca dati nazionale e una nuova “porta d'ingresso” per le cartelle cliniche dei pazienti (integrando l'Nhs nell'infrastruttura di Oracle). Il Tony Blair Institute è descritto da alcuni addetti ai lavori come una “operazione di vendita e lobbying tecnologico per Oracle”. Il suo programma rispecchia la spinta globale di Ellison per unificare i set di dati nazionali. Del resto l'Nhs ha una quantità incredibile di dati sulla popolazione anche se al momento sono troppo frammentati. Il dataset del Servizio Sanitario Nazionale britannico è di un valore unico. A differenza di qualsiasi altro database negli Stati Uniti o in Europa, contiene cartelle cliniche complete a partire dal 1948. Il suo potenziale valore commerciale, dallo sviluppo di farmaci al sequenziamento del genoma, è stimato in 10 miliardi di sterline all'anno. Basta adesso collegare un paio di punti per capire cosa c'è dietro il piano di Trump: Blair è pronto a fungere da ponte tra Israele e Usa su Gaza mettendo a disposizione di Trump il rapporto privilegiato che c'è tra il Tbi e Oracle. I dati collezionati dalla strana coppia, in cambio presumibilmente di denaro sonante, serviranno a Washington per potenziare la propria intelligenza artificiale in vista delle sfide (o guerre) future. Oracle, intanto, fa parte della cordata di aziende americane che ha acquistato TikTok, un social media che piace tantissimo sia a Trump che a Netanyahu. Israele potrebbe infatti usare il suo algoritmo per pulire la propria immagine dopo il disastro umanitario di Gaza. E Donald? Per ottenere un terzo mandato. A colpi di video virali e narrazioni amiche, si intende.
