Adesso, dicono, che Gennaro Sangiuliano voleva farle organizzare il G7 della cultura a Pompei. Ma che noia!? Ma davvero pensano sia una cosa divertente e di potere? Sa quanto conta un G7 della cultura? Una minchia a brodo. Se tutti gli omologhi del ministro Sangiuliano non fossero come lui Lei pensa che il mondo sarebbe così come di fatto è? Ascolti me, cara Maria Rosaria: facciamo la rivoluzione! Ma dico, non solo sta lì a sucarsi (nel senso di sopportare) Sangiuliano che parla di storia e le rompono pure la minchia? Questa è una difesa spassionata e appassionata di Maria Rosaria Boccia, porella, che di questa situazione – comprensibilmente – non ne sta capendo niente e si immagina complottoni e si è fissata a prendersela con Roberto D’Agostino (auguri) e davvero non si capisce se lo stia facendo perché non si muove benissimo nel mondo – e questo ci dovrebbe muovere a compassione – o se sta prendendo, per così dire, corna non sua per mettersela in testa sbalordita dalla improvvisa verità che le si sta appalesando davanti: no, Gennaro Sangiuliano, ministrone alla cultura italica, con le sue gambette sotto un fisico da uovo sodo e i suoi piedoni a paperottolo che lo fanno calimeraggiare in giro per l’Italia, non solo non è intoccabile ma è anche sommamente perculabile. È la democrazia bellezza. E qui, permettetemi di diventare elegiaco: mi sono guardato tutto l’Instagram della Boccia, che in principio, come a tutti, è sembrata la solita, l’accompagnatrice di cultura, la sapiosexual midcult con l’infarinatura da scuola dell’obbligo che si fa strada tra le architetture intellettuali annuendo con la faccia di chi pensa: non capisco quello che dice ma lo dice bene. E invece no. Qui siamo nel verismo, nel realismo, nei ladri di biciclette dei ministri, dalle parti di Mamma Napoli, immersi nel sogno farlocco dell’alta società come lo hanno raccontato i rotocalchi alle nonne, alle mamme, e trasmigrato come istinto primordiale di un arrivismo atavico (l’arrivismo atavico è peggio della fame, informatevi) attraverso il sangue o il dna – vai a sapere – nei sogni e nell’immaginario istintivo di quella che scopriamo con tenerezza essere una sartina. E noi le sartine le conosciamo. Con quegli aghi, quelle Singer, quelle scatole di bottoni, sognando le principesse Sissi che oggi hanno il nome, magari, di qualche inviata dei programmi televisivi popolari e la voglia di vestirle per fare magari pubblicità al proprio atelier, o, chiamiamola all’antica, alla boutique. Così Maria Rosaria Boccia è ritratta con tutti i vippini televisivi, i morti di fama li chiamerebbe Dago, alla ricerca di una visibilità per il proprio ditale. Quello che viene fuori, dall’Instagram della Boccia quando ancora non era la bionda dello scandalo, è una sartina aspirante stilista aspirante influencer, che nel sottobosco della televisione di destra – non credo ci sia bisogno di tirare fuori gli scheletri degli armadi della Destra con la televisione, ci fu una che fece una pompa “obtorto collo”, commento Antonio Di Pietro in perfetto magistralese – si è fatta strada cucendo, selfandosi con questo o quel presunto vip e nel calderone c’erano tutti: cantanti, presentatori, giornaliste, e poi la svolta, la svolta classica di qualunque sartina: i medici! Non importa di che tipo. I medici sono medici. Hanno relazioni medicali. Non importa se fanno le punturine o mettono le faccette ai denti. La medicina. Oggi domani un parente ha bisogno. Il medico è meglio di un ministro. E questo fa, la nostra Boccia: mette insieme medici e potere politico. Dite quello che volete. Ma oggi, con la nostra sanità orripilante, con le nostre ingiustizie sociali, quello è il sogno delle sartine: medici e potere politico. L’intergruppo parlamentare nasce da questo terrore, della fame, della morte, della povertà. Combattuta a colpi di convegni, alberghi, viaggi, fotografie di ristoranti, mise alla moda, selfie i cui sorrisi spaccano la faccia e si intravede la paura. Questo si vede dall’Instagram della Boccia: lo spavento di fronte alla vita.
Adesso, la pora Boccia si è fissata a sostenere che lo screenshot in cui si delira di bene oltre il lavoro – certo stiamo parlando di un uomo sposato, non si fa – sia falso. Nelle sue storie adombra il dubbio che vi sia un complottone di Forza Italia contro il suo ministrone-ino. Pensa – maddai – che Roberto D’Agostino combutti con uno screenshot imbarazzante in cui si sostiene che le cariche fiduciarie di un ministrello siano fatti privati (non lo sono, sono pubblici), senza capire, tra una spagnoletta e un ditale, che il problema non è quello, ma è l’interrogazione parlamentare in cui parlamentari sostengono che lei, con la sua biondaggine, con i suoi dentoni, con il suo allucione grossier, con il suo mignolo del piede irto e teso come a farsi strada tra le zolle rurali di una vita agra, non abbia curriculum sufficiente a consigliare il ministrorso sui grandi eventi. E dagli uffici del ministero smentiscono persino che la nomina ci sia stata: quando io, personalmente, sono convinto della buona fede della Maria Rosaria e ci metterei la mano sul fuoco che qualcuno, magari basso e coi piedi a papera, glielo abbia fatto credere. Ma il problema, cara Boccia, cara ragazza spersa in questo mondo ingiusto di potenti, è che, ti assicuro, non c’è gente meno qualificata a nulla dei parlamentari stessi. Siamo in democrazia. Siamo in mano al suffragio universale. Chiunque può diventare parlamentare. Chiunque può diventare potente. Ma forse ancora tu credi che il ministro alla cultura sia, per dire, uno degli uomini più colti della Repubblica, come magari una giornalista crede che il direttore del suo giornale sia uno dei giornalisti più bravi. E allora io ti chiedo, Maria Rosaria, ma tu sei sicura di dovere essere tu a rispondere della situazione? Non pensi che sia bello e rivoluzionario e “elegante” dire: ma sì, ho giochicchiato col nome della Fashion Week Milano di questa minchia, lo ha fatto anche la Lumbejack con la Timberland, lo ha fatto anche il nuovo fidanzato (forse) di Chiara Ferragni vendendo le scarpe con la stella e copiando con faccia tosta somma le Converse, e allora? Cerco di sopravvivere, di stare, come si dice, nel mercato. Ma quando scrivono, Maria Rosaria, che dal ministero disconoscono la tua nomina, ecco, tu, cara, sai cosa dovresti dire? Ma che disconoscere e disconoscere. Sono nata in questo mondo ingiusto. Viaggio, mi spacco il culo, sorrido, mi vesto bene, vado dal parrucchiere, sorrido a medici e parlamentari, e lo faccio perché ho paura, come tutti, della povertà e della morte. Sapete che vi dico – dovresti dire: “Sono io che disconosco il ministro Sangiuliano. Che ha rotto i coglioni con le sue menate storiche e i suoi piedi a papera e il suo sentirsi un cazzo e mezzo. Non solo avete costruito una società in cui bisogna leccare i piedi a Gennaro Sangiuliano, ad Alessandro Giuli, a Pietrangelo Buttafuoco. E adesso, pure, mi sfracassate la minchia? Ma vedete di andarvene affancu*o. Poracci!”. Dillo, Maria Rosaria! E Roberto D’Agostino ti amerà. Dai, compagna!