Gli uomini delle caverne di ieri saranno gli uomini in tenda di oggi. Milano, Roma, Torino, Pavia (Pavia? Sì, Pavia). Degli studenti si sono accampati di fronte alle loro università per denunciare il caro affitti. Ovviamente senza avere soluzioni. Noi siamo andati a sentirli.
“Quando vai dal medico la diagnosi non la fai tu”. Però sapere se hai un mal di pancia o un mal di testa magari aiuta, no? Poi scopri che è un testicolo ritenuto, ma questa è un’altra storia.
A preoccupare sono gli affitti alti, non il perché siano così alti. Noi abbiamo provato a spiegare perché i prezzi alle stelle non siano il vero problema, ma nella Riserva non hanno la Wi-Fi per leggerci probabilmente.
Il problema è semplice. Se vuoi Milano, Milano costa. Altrimenti vai a Lecce. Te la prendi con Sala (come se il merito fosse di un sindaco) perché la città “attraente non sta più attraendo” per via dei costi? C’è un problema generale nella comprensione di quello che sta accadendo, amico hippie.
I prezzi sono alti perché la città è molto attraente. Gli affitti cari sono una dimostrazione di quanto questa città sia attraente. I prezzi, in altre parole, sono un segnale che le cose funzionano, non il contrario.
Mi dispiace confondiate il “diritto all’abitare” con il “diritto all’abitare a Milano, figa”. Se vi si chiede, come abbiamo fatto, perché non spostarvi nei paesi vicini, voi rispondete: “I prezzi sono più bassi, ma non sono economici neanche lì. E poi fare due ore di treno per venire a studiare…”. Quindi casa sotto la facoltà e gratis. Un pezzo di cu…, volevo dire seitan, no?
Alcuni fuori sede intervistati non condividono le vostre tesi (altri, a onor del vero, sì). Noi abbiamo beccato uno che stava protestando ma, guarda caso, la stanza in affitto l’aveva trovata. “Sono stato fortunato”. Un po’ come la prima ragazza che ha iniziato la protesta dopo aver trovato una singola (in cui torna ogni tanto per farsi una doccia). La rivoluzione profumata non è poi così rischiosa.
700 euro al mese per una singola è ovviamente un sacrificio per i genitori. Ma non sono tasse. I genitori scelgono di farli per poter studiare moda a Milano invece che a Catania. Si chiama ordine di preferenza. Evidentemente è meglio spendere di più per Milano che di meno ma per – poniamo – Napoli.
Qualche problema c’è, è chiaro. Molti privati hanno proprietà private sfitte volutamente, così da mantenere alti i prezzi degli affitti. Spesso si ritrovano in tribù corporative come dei tassisti qualunque e sbattono i pugni sui tavoli dei politici, perché vogliono difendere i loro diritti. Diritti che quasi mai si traducono nella libertà reale di competere davvero.
Ma torniamo agli ingegneri, gli storici dell’arte, i filosofi del futuro. Per loro il problema è “generazionale”. Immagino che il senso di appartenenza giochi un ruolo fondamentare per poter avere la sicumera di sparare cazzate. Anche perché non è chiaro come i prezzi alti siano un problema loro e non di un lavoratore di 45 anni o una coppia di immigrati ancora senza occupazione e documenti.
Forse con “generazionale” intendevano dire che è un fenomeno che allontanerà i giovani da Milano. Qui i dati gli fanno la pernacchia. I maggiori atenei meneghini hanno aumentato le immatricolazioni, mentre altri hanno più o meno confermato i buoni numeri degli anni precedenti. Non solo. Il risultato farebbe invidia alle altre città.
Il problema, semmai, è capire perché tutti (ma proprio tutti) vogliano andare a Milano. È l’unica città italiana internazionale, ricca, competitiva, piena di possibilità e sbocchi. È anche una città progressista. Molti la preferiscono a Bologna perché l’ape arcobaleno cruelty-free è meglio dello gnocco fritto inclusivo con lo strutto.
Segno dell’infantilismo politico è l’idea che sia sufficiente lamentarsi perché basta quello, poi Papà Stato avrà la soluzione in tasca. Ma se lo Stato non ricorda neanche dove ha messo i pantaloni. Certo, viene lì ad abbracciarvi e vi telefona. Destra e sinistra: “Si stanno accorgendo del problema, evidentemente”. No, amico mio, si chiama campagna elettorale permanente.
Ed è evidente, tra l’altro che la soluzione non la puoi “chiedere alle istituzioni”. Le istituzioni sono il maggior disincentivo a entrare nel mercato degli affitti. L’unico motivo per cui chiedere allo Stato sarebbe voler restare proprio senza casa.
Poi c’è la rettrice del Polimi, Donatella Sciuto, che dichiara: “Milano è una città per ricchi e anziani”. Ma è così falso che l’indice di vecchiaia di Milano negli ultimi vent’anni è andato via via diminuendo sempre di più.
Insomma, non è un problema generazionale, di prezzi alti, di mercato saturo. È un problema di frottole. Augh.