Maria Antonietta Gregori, sorella di Mirella, non si è mai fermata: “Ora è l’ultima spiaggia, ma non smetterò mai di cercarla”. Ecco cosa ci ha raccontato…
Roma, 7 maggio 1983. Una citofonata, un saluto veloce alla mamma, e Mirella Gregori scompare nel nulla. Quindici anni, la scuola, le amiche, una vita intera davanti. Poi il vuoto. E quarantadue anni dopo, la sua famiglia è ancora lì, a cercarla. A chiedere verità. A non arrendersi. Mai. Una scomparsa la sua che all’inizio fu bollata come un “allontanamento volontario”. Uno dei tanti casi archiviati in fretta. Troppo in fretta. Ma qualcosa, da subito, non tornava. E quel “qualcosa” è diventato una montagna di omissioni, piste ignorate, depistaggi e connessioni mai chiarite, in particolare quella con il caso di Emanuela Orlandi, la quindicenne cittadina vaticana scomparsa poco dopo Mirella, il 22 giugno 1983. Una sovrapposizione che in fin dei conti ha fatto più danni che altro. Motivo? Perché mentre si puntava tutto su Emanuela, si lasciava cadere l’attenzione su Mirella. Come se la sua sparizione fosse un’eco, una nota a margine della storia principale. Oggi, forse, qualcosa si muove davvero. C’è una Commissione parlamentare d’inchiesta che indaga sulle due sparizioni. “L’abbiamo voluta tanto”, ha raccontato a noi di MOW Maria Antonietta, sorella di Mirella. “Per noi è l’ultima spiaggia. Mi auguro che adesso anche la Procura rimetta le mani sul caso di Mirella, dopo due archiviazioni che non ci hanno mai convinto. Non chiediamo miracoli, chiediamo solo che si guardi tutto ciò che per anni è stato lasciato in sospeso”. E le zone d’ombra sono tante.

A partire da un documento del S.I.S.De., i servizi segreti italiani, in cui si fa riferimento a un’intercettazione ambientale avvenuta proprio nel bar che al tempo si trovava sotto casa dei Gregori. Una delle agenti ascolta una conversazione tra Sonia De Vito, migliore amica di Mirella che lavorava nel bar di famiglia, e un’altra ragazza. Le parole di Sonia gelano il sangue: “Noi non lo conoscevamo, lui ci conosceva. Come ha preso Mirella poteva prendere me”. Frasi mai approfondite, e mai riprese nelle indagini ufficiali. Assurdo che una frase del genere, contenuta in un atto dei servizi segreti, non sia mai stata presa sul serio dalla Procura. A chi si riferiva Sonia? Chi è ‘lui’? Perché nessuno ha fatto nulla? Ma non finisce qui. C’è anche un’altra pista mai battuta: quella di Villa Torlonia. “Mirella, secondo quanto mi disse Sonia all’inizio, sarebbe andata lì prima di sparire. E lì, all’epoca, c’erano degli scavi. Nessuno ha mai pensato di andare a controllare, di vedere se c’era qualcosa, se magari il corpo di Mirella fosse stato sotterrato. Parliamo dello stesso giorno della scomparsa, non di dieci anni dopo. Ora magari sopra ci sono strutture, ma le carte ci sono. Bisognerebbe prenderle e tornare indietro nel tempo”. Quarantadue anni sono troppi per chi aspetta, troppi per chi lotta da sola contro un sistema che, finora, ha scelto di voltarsi dall’altra parte. “È una sofferenza che non finisce mai. Ma anche se sono passati tutti questi anni, io non smetterò mai. E finché avrò voce, la userò per chiedere verità. Per mia sorella. L’attesa è sempre la stessa: un cenno, una parola da chi sa e non parla, ma che potrebbe portare luce e verità sulla scomparsa di Mirella. Lo si deve alla famiglia e soprattutto alla dignità di mia sorella”. Una citofonata, poi il nulla. Poi quarantadue anni di silenzio. Ma adesso il silenzio potrebbe cominciare a fare rumore.

