È ancora giallo sulla morte di Marco Pantani. Si è sempre ritenuto che il ciclista morto il 14 febbraio del 2004 all'ultimo piano del Residence le Rose di Rimini fosse deceduto a causa di un’intossicazione acuta da cocaina e psicofarmaci. Eppure, la madre di Marco ha sempre creduto nella sua innocenza, non ha mai smesso di cercare la verità e ha sempre parlato di omicidio: “Ho studiato tutto. Per settimane, sul mio grande tavolo di casa, ho avuto decine di documenti per capire tutto: l’ingiustizia delle accuse e il mistero del suo omicidio”. Ora ecco che arriva una testimonianza inedita sul caso, che sembra non essere ancora chiuso: “Ci diedero disposizioni affinché io e il collega aspettassimo fuori. Prima entrarono altri nella camera dove morì Marco Pantani. La cosa mi parve strana in quanto sulla scena del fatto su cui si indaga, a mio parere, per primi dovrebbero entrare gli operatori della scientifica opportunamente attrezzati con calzari, guanti e tute”. Sono queste le parole di due agenti della polizia scientifica nell’ambito dell’inchiesta per “associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata alle scommesse clandestine e collegata al decesso del ciclista” che LaPresse ha potuto visionare. Ma questo a che scenari apre? E che cosa vuole dire?
Siamo davanti a un’ipotesi di reato per ora senza indagati per le presunte alterazioni dei campioni ematici di Pantani durante i controlli antidoping la mattina del 5 giugno 2004 e finiscono la sera del 14 febbraio 2004 nella stanza del residence di Rimini dove era poi stato ritrovato il corpo del ciclista. Nell’indagine della procura di Trento c’è infatti il sospetto della “manipolazione” ad opera della camorra delle provette con il sangue di Pantani. Per ora sono dieci le persone informate sui fatti che sono state ascoltate in procura per ricostruire le modalità del prelievo e capire perché alla provetta di Pantani non fu assegnato un numero progressivo e anonimo ma il 11440, apposto alla presenza di più persone. LaPresse ha anche visionato i “buchi investigativi” evidenziati dalla commissione parlamentare antimafia come si legge nelle “risultanze relative alla morte dello sportivo Marco Pantani ed eventuali elementi connessi alla criminalità organizzata che ne determinarono la squalifica nel 1999”. Secondo la Commissione antimafia, infatti, “appare non condivisibile la scelta, conseguente alla frettolosa conclusione delle indagini, di non rilevare le impronte digitali nel luogo del rinvenimento del cadavere, del tutto inspiegabile in considerazione della copiosa presenza di sangue, visibile dalle numerose fotografie della polizia scientifica, di cui si sarebbe dovuta verificare l’appartenenza”.